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Ivis Acosta Ferrer. Intervista a Yoani Sánchez 
Nella esclusiva traduzione di due collaboratori di Tellusfolio
16 Gennaio 2009
 

Questa è Yoani, la donna che con la sua attività di blogger smuove dalle fondamenta il regime cubano e tiene testa al personale della Sicurezza di Stato. Durante una mia recente visita a Cuba ho avuto l’opportunità di conoscerla personalmente e di parlare con lei sui blog, e anche sulla sua vita, un po’ più complicata di qualsiasi altro cubano, grazie alla sua condizione di non conforme. Yoani non può comprare nessun articolo, neppure il più insignificante, sul mercato nero (vero salvavita delle famiglie cubane per l’alimentazione) e non può avere rapporti normali con gli amici, perché sa di possedere quella che lei stessa chiama “radioattività”. Inoltre non può viaggiare all’estero perché il permesso di uscita le è stato negato più di una volta; perciò, deve rassegnarsi al suolo patrio finché i suoi “tutori”, come lei li chiama, non l’avranno liberata dal castigo.

Davanti a questa pressione, Yoani continua a denunciare con ostinazione ciò che succede intorno a lei, criticando un regime che non è famoso per la tolleranza con cui accetta le critiche. Il suo strumento di lotta si chiama blog, una cosa ignota alla maggioranza di suoi conterranei che non hanno libero accesso a Internet, certo più per colpa del blocco interno che per quello imposto dagli Stati Uniti, l’eterno colpevole di tutte le disgrazie.

Ho incontrato Yoani mentre uscivo di un albergo dove sono andata per collegarmi. Visto che a Cuba esistono pochi posti dove uno possa accedere a Internet l’incontro non è stato così casuale. Ci siamo accordati per vederci un altro giorno e così abbiamo fatto. In questa seconda intervista ho potuto verificare che svolge il suo lavoro di blogger con la velocità di un’esperta, facendo piroette per scongiurare gli attacchi informatici sotto forma di virus che entrano nel suo portatile. Ho conosciuto la fatica che comporta postare i testi, che deve inviare per e-mail a una persona che amministra il sito, visto che, come sappiamo, il blog è bloccato su tutto il territorio nazionale.

Yoani mi ha assicurato che riceve per e-mail e legge tutti i commenti che lasciano i lettori, ma non ce la fa a rispondere, sia per la grande quantità dei messaggi che per il costo del collegamento a Internet. Nonostante tutto, secondo quanto mi ha detto, cercherà di dare risposta nei suoi post. Fra questi commenti ci sono molti attacchi lanciati dai nemici dentro e fuori Cuba, accuse che lei non perde tempo a contrastare perché trova senza senso alimentare polemiche sterili. Secondo lei ognuno può pensare ciò che vuole, che sia un’agente della CIA, una stipendiata dal gruppo Prisa, un’agente della Sicurezza di Stato o una prestanome che firma testi scritti dal marito, giornalista professionista. Tutto questo è inevitabile, anche se a volte questi attacchi l’addolorano e la mettono di cattivo umore, soprattutto quando non provengono di nemici naturali, ma da blogger come lei. Essi, e non altri, sono quelli che più la fanno star male, ma ormai è abituata, poco a poco la sua pelle si è irrobustita, così come è più disinvolta davanti alle telecamere e accetta con naturalezza uno status differenziato. Adesso scherza persino sul fatto che viene seguita ovunque da uomini della Sicurezza di Stato.

«Se è vero che mi seguono, li devo far camminare per tutta L’Avana, così fanno esercizi», dice scherzando mentre sorbiamo un caffè nella pasticceria francese accanto al cinema “Trianón”.

«C’è chi dice che il mio stile somiglia a quello di mio marito. Come potrebbe non essere così, visto che sono già quindici anni che siamo sposati?», continua a scherzare.

Yoani è una persona amorevole, seria ma al tempo stesso naturale, forte ma dai modi dolci, come una buona cubana.

Chiedo se le persone la riconoscono quando passa per strada, lei mi risponde che la salutano sempre di più, la interpellano, e per questo - scherza - ha comprato un paio di occhiali scuri, molto grandi, per passare inosservata, pure se non sempre le riesce.

Domando se le piacerebbe dedicarsi alla politica. Lei si fa il segno della croce e dice con sicurezza: «Nemmeno per idea! Non ho il carattere giusto per la politica e non per niente ho studiato filologia».

«E allora, cosa ti piacerebbe fare in futuro?», chiedo.

