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Commento di ucciapaone aggiunto il 23.10.2006 Dalle parole di Napolitano emerge netta l'idea di una scuola che lei definisce giustamente"ideale". L'integrazione presuppone l'accettazione, come due elementi chimici che permettano la composizione di qualcosa. Accettazione vuol dire quindi compatibilità tra due esseri umani che si respittino nelle relative posizioni a prescindere da caratteri somatici e paralleli geografici. La scuola è il bersaglio di ogni responsabilità mancata...e secondo Napolitano è la scuola lo strumento dell'integrazione coi nuovi immigrati di razza e civiltà diverse. Ora io penso che la cittadinanza, sulla quale i politici imbastiscono sofistici ragionamenti dispersivi, possa essere data solo con formale giuramento sulla nostra Costituzione: è da questo atto di accettazione di regole e usanze che la scuola può poi favorire e facilitare l'integrazione degli stranieri in Italia. Il discorso di Napolitano appare a me stucchevole perché aggiunto ai precedenti messaggi augurali d'ogni presidente di Repubblica, nei quali la scuola è sempre e comunque un qualcosa di teorico e di astratto che investe gli insegnanti di una responsabilità sempre più marcata. Come può un insegnante favorire l'integrazione tra due studenti uno dei quali sfotte il crocifisso che l'altro porta sul petto? Come può un insegnante spiegare la condanna di Maometto all'inferno da parte di Dante se quel ragazzo è lontano mille miglia dal nostro Medioevo e non è passato, nella sua cultura, attraverso fasi storiche come Umanesimo, Rinascimento, Illuminismo, Risorgimento? Ecco quindi la necessità di cominciare dall'accettazione della Costituzione con le sue leggi come primo passo verso l'accettazione della nostra civiltà da parte dello studente straniero e lo scambio con lui della sua storia, delle sue ragioni, del suo credo.Forse sbaglio in quanto dico? Probabile. Sono esterofila non per ideologia ma per...istinto e so che l'integrazione fallisce anche con un condomino se manca il rispetto reciproco e l'accettazione della propria individualità: e questo nello stessa città, con la stessa "razza" e col linguaggio comune; con le stesse esperienze storiche e con lo stesso cimitero, con lo stesso dio e con lo stesso amuleto in tasca.
Condivido in grandissima parte quanto lei scrive, qualche "ma" l'ho in serbo e forse tornerò a esprimerlo con qualche osservazione personale. Cordiali saluti Uccia Paone. Articolo di riferimento :
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] Commento di RedShining aggiunto il 22.10.2006 L'Italia dovrebbe ricordarsi
di onorare una tale città.
Invero oggi l'Italia
ne sfrutta le radici
pur non offrendole mai
nè acqua nè concime.
Articolo di riferimento :
Commento di Gianfry aggiunto il 20.10.2006 Caro Stefano, credo che questa tua mappatura sia molto utile alle persone che vogliano affrontare un viaggio ragionato in rete. Dai informazioni preziose e molto pratiche. Ottimo, mio caro amico!
Gianfry Articolo di riferimento :
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] Commento di Giuseppe Siano aggiunto il 20.10.2006 Ad Alessandra Borsetti Venier
Cara donna d'amore,
ho letto quanto tu scrivi sull'amore, riprendendo Platone, ed è, credo, l'unico modo per amare, o meglio, per «essere amanti» (o portatori d'amore). Bisogna essere presi d'amore per amare. Occorre che un uomo/donna diventi prima amante, cioè innamorato dell'amore. Essere un amante deve indurre a comprendere come i nostri sensi partecipino ai riconoscimenti d'amore (alias, come noi raccontiamo a noi stessi cosa noi riconosciamo dell'amore). Chiarire a sé cosa si vuole dall'amore, cosa si cerca e cosa si vuole trovare nell'amore è il primo passo nei nostri «racconti di vita». Nel dramma [da dran = agire] vi è il riconoscimento di un'azione, sia quando siamo a Teatro [sguardo] (quando gettiamo uno "sguardo" distaccato sulle azioni della vita, con cui facciamo un'esperienza distaccata nella nostra platea mentale, raccontando a noi storie di vita,), sia quando partecipiamo in prima persona alle azioni quotidiane.
Cosa i nostri sguardi colgono, nelle azioni? È la prima domanda che rivolgiamo a noi stessi. Noi riconosciamo i percorsi di vita, nella loro varietà,
e, con esso, il gradiente d'amore che ognuno mette nel fare il proprio percorso.
