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Aborto/sepoltura. Il Consiglio regionale della Lombardia cerca disperatamente di scardinare la legge 194 e i diritti delle donne
31 Gennaio 2007
 

Il regolamento approvato ieri dal Consiglio regionale della Lombardia, che prevede la sepoltura obbligatoria anche dei feti sotto le 20 settimane, è una misera imitazione dei fondamentalisti cristiani pro-life che operano negli Stati Uniti – spesso con metodi anche violenti. Dinnanzi all'impossibilità di abrogare la Legge 194, i fondamentalisti nostrani continuano nel progetto di intimidazione ed erosione dei diritti delle donne. Lo hanno fatto –e continuano a farlo– impedendo l'introduzione in Italia dell'aborto farmacologico (Ru486), metodo ultrasperimentato da oltre venti anni e impiegato in tutta Europa. Hanno provato a trasformare i consultori previsti dalla normativa sull'interruzione di gravidanza in veri e propri confessionali, farcendoli di attivisti cattolici. Per non parlare delle intimidazioni nei confronti di quelle donne che si recano in ospedale ad abortire, che vengono accolte al grido "assassine" o "infanticide" da gruppi di attivisti e suore. Ora, dopo aver interrotto la propria gravidanza –anche spontaneamente come avviene spesso nelle prime settimane– le donne devono pure sentirsi chiedere dai sanitari: "Lo seppellisci tu o lo seppelliamo noi?".

Questo è l'ennesimo e disperato tentativo di dare al feto lo status di persona, come risulta chiaro dalle parole del governatore Roberto Formigoni (foto): «Per la prima volta in Italia si riconosce al feto il rispetto che merita». Prima di questo odioso regolamento nessuno impediva la sepoltura, e men che meno il rito funebre, per i feti sotto le 20 settimane. Ora tutto questo sarà obbligatorio in Lombardia, a carico delle strutture pubbliche, anche contro la volontà della donna, spesso già traumatizzata dall'esperienza.

Oltre che offensivo, mi sorgono dubbi anche sulla legittimità di questo provvedimento. Fino a prova contraria, il feto sotto le 20 settimane non ha capacità giuridica, ma è un prodotto che appartiene al corpo della donna, come gli ovociti o lo sperma per un uomo. Davvero è ammissibile dalla legge disporre, senza il consenso della persona, di una parte del suo corpo? Non mi sembra che quando si amputa un arto, per esempio, la struttura sanitaria faccia di questo ciò che vuole. Inoltre, mi chiedo se la Regione Lombardia non abbia aperto con questa legge un conflitto con lo Stato, ad esempio in materia di regolamento della polizia mortuaria. Mi auguro che le autorità competenti, dal Governo alla magistratura, vogliano valutare in profondità la legittimità di questa norma.

 

Donatella Poretti


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