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Gordiano Lupi. Cattive storie di provincia
21 Marzo 2009
 

Gordiano Lupi

Cattive storie di provincia

Edizioni A.Car, pagg. 150, € 15,00

Distribuzione www.alilibri.it

 

Il mio primo libro di narrativa - Lettere da lontano (1998) - era una raccolta di racconti che trasmetteva un’immagine tranquillizzante della vita in provincia. Cattive storie di provincia è il lato oscuro di quelle storie, perché si compone di tredici racconti neri venati di crudo realismo per dimostrare che non esistono isole felici. La provincia toscana è lo scenario dove sono ambientati oscuri fatti di cronaca, storie di vite che si concatenano e danno vita a finali sorprendenti, omicidi atroci, delitti in famiglia, esplosioni di violenza incomprensibili. Tutto questo è la provincia italiana, il luogo geografico dove sono localizzati la maggior parte degli omicidi efferati. La Toscana fa da paradigma della globale situazione italiana. (Gordiano Lupi)

Le storie: Il palazzo, Un ragazzo di nome Simone (novelization del famoso caso Cantaridi), La villa dei lamenti, La casa scomparsa nel bosco, La chiesa maledetta, La ragazza dal vestito rosso, La scala dei ricordi, Oltre ogni limite, Pellicole di terrore, Per sempre insieme, Il supermercato, La spiaggia e Notte di sangue. Lo scenario è la costa tra Piombino e Livorno, ma potrebbe essere qualsiasi provincia italiana.



VIVERE IN PROVINCIA…

Introduzione in forma di racconto


La nostra città. Che poi chiamarla città è un po’ eccessivo, se si vuole. Cittadina sa di ricordi della scuola elementare. Paese è un po’ riduttivo. Insomma questa città è uno di quei posti di provincia dove le giornate hanno tutte lo stesso sapore e il passare del tempo non lascia traccia. Però vivere in provincia non è che mi sia mai dispiaciuto e sono io che l’ho scelto. Subito dopo laureato mi avrebbe assunto una grande azienda del nord. Rifiutai, spaventato dall’idea di dovermi trasferire a Milano. Avevo amici che vivevano in città e non li invidiavo per niente. Sapevo che non sarei stato capace di adattarmi ai ritmi della metropoli e a quel via vai di auto e persone sempre indaffarate in qualcosa d’importante. E poi mica mi chiamavo Bianciardi. Se non c’era riuscito lui a scappare dalla Maremma e a farsi una vita che non fosse agra…

La mia città si può percorrere in lungo e in largo in un pomeriggio e le distanze sono così ridotte che l’auto non è essenziale. Con tutto questo nessuno ne fa mai a meno. Ma questo è un altro discorso.

La vita scorre in un fazzoletto di poche centinaia di metri, lungo una spaziosa via del centro che porta al mare, quella che un po’ pomposamente chiamiamo corso.

Ci vediamo in corso” era la frase ricorrente tra noi ragazzi, quello era il posto dello struscio serale, la via che per anni abbiamo percorso avanti e indietro almeno dieci volte al giorno. E adesso che siamo cresciuti abbiamo passato il testimone alle nuove generazioni. I tempi cambiano ma il corso resta. Con le stesse abitudini e identici rituali. Non chiedetemi perché. Fare le vasche in corso è sempre stato il passatempo preferito del liceale e dello studente universitario che tornava a casa per il fine settimana.

Si incontravano gli amici, si facevano quattro chiacchiere, si tampinava qualche ragazza. Durante l’estate gli aficionados dello struscio si trasferivano sul mare, verso il Nastro Azurro, ai Bagnetti di Salivoli e Calamoresca, persino a Baratti e Riva Verde, insomma bastava un posto dove ci fosse una spiaggia e un po’ di fica, ché quello si cercava, mica altro. Un bar con vista su mare e ombrelloni, scogliere e tanga, bikini scosciati e tette al vento. Tra un bagno e l’altro ci bastava un po’ di musica, una partita a flipper, magari due scozzi a calcio balilla e biliardo. Però durante l’inverno era d’obbligo la puntatina in corso, sulla sera, poco prima di cena. Anche se mancava ancora qualche pagina di latino da tradurre. Anche se il capitolo di storia appena l’avevamo letto e restava da ripetere. C’era sempre il secchione da cui copiare il giorno dopo…