Tu fai differenza tra l'uomo egoista e l'uomo preso d'amore. Una mente vede, dapprima, se la propria ricerca si rispecchia nell'amore dell'altro, se trova corrispondenza nell'agire dell'altro. Ci si domanda: L'altro è un amante, o un filosofo amante di Sophia, di Sapere come avvengono gli incontri in questo mondo), come me? In che modo egli cerca e trova, nelle azioni che il mondo induce ad osservare in questo ambiente, il suo rispecchiarsi in Sophia? Bastano piccole cose, gesti, cenni, parole per rivelare un altro essere pieno d'amore.
Ma molti di noi non lo sanno, perché non hanno mparato a riconoscere amore, prima di sapere dell'amore.
E parliamo, parliamo, parliamo, scriviamo per riconoscere, per sapere come si fa a riconoscere e, nel frattempo viviamo, e siamo segnati dal tempo, dal nostro tempo d'amore.In questo tempo veniamo attraversati anche da incomprensioni o confusioni di segnali o da falsi riconoscimenti, o da distrazioni. Sappiamo che solo perché vogliamo sempre riconoscere nell'altro specialmente ciò che cerchiamo in noi stessi, spesso Narciso tra Narcisi, che ci muoviamo e ci agitiamo, pensiamo e ripensiamo a segnali, facciamo e disfacciamo pensieri d'amore.
E assistiamo sempre alla stessa scena: chi è pieno riempie chi è in quel momento vuoto d'amore. E nel mentre si parla, si cerca, si è filosofi, amanti della Sophia, innamorati d'Amore, di sapere Amore.
Fin quando c'è vita siamo cercatori d'amore e amanti, sia che siamo soli che con i nostri compagni d'amore. Quando corpi e parole si confondono, mentre gesti e azioni non corrispondono ai percorsi mentali. Che fare? Si diventa di nuovi filosofi, perché noi cerchiamo la «corrispondenza d'amorosi sensi», non ci basta solo l'attrazione, vogliamo esser presi nel vortice dell'amore, dovunque noi siamo e con chiunque noi siamo.
Quando si finisce di parlare d'amore, allora bisogna continuare a riconoscere l'amore nelle azioni della vita. Se non lo facciamo, diventiamo aridi amanti, egoisti. Fin quando si è filosofi, si cerca, si è amanti del sapere, e si dibatte d'amore, dialogando con se stessi o con un altro. E parlando si può giungere a mettere in dubbio ciò che ognuno di noi riconosce o non riconosce come amore.
Quando si è trovato l'amore lo si vede rispecchiato in tutti gli esseri e in tutte le azioni. E se poi lo si incontra anche in un altro essere amante, a te vicino, allora l'amore è infinito. Questo può essere scandalo per gli altri, perché per amore si fa tutto e si dona tutto se stesso all'altro, perché chi ama sa che l'altro ha cura del suo amore, come se fosse se stesso, travalicando il proprio essere fisico e unendosi all'altro in modo infinito[nel duplice senso di «senza il finito» e di «dentro il finito»].
Per Amore si ama la vita, e si brucia in essa con lo stesso fuoco sia della santità e sia della perdizione, in se stesso come nell'altro, e si riconosce nell'azione, in ogni azione, l'eguale portata dei sensi come della mente. Si ama coi sensi e con la mente, l'altro da me io lo inglobo in me, è il mio prolungamento e sento, con lui, come lui ci sentiamo vicini nella distanza, coi sensi e con la mente, allora, solo allora, si è veri amanti, d'amore, con amore, per amore.
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] Commento di Gordiano Lupi aggiunto il 19.10.2006 Mi sa che è vero. Credo che la cantasse pure Manolin... Non c'è solo quello di errori. Un mio amico cubano mi ha detto che ci sono piccole imperfezioni di termini spagnoli. Correggeremo nella seconda edizione, se me la faranno fare! Grazie per il commento. Articolo di riferimento :
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] Commento di frances aggiunto il 19.10.2006 Bravo Thomas, indovinato! Il gioco languiva da un po' perciò l'hai salvato. (In nome della tua fedeltà alla rubrica..?) Era proprio "Alta fedeltà" di Nick Hornby! Articolo di riferimento :
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] Commento di thomas aggiunto il 19.10.2006 Ci provo io, allora, e dico "Alta fedeltà" di Nick Hornby. Sarà giusto? Boh. Ciao a tutti. Articolo di riferimento :
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] Commento di Carlo Forin aggiunto il 18.10.2006 Bravo Claudio.
Ottima iniziativa! Non ci deve essere Italiano che non sappia di Dante nel 2000!
I media odierni ci consentono di sorpassare gli eventuali ostacoli scolastici.
