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Generación Y. Ragioni civiche 2 
Dibattito a casa Escobar–Sánchez sul VI Congresso del Partito Comunista Cubano
06 Aprile 2011
 

Il blog di Yoani Sánchez ospita la seconda puntata del programma - dibattito “Ragioni civiche”, condotto da Reinaldo Escobar (marito di Yoani Sánchez e titolare del blog Desde Aquí), che vede tra i partecipanti i blogger Miriam Celaya (Sin Evasion) e Dimas Castellanos (El Blog de Dimas), oltre agli economisti indipendenti Karina Gálvez e Oscar Espinoza Chepe.

Il tema della trasmissione - della durata di circa trenta minuti - è il Sesto Congresso del Partito Comunista Cubano.

Reinaldo Escobar introduce l’argomento del dibattito chiedendo agli ospiti se il congresso può rappresentare una vera speranza di cambiamento. Miriam Celaya risponde: «Sono tredici anni che non si celebra un Congresso del Partito Comunista, vero organismo dirigente del paese, forse perché chi è stato al potere non ne ha mai sentito la necessità. Il problema grave è che un evento così importante non dovrebbe limitarsi a parlare di economia». Dimas Castellanos afferma che in ogni caso i cittadini cubani stanno seguendo molto i lavori preparatori del Congresso, molto di più che in passato, perché adesso esiste una partecipazione diffusa agli eventi politico-economici, anche grazie a Internet. «Noi stessi abbiamo un blog e partecipiamo, per dare suggerimenti, criticare, indicare nuove soluzioni e cose che possono essere modificate», conclude. Myriam Celaia ricorda che esiste un sito come Pedimos la palabra (Chiediamo la parola), molto importante per aprire il dibattito sui temi del Congresso e su ogni argomento importante per la società civile cubana.

Reinaldo pone una domanda scomoda, ma in definitiva è quella che si fanno tutti: «Sarà un Congresso politico o una tavola rotonda economica?». L’economista Karina Gálvez afferma: «Il Congresso per essere davvero incisivo dovrebbe spingere verso un cambiamento radicale. Il sistema centralizzato non va bene per uno Stato moderno, così come sarebbe importante che venisse concessa libertà di iniziativa economica a tutti». Karina Gálvez chiede libertà di investimento estero e interno, ma anche un sistema di finanziamento e di credito diffuso, senza il quale l’economia non può svilupparsi. «Il sistema tributario deve essere moderno, non deve asfissiare il contribuente, ma deve servire a ridistribuire la ricchezza prodotta», conclude.

Oscar Espinoza Chepe non è in studio (in realtà è soltanto la sala della casa di Yoani), ma durante un contributo registrato afferma: «A Cuba deve nascere una nuova mentalità economica, perché la situazione è complessa. Il Congresso dovrebbe dare vita a un vero cambiamento, ma i cubani devono fare il resto e chiedere un cambiamento ulteriore, una partecipazione attiva della popolazione allo sviluppo economico. Il futuro di Cuba passa attraverso un pieno sviluppo agricolo, un minor numero di tasse e di imposte, una vera libertà di contrattazione del lavoro, più posti di lavoro privati e la nascita di una rete di piccole e medie imprese. Le terre coltivabili dovranno essere concesse in usufrutto e i contadini dovranno essere liberi di vendere a terzi, senza passare per il monopolio di Stato. Cuba dovrà aprirsi agli aiuti creditizi della comunità internazionale e anche dei cubani che vivono all’estero. Siamo tutti cubani e il paese è in crisi. Non esistono alternative, come ha capito bene la Chiesa Cattolica cubana».

Reinaldo Escobar, Miriam Celaya e Dimas Castellanos insistono sul fatto che non dovrà più esistere il monopolio economico statale, così come è importante che la proprietà privata non si concentri in poche mani. Non deve essere incoraggiato un sistema economico nel quale la ricchezza di pochi contrasti con la povertà di molti. La sola strada praticabile è lo sviluppo della piccola e media impresa, grazie a un efficace sistema creditizio e a un equo sistema tributario.

«A Cuba non servono grandi imprese monopolistiche, ma piccoli e medi imprenditori che possano contribuire a diffondere la ricchezza. Vorrei che Cuba fosse un paese normale, libero in ogni senso», afferma Dimas Castellanos.

Reinaldo Escobar torna ai temi politici che sembrano esclusi dal Congresso e insiste sul fatto che non è possibile cambiare l’economia se prima non si trasforma la società. Miriam Celaya aggiunge: «Le nuove misure economiche dovranno essere ampie e le cose dovranno essere chiamate con il loro nome. Se esiste la proprietà privata va detto e va regolamentata. Servono i mercati all’ingrosso, ma anche un sistema tributario degno di questo nome e manovre precise per attrarre i capitali degli investitori». Reinaldo Escobar ricorda i precedenti congressi, tutti eminentemente politici e dotati di un programma, mentre il nuovo congresso non si esprime in tal senso. Dimas afferma: «Nei vecchi congressi si cercava di costruire uno Stato socialista, adesso si cerca di cambiare soltanto per mantenere il vecchio sistema. Non è possibile. Si tratta di una contraddizione in termini. Quel che serve è un vero cambiamento». Miriam Celaya ricorda che il governo non ha adempiuto alle promesse fatte ai tempi del Programma del Moncada e che ha abolito una costituzione democratica. Reinaldo aggiunge: «Il governo parla di aperture economiche, ma nessuno sa in quale direzione andranno. Per esempio non sappiamo se verrà eliminato il dualismo monetario e se ci sarà piena libertà economica».

Karina Gálvez afferma: «In un sistema totalitario ogni più piccolo cambiamento è importante. Non mi aspetto cambiamenti epocali dal Congresso, ma è importante che ci siano e che noi cubani ci facciamo portatori di esigenze per ulteriori modificazioni sociali».

Oscar Espinoza Chepe: «Il Congresso non sarà certo la soluzione ai problemi del paese, perché non è possibile separare lo sviluppo economico dal resto dei problemi insoluti. Vedo che purtroppo si continuano a sostenere dogmi e idee sorpassate. Il pregiudizio contro la proprietà privata non accenna a cadere e il mercato viene ancora demonizzato». Miriam Celaya: «I problemi di Cuba sono molto più radicali. Si chiamano libertà di espressione, eliminazione del dualismo monetario, possibilità di libere associazioni, libertà di movimento…». Reinaldo Escobar conclude con parole di ottimismo: «Saranno i cittadini cubani a trovare la soluzione finale. Non vogliamo una soluzione cinese, ma una soluzione cubana. Ho fiducia nell’inventiva del popolo cubano e nella sua capacità di chiedere e pretendere un cambiamento concreto».

Queste sono le ragioni civiche, in pieno contrasto con le propaganda televisive che diffonde disinformazione. I blogger e i giornalisti indipendenti cubani non vogliono distruggere il loro paese, ma vogliono contribuire a migliorarlo.

 

Gordiano Lupi

(dal blog Generación Y – versione italiana, La stampa.it, 5 aprile 2011)

 

 

 


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