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Commento di Gaetano Barbella aggiunto il 19.05.2007 CINQUECENTO DIECE E CINQUE, ELEMENTARY, MY DEAR WATSON! - Uno dei primi libri, che ho letto per passatempo quand’ero appena un ragazzetto, è stato quello dei «Racconti» di E. Allan Poe. Ricordo che mi attrasse considerevolmente, e così altri dello stesso genere, per non parlare della serie dei romanzi polizieschi di A. Conan Doyle in cui primeggia l’investigatore privato Sherlock Holmes. Oggi non mi attira, più di quel tanto, questo genere di lettura, ma debbo convenire che il mio spirito deve essersi conformato alle vecchie letture suddette perché sono continuamente portato ad analisi introspettive, a volte, molto fuori del consueto di fatti e cose, che normalmente sfuggono ad altri. Ora sono spinto a curiosare, al solito modo di presunto investigare alla Sherlock Holmes, osando profanare un ambito sempre stimato con gran riguardo, quasi religioso, nientemeno che la Divina Commedia di Dante Alighieri. Un delitto in convento? Nulla di tanto grave, ma c’è qualcosa, che non mi convince a lume di naso. Tutto si impernia sulla decifrazione dell'enigma legato al famoso DVX, termine introdotto dai commentatori della Divina Commedia, in relazione a «cinquecento diece e cinque» di cui al verso 43 dell'ultima cantica del Purgatorio. Da qui l’intravisione di un messaggio che “avrebbe” fatto lambiccare il cervello di tanti dantisti accreditati a tutt’oggi, ma che ai miei occhi si svela, guarda caso, con molta semplicità. Come mai? Ma vengo ai fatti, accertati su quel fantomatico DVX dantesco, sulla scia della vecchia lettura della serie dei racconti di Poe, «Lo scarabeo d’oro». Sembra legarli un denominatore comune, una serie di strani numeri che mi dispongono ad indagare, così come fu per Legrand del racconto in questione, magnetizzato dal crittogramma del pirata Kidd. Dunque, venendo all’emblematico suddetto enigma del DVX in numeri, ancora chiaramente da svelare, Dante può aver voluto far capire, innanzitutto, che è la «Sfinge» il “guardiano della porta” che permette di accedere al segreto relativo. Insomma, la cosa sembra costituire una questione di “numeri” da dover superare. Perciò ragionando, allo stesso modo fatto per il crittogramma di Kidd menzionato, prima d’altro ho considerato la Divina Commedia come un insieme di versi senza fare alcuna distinzione di raggruppamenti di cantiche, tanto meno di luoghi d’espiazione o di piacere, lasciando, però, invariato l'ordine iniziale. Prima lezione - ho pensato - si è tutti uguali davanti a Dio, compreso il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno! Ciò premesso si prosegue in questo modo: Primo: «cinquecento» starebbe per il 500° verso che corrisponde al seguente verso 86 del IV canto dell'Inferno: «Mira colui con quella spada in mano»; secondo: «cinquecento diece» starebbe per il 510° verso che corrisponde al seguente verso 96 dello stesso canto precedente: «che sovra li altri com'aquila vola»; terzo, infine: «cinquecento diece e cinque» starebbe per il 5105° verso che corrisponde al seguente verso 116 del III canto del Purgatorio: «de l’onor di Cicilia e d’Aragona». A questo punto tirando le somme, se questo è il messaggio “veltrico” che Dante ha voluto, veramente, rilasciare cripticamente ai posteri, certo, resta ancora velato. Tuttavia, ho immaginato che «il messo di Dio», non abbia una comune «spada in mano», così come è stata sempre intesa quale strumento di morte. Può essere invece una prodigiosa leva come quella della ragione, per esempio, giacché si vuole un Dante squisitamente «geometra». Il passo è breve per individuare chi la brandeggia, uno di statura ciclopica, proprio in stretta relazione alla parola «Cicilia» riconosciuta come Sicilia, il siracusano Archimede famoso per il suo motto: «Datemi una leva e smoverò la terra». In questa