La cosa che più mi fa amare Dante è la sua scelta di Virgilio a maestro. Solo un grandissimo sapiente è capace di scegliere liberamente uno più grande di lui a maestro e dichiararsene devoto.
La sensibilità artistica ha permesso al padre della nostra lingua di riconoscere il genio in un Autore di cui non sapeva la vera etnia.
Tanto grande in lingua latina pur non essendo un latino!
Dante è una enciclopedia del Medioevo, come Virgilio lo è dell'Antichismo. Articolo di riferimento :
Commento di Carlo Forin aggiunto il 17.10.2006 Grazie a te, poetessa, del tuo interesse.
Dopo amore viene 'rosa'.
Così rispondiamo al rovello di Eco. Articolo di riferimento :
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] Commento di Gaetano Barbella aggiunto il 17.10.2006 La frase introduttiva «Dunque neppure il Papa ha più libertà di espressione», così isolata e streminsita rispetto allo stragante resto, detta da chi sembra esaltarsi nel far rivivere un passato foriero di conquiste sociali all’insegna di libertà continuamente oppresse da un potere assoluto, non senza l’appoggio della Chiesa cattolica, fa pensare a due cose: una meravigliosa lealtà ed alto senso di onore in seno ad un moderno anticlericalismo della nuova classe intellettuale, intollerante verso stranieri che offendono la loro terra, la stessa del Papa da costoro oltraggiato, o un mistificante ricercato compromesso con le forze clericali in questo difficile attuale stallo, di un Europa incapace di fronteggiare le intimidazioni ed il ricatto dell’estremismo islamico, non senza clan politici religiosi a darvi mano.
L’ipotesi buona mi ricorda un episodio, rimasto memorabile, del nobile e crudele re Saladino che conquistò Gerusalemme strappandola dalle mani del re inglese Riccardo Cuor di Leone, dopo la battaglia di Hattin del 20 settembre 1187.
Si racconta che durante la battaglia ingaggiata a poca distanza da Giaffa contro l’esercito di Saladino (5 agosto 1192), mentre re Riccardo Cuor di Leone, benché appiedato, continuava a combattere tra i suoi fanti, fu raggiunto da uno scudiero del sultano, incaricato da questi di consegnargli un inaspettato omaggio: due splendidi destrieri da guerra per permettere al re inglese di riprendere a combattere come il suo rango esigeva. Nonostante Saladino avrebbe tratto vantaggio dalla sconfitta del rivale, non tollerava l’immagine di un re che combatteva a piedi. La storia non dice se Riccardo ringraziò del pensiero “cavalleresco” il suo avversario, ma certamente ne approfittò per continuare con lo stesso impegno la battaglia; tanto che verso il tramonto l’esercito di Saladino ripiegò, lasciando il campo all’inglese. In effetti è probabile che lo stesso Saladino fosse rimasto affascinato dal modo in cui quel formidabile guerriero di Riccardo era riuscito a rovesciare le sorti di quella che sembrava essere un’imboscata perfetta. (1).
La seconda ipotesi, quella infida mi riporta invece al trattato di Tolentino stipulata dallo stato Pontificio e Napoleone Bonaparte quale condizione di pace imposta da questi, un acceso anticlericale
La trattativa tra le parti si svolse in 3 giorni e non mancarono momenti di grande tensione tra Napoleone stesso e la delegazione Pontificia. Il trattato fu firmato il 19 febbraio 1797.
A Sant’Elena, Napoleone Bonaparte, ripensando al trattato di Tolentino, sembra che ebbe a confidarsi a tal proposito e disse così : “Fui obbligato ad inoltrarmi a Tolentino. Io sentivo ripugnanza di dover mostrare le mie baionette a dei preti ed a far guerra ad un Santo (San Nicola protettore di Tolentino); ma 75.000 soldati francesi assassinati nei suoi Stati erano un po’ troppi: risolvetti di finirla. Quelli che mi circondavano avrebbero voluto ad ogni passo rovesciar l’idolo; ma la Francia era ritornata cottolica; facea d’uopo popolarizzare la rivoluzione, prevalersi dell’ascendente dei preti”. (2)
Gaetano Barbella
Il geometra pensiero in rete
(1) - Da un articolo di Pierfrancesco De Marco, «Il Saladino: eroe o carnefice?», tratto dal periodico «Graal» di Gennaio/Febbraio 2004 - Edizione Hera.
(2) - Tratto dal periodico «Manuel. The man's Evolution» n.16 - 06/1999, ediz. Manuel New Science Association. Vicenza.-
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