Mi risponde che non le dispiacerebbe dirigere un giornale che praticasse un giornalismo indipendente e veritiero, all’interno di Cuba. Se ci fosse la possibilità vorrebbe creare un’accademia di giornalismo che offra borse di studio agli alunni che non possono pagarsi gli studi. A mio parere, con lo stesso entusiasmo che dedica ai blog, ci riuscirà.

Una delle cose che ha provocato più sospetti tra i suoi detrattori – coloro che le hanno messo il cartellino di membro della Sicurezza di Stato – è il fatto che abbia vissuto in Svizzera per due anni e dopo sia tornata a vivere sull’isola. Lei risponde decisa: «Sono tornata perché era difficile far espatriare la mia famiglia e soprattutto mio marito Reynaldo, un uomo molto radicato nella sua terra, molto cubano».

Come molti sanno, Yoani ha distrutto il suo passaporto dopo il viaggio di ritorno ed è rimasta a vivere di nuovo a Cuba, un atto abbastanza insolito per qualsiasi cubano, ma non per questa ragazza che conosce e gode della sua cultura come pochi.

«Conosco meglio la cultura cubana di molti dirigenti di questo paese» mi spiega. «La conosco perché l’ho studiata e perché amo la mia cultura, mi piace essere cubana, uscire in strada e ascoltare i commenti della gente, persone che ti salutano, che ti inquietano, una cosa che non esiste più in nessun luogo al mondo».

Nel periodo che ha vissuto in Svizzera si è impiegata in una libreria latinoamericana e ha familiarizzato con Internet. Ha conosciuto l’esistenza dei blog e quando è tornata a Cuba aveva già maturato l’idea di utilizzare il prezioso strumento.

Yoani parla con sicurezza. Ha occhi intelligenti che osservano tutto e prendono nota dei dettagli. Non per niente è scrittrice. La mattina prosegue placidamente in una conversazione che si fa leggera, fraterna. Il tempo scorre rapidamente. Mi chiede notizie sull’evento dei blogger, le rispondo che siamo un po’ fermi, ma di sicuro riprenderemo, che lo abbiamo trascurato perché avevamo tempo, ma adesso ci daremo da fare. Yoani conferma l’importanza del progetto. «Anche noi dobbiamo fare il nostro convegno, pure virtualmente, anche se la polizia ha convocato me e Reynaldo per proibirci di svolgere qualsiasi riunione», dice.

Come sono coraggiosi!, penso. Sfidano la polizia. Non è uno scherzo e ogni volta è sempre più difficile. Hanno approfittato dell’occasione per lanciare un nuovo dominio: “Un’isola virtuale”, che è il nome del concorso rivolto a tutti blogger cubani residenti all’estero. Visto che non possono riunirsi di persona, lo fanno virtualmente con l’Itinerario Blogger.

Approfitto per consegnare a Yoani alcuni manuali su Internet, ma credo che siano troppo elementari per il livello dei blogger cubani, almeno per coloro che fanno capo a Generación Y.

Yoani mi spiega che hanno una bibliografia sterminata sul tema blog e che è divenuta di dominio pubblico. Adesso lei sta lavorando alla traduzione in spagnolo del Manuale per blogger e ciberdissidenti, pubblicata da Reporter senza frontiere, scaricabile su Internet in formato pdf, ma soltanto in inglese e in francese. Resto sorpresa davanti alla dimestichezza che Yoani manifesta nei confronti di certi strumenti e informazioni, ma sono a Cuba, paese dove tutto è possibile, nonostante il sottosviluppo. La maggior parte dei blogger cubani che vive all’estero non ha grande preparazione teorica, ma le ore trascorse su Internet colmano le lacune. I blogger che vivono sull’isola spendono più tempo per apprendere la teoria, in attesa del giorno felice in cui avremo Internet libero a Cuba, a un prezzo ragionevole.

Sono già trascorse due ore quando mi ricordo di avere un altro appuntamento. Il tempo è volato e sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla semplicità e dal carisma di Yoani. Ci salutiamo, ma mentre me ne vado ho la strana sensazione di essere sorvegliata.

Che sciocchezza. Mica parlavamo di mettere bombe…, penso.

Sorrido dei miei dubbi, ma in fondo in fondo resto con la paranoia che qualcuno si sia messo sui miei passi.

 

Ivis Acosta Ferrer

Traduzione e riduzione di Leonardo Mesa e Gordiano Lupi

(da Memorias de una cubanita, blog di Ivis Acosta Ferrer, 12 gennaio 2009)


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