chiave, risulta chiara l’allusione alla «mente» (Par. XXXIII, 139), la cui leva argomentata, la ragione, è disponibile a tutti gli uomini senza distinzioni, in chi più in altri meno. A questo punto sembra naturale e sacrosanto, allora, lo scopo dell’uomo nell'accingersi a concepire «l'onor di Cicilia» in modo da predisporre questa “casa”, tanto allusiva (oggi) al discusso Sud da rimettere in piedi, ossia l’umano intelletto, perché vi possa entrare la giusta Sapienza che è: «La gloria di colui che tutto move / per l’universo penetra, e risplende / in una parte più o meno altrove» (Par. I, 1-3). Ma ora mi domando, alla luce della supposta leva di Archimede della ragione umana, il nostro Dante Alighieri a quale Sapienza mirava? Se è quella, sfiorata nell’Apocalisse giovannea, legata ai «numeri» della «bestia», ma a patto di sobbarcarsi il peso dei guai causati dalla «grande prostituta» (il solito Sud) grazie ad una «mente che abbia saggezza» (Ap 17,9), tutto torna per la buona pace del cristianesimo. Tuttavia si profila anche quell’infero Ulisse, in Dante, che afferma, quasi con arroganza, «Fatti non fummo per viver come bruti / ma per seguir virtude e canoscenza» grazie ad una vantata «navicella del mio ingegno» a veleggiare con strane «vele di mar» mai viste prima. Non si può negare che col DVX, svelato a questo modo, appare prepotente, come d’incanto, un magnifico, se pur discutibile, irredentista d’altri tempi, simile ad un apocalittico «drago rosso» a menar vincente la sua «coda». Però, non si possono nemmeno trascurare le dicerie, sul conto del nostro sommo Poeta e di altri “amici” suoi conterranei, in merito a certe simpatie templaristiche allora molto diffuse. Per tagliar corto, mettendo da parte simili cose, io credo che la sapienza unita alla saggezza, come si sa, hanno fatto sempre l’uomo molto ricco. Si capisce che è una metafora ed allora prendiamolo in questo senso «Lo scarabeo d’oro», il suddetto racconto di E. A. Poe, e perché no, anche il «DVX» dantesco di un altro genere di racconti, entrambi fra tanti altri simili a loro per emblematici, attirati da «scarabei d'oro», o dal genere di “donne” come quella dell’Apocalisse «adorna d’oro, di pietre preziose e di perle». Poe sapeva che il “tesoro” di Kidd il pirata era frutto di rapine ed ammazzamenti e per cautelarsi si servì dello «scarabeo d’oro» che gli antichi egizi disponevano sacralmente nel cuore dei defunti perché non fossero molestati dai demoni durante il viaggio d’oltretomba. Ma come per Poe e l’amabile e singolare Conan Doyle, non si finisce mai di raccontare e si ricomincia sempre da capo (Conan Doyle, che aveva deciso di farla finita con le sue fantasticherie investigative, fu addirittura costretto dalla “pubblica opinione” a scrivere altri tredici racconti con un altro genere di storie incredibili). Per esempio, come quella di «Shéherazade», la prima di una raccolta di novelle, dell'Egitto del X secolo, «Mille ed una notte», che fu anche tradotta in musica nel 1888 in una suite sinfonica da N. Rimskij Korsakov. Però qui c’è di più, perché la bella e saggia Shéherazade, non solo, si dimostrò abile nel raccontare attrattive ed amabili storie per tenere a bada la “bestia” del suo sovrano preso da insanabili pazzie, ma per profondo amore, ella pur sapendo di rischiare la sua vita, si dispose coraggiosamente in questo modo convinta di farlo rinsavire. Come si sa tutto finì nel migliore dei modi. Che incredibili concezioni di poteri “galeotti” di racconti celebri capaci di vita o di morte, che infine dipendono dal tremor di labbra amorevoli, a volte capaci di parole miracolose! E di «quell'amor che move il sole e l’altre stelle»? E' chiaro che si tratta dell’amore per la Scienza. Oggi si leva la voce di una “Beatrice” della Scienza, in Rita Levi Montalcini, che incita ad avere «...il coraggio di conoscere» perché la Scienza non