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Reinaldo Escobar. Il testamento politico di Fidel Castro
Rivoluzione è... (14ymedio)
Rivoluzione è... (14ymedio) 
30 Novembre 2016
 

All’ombra del lutto nazionale dichiarato in seguito alla morte di Fidel Castro, i cubani sono stati chiamati a sottoscrivere, in qualità di giuramento, alcune parole pronunciate dall’ex presidente nel maggio del 2000, in cui lascia ai posteri il suo concetto di Rivoluzione.

«Rivoluzione significa senso del momento storico; significa cambiare tutto ciò che deve essere cambiato; significa uguaglianza e libertà totali; significa essere trattati e trattare gli altri come esseri umani; significa emanciparci per noi stessi e con i nostri stessi sforzi; significa sfidare potenti forze dominanti dentro e fuori il contesto sociale e nazionale; significa difendere valori ai quali si crede al prezzo di qualunque sacrificio; significa modestia, disinteresse, altruismo, solidarietà ed eroismo; significa lottare con coraggio, intelligenza e realismo; significa non mentire più né violare principi etici; significa convinzione profonda che non esiste forza al mondo in grado di schiacciare la forza della verità e delle idee. Rivoluzione significa unione, significa indipendenza, significa lottare per i nostri sogni di giustizia per Cuba e per il mondo, che è la base del nostro patriottismo, del nostro socialismo e del nostro internazionalismo».

Di fronte alla mancanza di un pensiero teorico solido, gli esegeti dell’Alto Comandante si sono avvalsi della poetica della sua retorica per ricavare qualcosa di molto simile a un testamento politico.

Più che una definizione, il testo va inteso come un bilancio personale del processo politico di cui Castro era protagonista. Di fronte alla mancanza di un pensiero teorico solido, gli esegeti dell’Alto Comandante si sono avvalsi della poetica della sua retorica per ricavare qualcosa di molto simile a un testamento politico.

La frase scelta ha i modi dell’oratoria fatta per ammaliare le persone radunate in una piazza, dove quasi ogni licenza è permessa, fintantoché suona bene e conquista l’orecchio. Ma letta a distanza e analizzata come una tesi, manca di solidità programmatica.

In questa frase, il termine Rivoluzione è ambivalente e si presenta come un risultato ottenuto piuttosto che da raggiungere. In altre parti dell’enunciato sembra un metodo per raggiungere determinati traguardi, il risultato finale di un processo o un insieme di valori morali simili al decalogo del buon comportamento.

Le contraddizioni del concetto espresso da Castro più di tre lustri fa hanno dissuaso gli accademici dell’ambiente ufficiale e gli intellettuali organici dall’analizzarlo. Anziché farlo, hanno scelto di sacralizzare il versetto in modo da non correre il rischio di doverlo rigorosamente sminuzzare.

Quando Castro dice che Rivoluzione significa senso del momento storico, sta solo confermando che manca fiuto politico per riuscire a percepire il cumulo di opportunità che fanno saltare simili processi, qualcosa che trova fondamento esclusivamente nella capacità di alcuni individui di approfittare della situazione.

D’altra parte, la differenza sostanziale tra Rivoluzione e riforma consiste nel modo in cui si realizzano i cambiamenti, ma queste parole non descrivono il carattere violento e radicale del processo che promuovono. La mancanza di questa precisazione costituisce il deficit concettuale più importante del testo.

All’orizzonte di quasi tutte le rivoluzioni sociali si colloca l’uguaglianza, ma non è necessario un processo di questo tipo per tentare di raggiungerla. Storicamente la libertà è stata la più colpita dalle rivoluzioni. In particolar modo, le libertà di espressione e di associazione, e, nel caso delle rivoluzioni socialiste, quelle economiche.

Castro definisce la sua creatura come la capacità di trattare gli altri e di essere trattati come esseri umani. Si tratta di una promessa così ovvia che inserirla all’interno di un concetto per i posteri risulta inquietante.

Le imprecisioni del testo non finiscono qui.

Nelle parole oggi celebrate, Castro definisce la sua creatura come la capacità di trattare gli altri e di essere trattati come esseri umani. Si tratta della promessa di più basso profilo che un politico possa fare e, così ovvia, che inserirla all’interno di un concetto per i posteri risulta, quanto meno, un gesto inquietante.

La confusione aumenta quando il leader invita a “emanciparci per noi stessi”, senza precisare se stia parlando dalla classe operaia che deve liberarsi dalle “catene” dello sfruttamento o se si tratta di una domanda di stampo nazionalista per eliminare la dipendenza da qualche potenza straniera.

Nel primo caso, si tratterebbe di rinunciare ad alleanze con altri settori come quello agricolo, mentre seguire alla lettera il secondo porterebbe a rinunciare all’internazionalismo proletario.

L’atto di “sfidare forze dominanti” si contraddistingue se ci si trova in un periodo insurrezionale o dopo svariati anni dall’inizio di una Rivoluzione. Quando Castro espresse questo concetto, il potere a Cuba era radicato nel Partito Comunista e in particolare nella sua stessa volontà, che non accettava la benché minima sfida.

Il volontarismo dell’oratore spicca quando richiama a “pagare il prezzo necessario”, mentre fa propri i valori del cristianesimo promuovendo la modestia, il disinteresse, l’altruismo, la solidarietà o l’eroismo. L’appello a non mentire più né a violare principi etici rafforza il carattere di comandamento di una religione.

Il vuoto concettuale della definizione di Rivoluzione cha a partire da questo lunedì milioni di cubani stanno sottoscrivendo lascia carta bianca per qualsiasi decisione futura verrà presa da chi sostituirà l’attuale generazione storica

Il testo celebra anche il coraggio, l’intelligenza e il realismo, modelli che sembrano più adatti a raggiungere il successo in un’impresa che a dare impulso a una trasformazione sociale. Ribadisce queste affermazioni con la convinzione che “non esiste forza al mondo in grado di schiacciare la forza della verità e delle idee”: puro idealismo, estraneo al materialismo dialettico di ispirazione marxista.

Nemmeno l’unione fa la Rivoluzione, né l’indipendenza risulta una conquista in un mondo globalizzato che avanza verso la fine delle frontiere, per cui all’oratore resta soltanto che basare il suo concetto su “il nostro patriottismo, il nostro socialismo e il nostro internazionalismo” e lottare per i “nostri sogni di giustizia”, senza sostanziarne alcuno.

Il vuoto concettuale della definizione di Rivoluzione che a partire da questo lunedì milioni di cubani stanno sottoscrivendo lascia carta bianca a ogni decisione che in futuro verrà presa da chi sostituirà l’attuale generazione storica. Su questa pietra della fondazione si può costruire qualsiasi cosa.

 

Reinaldo Escobar

(da 14ymedio, 29 novembre 2016)

Traduzione Silvia Bertoli


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