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Yoani Sánchez non esce da Cuba 
Quando la libertà di espressione fa paura…
24 Settembre 2008
 

Doccia fredda per la giovane blogger cubana Yoani Sánchez che da un po’ di tempo mette alla berlina i difetti di una società che non ha più il diritto di chiamarsi comunista. Adesso sono disponibili anche in italiano i racconti di vita quotidiana della filologa avanera che voleva fare la giornalista e si è inventata un ruolo da blogger controcorrente. Basta collegarsi alla rivista telematica Tellusfolio e alla versione italiana di Generación Y (desdecuba.com/generaciony_it) per capire tutto quello che non funziona nella Cuba di Raúl Castro. Il popolo non chiede telefonini ed elettrodomestici (anche perché il cubano medio non se li può permettere), ma libertà, lavoro retribuito dignitosamente, fine del doppio sistema monetario e possibilità di viaggiare senza dover chiedere permessi. Yoani Sánchez è una spina nel fianco della rivoluzione cubana (le lettere maiuscole sono sprecate) e il regime si difende non lasciandola uscire dal Paese. I fratelli Castro temono i racconti veritieri che possono uscire dalla sua bocca e non hanno ancora trovato nessuno in grado di screditarla in campo internazionale. I molti fiancheggiatori del regime presenti anche sul territorio italiano si sono dati un gran da fare per trovare qualche scheletro nell’armadio di Yoani Sánchez, ma non hanno avuto successo. L’accusa ricorrente che giunge dai settori più radicali della sinistra italiana (ma è davvero di sinistra difendere una dittatura?) è quella di aver incassato i quindicimila euro del Premio Ortega y Gasset. Non mi pare un elemento influente per screditare un grande lavoro al servizio della libertà.

Per il mese di ottobre avevamo invitato Yoani Sánchez a parlare in Italia, ma dovremo farne a meno. La rivista Internazionale avrebbe inserito un suo intervento nella manifestazione che si terrà a Ferrara nel primo fine settimana di ottobre. Le Edizioni Il Foglio Letterario l’avrebbero fatta parlare durante il “Pisa Book Festival” (10 - 12 ottobre) e successivamente a Piombino, nel corso dell’iniziativa “Ottobre Piovono Libri”. Tutto annullato. Per la seconda volta in un anno, la blogger ribelle si è vista negare il permesso di uscita, la famigerata carta blanca che Mariela Castro diceva di voler abolire. La misura di trattenere a Cuba i dissidenti pericolosi è più in auge che mai e serve a far tirare il fiato a una dittatura in crisi di carisma da quando Fidel Castro si è ritagliato un ruolo di commentatore politico.

A proposito del lider maximo, segnaliamo che in un intervento sull’uragano Ike, definito l’Hiroshima di Cuba, si è lasciato andare a una disamina dei mali che danneggiano la rivoluzione.

Castro ha criticato i funzionari corrotti che rubano e si arricchiscono sulle spalle del popolo cubano, senza tener conto della morale comunista. L’economia cubana è in ginocchio e i danni materiali sono gravissimi - come racconta Yoani nel suo blog - ma il vecchio comandante afferma che “l’ottima organizzazione di esercito e protezione civile ha permesso di limitare al minimo il numero delle vittime”.

Fidel annuncia una lotta dura e sanzioni esemplari contro chi ruba nelle fabbriche, nei magazzini, nelle rivendite di pezzi di ricambio per automobili, negli hotel, nei ristoranti e nelle altre attività dove circola denaro. Meno male si rende conto che “il furto non è l’unico male che danneggia la rivoluzione”, perché ci sono anche “i privilegi coscienti o tollerati e le invenzioni della burocrazia”. Castro conclude che i mali peggiori stanno nella ricerca del capitalismo, nella tendenza a generalizzare i privilegi e a pagare più del dovuto i funzionari. Cuba non arriverà mai ad applicare la pena di morte contro questi reati, ma farà una lotta dura per vincere una battaglia delle idee che da anni la vede in prima linea.

Fidel Castro si limita a descrivere un fenomeno, ma non indaga sulle cause, non si chiede perché a Cuba dilaga la corruzione e i furti sono generalizzati. Tutti rubano allo Stato perché lo Stato è il primo ladrone che non garantisce niente, se non uno stipendio da fame e una manciata di alimenti razionati. Castro confonde cause ed effetti, come quando faceva la guerra alle ragazzine che si prostituivano, parlando di “nuove generazioni che perdono i valori rivoluzionari”. Il vero problema della rivoluzione cubana è la totale indigenza di una popolazione tenuta sotto la stretta morsa della penuria alimentare. Un popolo affamato si domina meglio, come ha già detto qualcuno, il problema principale di mettere insieme il pranzo con la cena lo distoglie da pretese su libertà e diritti civili.

Yoani Sánchez dà voce alle istanze della società civile, scrive su un blog molto seguito in tutto il mondo, ma per assurdo vietato a Cuba. Tacere su un crimine equivale a commetterlo, diceva José Martí. Yoani non tace su niente e da brava cittadina racconta tutto quello che vede, soprattutto non confonde cause ed effetti. Il regime non la fa uscire dal Paese perché non vuole che racconti al mondo le sofferenze di un popolo stanco. Insisto nel dire che la storia non li assolverà…

 

Gordiano Lupi


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