ha colonne d’Ercole, pur con i limiti di «innati valori etici» [1]. E come se non bastasse un’altra “Beatrice”, Margherita Hack, svincolandosi anch’essa dal mondo spirituale, esorta l’uomo di scienza a rimboccarsi le maniche perché «La sopravvivenza della Terra è legata al risplendere del Sole. Ma il Sole splenderà per sempre?» [2]. Da parte mia, per concludere, questo è il mio modesto pensiero. L’uomo di scienza, non ha colonne d’Ercole, ammettiamolo, e potrebbe portare anche il bene, ma se fosse pervaso da un amore simile a quello di Shéherazade sarebbe lui l’Ercole, il demiurgo da battere di nuova generazione benedetta da Dio, l’Uomo che forse sognava lo stesso Dante Alighieri e che a ragione di ciò era sempre «malinconico e pensoso». Note - [1] Intervista rilasciata al Giornale di Brescia di agosto 2004. [2] Intervista rilasciata al Giornale di Brescia di giugno 2002. Gaetano Barbella
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Commento di Claudio Nardi aggiunto il 18.05.2007 Mi va di complimentarmi a nome di tutti i comunisti. Di comunisti ce ne sono, sono i lavoratori che non è ben chiaro dove e cosa siano. Vedremo. Comunque sulla terribile, temo vera premessa che nei manuali Marx è stato ridotto, così da passare davvero agli studenti come il teorico di quattro sciagurati piromani (w Marx.. pazzesco!), questo lavoro che prova un minimo a sopperire a certe ingiuste lacune, lo trovo onorevole. Attendo la seconda parte. Articolo di riferimento :
Commento di Stefano Lorefice aggiunto il 17.05.2007 mi piace
ottima segnalazione Articolo di riferimento :
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] Commento di Enea Sansi aggiunto il 16.05.2007 Non sarebbe male, Gordiano! Anche perché ce n'è davvero una grande necessità, con tutti i fronti che sono aperti.
E, certo, non sai che piacere mi farebbe avere un compagno della tua "stazza".
(Fammi/facci sapere...) Articolo di riferimento :
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] Commento di Gordiano Lupi aggiunto il 16.05.2007 1) Mi domando cosa c'entra questo articolo sulla situzione italiana in una rubrica dove si parla di Cuba. Se no qui si fa come Minà che quando gli domandano di Cuba parla del Nicaragua per dire che si sta peggio...
2) A El Viajero dico che non ho mai visto cubani morire di fame perchè sono ingegnosi e hanno mille risorse, poi hanno un grande spirito di adattamento, campano con poco e a Cuba si trova da mangiare anche senza comprarlo... certo ci dobbiamo adattare a verdure, frutta, pesce...
Sì, ai cubani piace poco il pesce, come piaceva poco a noi quando non avevamo carne (anni cinquanta...), ma in mancanza di meglio pescano e si cibano di quello...
Gordiano Articolo di riferimento :
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] Commento di Gordiano Lupi aggiunto il 16.05.2007 Credo che mi dovrei iscrivere al partito radicale trasnazionale!
Gordiano Articolo di riferimento :
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] Commento di Giovanna Nigris aggiunto il 16.05.2007 LA LEGGE ITALIANA, L’INGIUSTIZIA E IL CRIMINE ORGANIZZATO
di Giacomo Montana
Quello che abbiamo di fronte nella vita quotidiana, senza alcun dubbio, è anche una panoramica di disuguaglianza e iniquità: una falla anche dei nostri sistemi educativi che oggi rende qualsiasi barbarie moralmente tollerabile. Si riscontra una vergognosa disuguaglianza, a cominciare dal fatto che le comunità e i gruppi sociali meno organizzati, sono di conseguenza più esposti a ricevere abusi e ignominie di ogni tipo. Queste barbarie partono soprattutto dal consenso o silenzio assenso di chi esercita male un potere istituzionale e permette che dei semplici cittadini divengano dei soggetti emarginati e sempre più impoveriti, sino a continuare a riportare i più alti indici di danni alla persona: danni economici, biologici, morali, esistenziali.
