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Raffaele Garofalo. Un Papa senza speranza
29 Dicembre 2007
 

La seconda enciclica di Ratzinger farà discutere: Lucio Villari la definisce, giustamente, di «sapore preconciliare, culturalmente datato». Benedetto XVI non prende atto che Dio si può cercare anche perseguendo valori semplicemente umani, in sintonia non col “materialista” Marx ma col Vangelo della parabola del Giudizio Finale. Il papa pare ossessionato dalla parola “Dio” che l'Antico Testamento proibiva perfino di nominare per non svalutarne la trascendenza. Ratzinger è sicuro di possedere Dio in esclusiva e di comunicarlo “agli altri” e mai viene assalito dal dubbio che “noi cristiani siamo atei in cerca di Dio” o, come dice il card. Martini, «in noi c'è un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere».

Le “sicurezze” di Ratzinger sconcertano ancor più i credenti che i laici. Di quale Dio parla Benedetto? Di quello di Urbano III, che “voleva” le crociate; o di quello che ispirava Giovanni XXIII a ripulire la casa cattolica per renderla “accogliente ai fratelli”? Dio suggeriva a Pio IX di condannare Antonio Rosmini e Dio ha ispirato Ratzinger a dichiararlo santo. Quale papa tra i due “si è sbagliato”? Come teologo Ratzinger non ha rivalutato la prassi paolina di una santità prerogativa del semplice cristiano, anziché privilegio di una “casta” distanziata dai comuni fedeli.

Un uomo ispirato dalla Fede deve leggere la Storia come un susseguirsi di eventi, pur negativi a volte, ma sempre “guidati dalla mano di Dio”; non gli è lecito servirsene per tirare l'acqua, in maniera oltremodo evidente, al proprio mulino.

Ateismo e comunismo non hanno lasciato solo macerie: hanno suonato la sveglia agli stessi uomini di Fede. Non si sono fatte guerre in nome dell'ateismo, si fanno ancora in nome di Dio, per esportare la “civiltà cristiana”. Ratzinger non riconosce le lotte che all'uomo sono costate il sangue e la vita per conquistare la libertà di pensiero, le libertà politiche e civili. Giordano Bruno, uomo di fede, nel secolo dei lumi non sarebbe finito sul rogo perché libero pensatore. Eppure è stato condannato da un cardinale il quale è stato fatto pure santo.

L'Illuminismo ha insegnato anche ai credenti l'importanza fondamentale della ragione che dà motivazione alla fede stessa e la libera da un fideismo medievale da testa nella sabbia. La “ragione e la libertà” sono il fondamento della coscienza morale e la garanzia anche di un approdo ad una fede libera e responsabile. Le idee illuministiche hanno restituito all'uomo il riconoscimento della propria dignità; prima della Rivoluzione Francese, nonostante secoli di predicazione cristiana, l'uguaglianza dei diritti era una “speranza” legata all'utopia. In un discorso alla nobiltà romana un papa, Pio XII usava il bisturi della parola per rendere meno sgradevole ad orecchie aristocratiche la forza dirompente del Vangelo: «È vero che Dio benedice tutte le culle» affermava, «ma non per questo le parifica…».

L'enciclica di Ratzinger chiude le porte in faccia alla problematicità del Concilio che rende doveroso per la Chiesa un rapporto meno ideologico, più dialogante col “mondo”, con chi è privo di una fede religiosa. Il socialismo solidaristico, il marxismo hanno dato una forte scossa alla Chiesa stessa addormentata sui privilegi del potere e sulla teatralità dei suoi riti.

Come osserva Lucio Villari, il “materialismo” che Ratzinger condanna nel marxismo, di cui pur riconosce la validità delle analisi, appartiene anche a quelle istituzioni che «limitano la libertà dell'uomo e della sua coscienza in nome di principi imposti, come il principio di autorità e i dogmi di fede. Un uomo costretto all'ubbidienza religiosa è schiavo al pari di un uomo sottoposto alle leggi dell'economia». Non è “materialismo” pretendere dalle coppie cattoliche una fecondità legata indissolubilmente ad ogni singolo atto sessuale? Se l'enciclica mette giustamente in guardia dai rischi del mondo moderno, da un uso sconsiderato che l'uomo può fare della scienza e dalla presunzione che le sue scoperte possano esaurire l'indagine sul fenomeno umano, è da riconoscere al mondo scientifico il merito che le sue ricerche partono dal dubbio, non da principi dogmatici. Per salvarsi dai mali inguaribili è sempre preferibile che l'umanità ponga la sua fiducia nelle conquiste di una scienza (anche) senza Dio, piuttosto che in una superstiziosa devozione al santo. Se la scienza deve pur far riferimento ad un' etica, questa non potrà essere imposta dai dogmi di istituzioni religiose: il fondamentalismo è sempre in agguato dietro l'angolo di ogni tempio.

Benedetto accusa di “relativismo morale” anche un organismo internazionale quale l'Onu impegnato nella tutela della vita di migliaia di donne e bambini contro il virus dell'Aids. Non si possono bollare come «frutti amari della logica relativistica» la ricostruzione di Paesi disastrati da guerre e la solidarietà verso di essi, solo perché il papa è ossessionato da un suo concetto di morale difficile da rispettare. Tra i “principi non negoziabili” Benedetto non annovera, con altrettanta determinazione, la difesa della pace mondiale e non dichiara con la stessa fermezza la sua condanna contro l'America di Bush, credente che, in nome di Dio, fa la “guerra preventiva” e in nome della giustizia divina commina la pena di morte. Nessun accenno l'enciclica fa alla “speranza” in una emancipazione dei poveri del mondo, vittime delle conseguenze devastanti di una globalizzazione selvaggia ad esclusivo vantaggio delle nazioni ricche. “Nessun uomo sopravvive senza amore e senza speranza” è un principio riconosciuto da tutte le discipline umanistiche, ma è un passaggio forzato voler legare quei valori esclusivamente alla fede in un Dio.

Ci sono virtù semplicemente umane, ugualmente nobili, capaci di smuovere le coscienze degli uomini e determinarle ad ogni sacrificio per i grandi ideali; la storia ne è testimone e uno studioso come Ratzinger non può ignorarle. Forse Benedetto non ha fiducia nell'uomo e nel mondo in cui vive. Qualcuno deve ravvivare nel papa la “speranza” cristiana.

 

Raffaele Garofalo, prete (Pacentro, AQ)

(da Newsletter Ecumenici, 26/12/2007)


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