I cittadini, per esempio con disabilità procurate da terzi nei posti di lavoro, parecchie volte continuano a non avere possibilità di risarcimento dei danni. Oltretutto in determinati casi, non viene considerato, sia che devono subire le numerose barriere architettoniche, sia che non possono contare sulle risorse di giustizia adeguate, né su un sufficiente personale idoneo per assistere alle loro nuove necessità specifiche.
Tutto questo continua a verificarsi pacificamente, senza vedere destabilizzare le ingiustizie, malgrado sia ben noto che l’educazione democratica e libertaria è una condizione indispensabile per costruire una società basata sulla solidarietà, sull’imparzialità, sull’eguaglianza e sulla giustizia sociale.
Più che seguire la stasi dell’agonia della politica, a questo punto, sarebbe più opportuno che in Italia si tenesse più conto del crescere delle ingiustizie sempre più eclatanti e spesso anche criminali; poiché nelle vicende umane in genere e nella società umana più in particolare, ogni morte violenta causata dall’uomo, soprattutto per la sua insipienza e arroganza, richiama l’indispensabile e urgente necessità di fare puntare su tali problematiche, tutti i possibili riflettori visivi e morali.
Quegli stessi riflettori che permettono di fare apportare ricchezza alla società: ricchezza economica, sociale e culturale. Ciò che di losco viene reso invisibile e quindi non noto, persino facendo fare ricorso al silenzio stampa e che oggi causa sofferenza, distruzione, dolore e morte alle vittime, potrebbe presto trasformarsi nel sociale in autonomia e libertà leale e trasparente.
Questo fattivo cambiamento può regolare una sfera pubblica, offrendo la possibilità di trovare una società migliore che fa davvero avanzare il progresso, in quanto articolata e meno soggetta allo strapotere statale ed economico. Oggigiorno in diverse occasioni abbiamo persino una forte elusione delle stesse norme giuridiche con cui paradossalmente lo Stato, mediante la minaccia di una sanzione (pena), vieta a tutti i cittadini indistintamente determinati comportamenti (reati), classificati ed invocati contrari ai fini che esso persegue.
Constatiamo così che la storia è un vero e proprio campo di battaglia, laddove c’è poco di veramente applicato di quanto lo Stato vieta ai cittadini. Per esempio, quando una vittima è stata costretta a subire uno o più reati penali e danni biologici e poi nonostante abbia denunziato nei termini di legge i fatti illeciti alle autorità del Paese, non vede mai celebrare il relativo processo in tribunale.
Difatti essa constata solo continui rinvii delle relative udienze, sino a vedere il raggiungimento della prescrizione degli stessi reati di lesioni colpose, oltre ai danni alla persona, la vittima riceve una enorme beffa dallo Stato, tanto che nella fattispecie, penso proprio che se ognuna di queste vittima potesse con un miracolo fare provare a qualcuno di noi anche solo per cinque minuti, l’enorme peso dello sconcerto, dell’amarezza, dell’umiliazione, della devastazione e del dolore che va ad aggiungersi a tutto quello che ha già subito dai carnefici, sarebbe terrificante per chiunque e dallo shock lascerebbe senza fiato.
Tenendo conto di tutto questo, si deve anche riconoscere che nella società non c’è nulla di inevitabile, ma molto dipende dai ragionamenti e dalla prevenzione posta in essere da noi stessi cittadini. Per sapere come organizzarci, dobbiamo conoscere in termini di obiettività i necessari concetti che illuminano parecchie verità sostanziali che vengono mantenute segrete col silenzio stampa dai governi che si succedono. Da qui potremmo avere poi la possibilità di contrapporre strumenti adeguati che possano frenare il crimine e i rispettivi criminali impuniti, lasciati oggi agire a ruota libera con una lunga cordata di protezioni politiche cosiddette “amiche”.
Ora, si potrebbe dire, quale è oggi lo stato di salute globale dell’educazione (strumento di pace) e della giustizia del Paese? Dove pensate che sia il tallone di Achille della sporca e marcia politica che a turno dobbiamo subire? Come se ne può uscire fuori da questa palude di illegalità sotterranee per vedere così finalmente realizzarsi per l’Italia un vero progresso?
Le problematiche più scottanti, nelle politiche sociali, educative e di giustizia, laddove tra i criminali si vedono coinvolti anche personaggi autorevoli del Paese, continuano ad essere dimenticate. Non si vede neppure l’ombra di una concreta applicazione della volontà di approfondire la conoscenza dei problemi acuti di infrastruttura. Se le politiche pubbliche, a cominciare da quelle educative, non risolvono in fretta questo caos, credo che neanche i miracoli e le migliori strategie di impiego futuro, potranno evitare un fallimento di ordine pubblico, che si sta accumulando nel tempo e che già oggi ha raggiunto proporzioni incalcolabili.
Ora ci troviamo di fronte ad una subdola arroganza politica che, unitamente al silenzio stampa e all’immobilismo dei governi, frantumano di nascosto i diritti umani e le aspettative di parecchi cittadini lavoratori, che vengono raggirati sino al punto che, talvolta, devono pagare persino con la vita sui posti di lavoro. Ci troviamo di fronte al pericolo più grande e serio che mai avessimo potuto immaginare: il crimine occulto organizzato e i conseguenti reati, lasciati costantemente impuniti.
A chi può fare comodo tutto questo caos, tanto da non fare intervenire fattivamente nessuno con misure urgenti in soccorso delle vittime, se non proprio a coloro che in mezzo a tanto “macello” prodotto nella società, sfruttano cariche politiche e si procurano un continuo illecito arricchimento usando ogni volta programmi elettorali rassicuranti per ingannare gli elettori?
Per esempio di illegalità persino contro donna ridotta ammalata e disabile vedi: http://sisu.leonardo.it
http://agimurad.splinder.com
e http://www.mobbing-sisu.com Articolo di riferimento :
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] Commento di Ivana Cenci aggiunto il 16.05.2007 Apprezzo molto questo articolo, capace di parlare con sì profondo rispetto di un'esperienza altrui nella quale, per uno o per molti aspetti ciascuno può riconoscersi e rispecchiare parti della propria. Mi piace poter aggiungere alla attenta e pertinente lettura di Di Scalzo, l'ipotesi che la scelta del suicidio, oltre che per conservare intatto in sé un sogno che si teme gli altri stiano per tradire, possa essere letta anche come tentativo estremo di lasciare spazio e vita, anche sacrificando la propria, ad un ideale, nella speranza che, rimanendo intatto, possa incontrare altri fautori capaci di dargli ulteriore apporto e sostegno, quando si avverte un senso di fragilità e subentra il timore che la propria singola persona e testimonianza, da sole, non possano bastare a farlo durare nel tempo. Come inseguire, rinunciando alla propria vita, il desiderio di salvare qualcosa di sé cui si attribuisce maggior valore della vita stessa: sostanzialmente un desiderio di immortalità.
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] Commento di Alivento aggiunto il 15.05.2007 Un testo affascinante che trasmette senso di apertura, positività, liberazione e luce.
Oserei dire quasi new age, ma il legare l'arte e all'amore passando per lo spirito, i colori, il pensiero ne fa un testo che salta le mode e vola alto.
Complimenti Articolo di riferimento :
Commento di El Viajero aggiunto il 15.05.2007 Ho da obbiettare sul fatto che a Cuba non si muore di fame. Mia moglie cubana ha dovuto prendere l'aereo per andare a soccorrere i suoi vecchi (non quelli naturali...) abbandonati-ignorati dai figli naturali e dai vicini, ridotti ormai a due scheletri. Non potevano andare neanche in ospedale perchè nessuno gli avrebbe portato da mangiare. E già, neanche in ospedale ti danno da mangiare.
Ho visto più di una volta vecchi morire nel proprio letto.
Tutti chiedono soldi per farti un favore, anche per ricevere telefonate o accompagnare un ultraottantenne a ritirare denaro ad uno sportello automatico.
Ecco come fanno a tirare avanti.
Gordiano aiutami anche tu a capire una cosa: perchè i cubani non mangiano pesce? Sbaglio o Cuba è un isola? Articolo di riferimento :
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