La nostra cultura era quella del flipper con i record segnati con la penna biro, del calcio balilla con i vecchi calciatori decapitati e anneriti, dei primi videogames artigianali che si facevano strada. Non solo. Era la cultura del cinema con il doppio spettacolo domenicale e la signora che vendeva manciate di semi per poche lire. Era la cultura del campino sterrato della parrocchia, dove abbiamo sognato da bambini di emulare Mazzola e Rivera. Era la cultura dei nonni che raccontavano le fiabe tenendoci per mano nelle giornate di vento. E vivevamo così il nostro tempo libero, dopo lo studio, dopo l’allenamento allo stadio per la partita della domenica, prima di andare al cinema o a ballare.

Le notti di Piombino erano passione d’una provincia che sorride ai tuoi occhi di ragazzo che affronta la vita. Canali di Marina dove gettare una lattina di birra o le finte teste di Modigliani, emulando i cugini livornesi dopo una scorribanda tra amici. Scogliere di Fosso alle Canne con la luna a picco su una casa diroccata che sembrava uscita dai versi di Montale e io che mormoravo la casa dei doganieri, la casa della mia sera, con la tua mano stretta nella mia e aspettavo un bacio, un segno che tutto sarebbe andato bene, che non mi avresti lasciato. Nottate di libeccio con il mare che superava la balaustra in ferro battuto del Porticciolo dell’Ardenza e bagnava le mura del vecchio ospedale. Maestrale che pareva uscito da un quadro di Fattori mentre in Cittadella mi fermavo a guardare il mare ed era un modo come un altro per attendere un bacio dalle tue labbra inesperte e tremanti, quasi come le mie. Le notti della Piombino d’un tempo a dar fastidio alle puttane sulla Principessa, chiedere quanto vuoi e scappare via, ché tanto non ce l’avevamo il coraggio e mica era vero che ci volevamo andare. Le notti d’inverno al Samantha, un night che forse adesso ha cambiato nome, spendere soldi con una ballerina di Setubal, occhi chiari e capelli biondi, seno piccolo e sedere alto, domandarsi perché una ragazza così bella faceva quel mestiere invece di scappare insieme a te come un angelo azzurro venuto da lontano. Notti di tanti anni fa, forse troppi, che lasciano un leggero velo di nostalgia, malinconia di quello che è stato e non può tornare. E adesso sono notti casalinghe, bene che vada un cinema al Metropolitan, magari teatro se viene Ceccherini e recita Pinocchio, oppure un film horror che ricorda il passato. Ogni tanto una pizza e una gita fuori porta, una serata in piazza Verdi se canta un gruppo cubano e fanno musica latina, una puntatina in Piaza Bovio tra palazzi ristrutturati e quel bel sapore di antico con i panni tesi alle finestre che si affacciano sulla città vecchia. Questi sono i miei notturni piombinesi, per lo più casalinghi, un bimbo da crescere, una bambina da cullare sulla scia di ricordi che non tornano e d’un passato che diventa musica di nostalgia.

Adesso che ho un lavoro serio mi manca persino il tempo di andare in centro a fare una vasca. Se esco è solo per acquisti o un appuntamento importante. E poi non saprei che fare avanti e indietro per quella strada. Non troverei gli stessi volti, a parte qualche pensionato davanti al Bar Sport. Ma non è cambiata tanto la mia città, in fin dei conti si vive ancora come un tempo. C’è lo stesso corso, ci sono i cinema del centro, pure se hanno aperto i multisala, ci sono tanti bar come una volta, anche se parecchi parlano lingue straniere, vendono kebab, hamburger, roba così, che io mica la comprendo. Hanno chiuso le vecchie sale giochi, mancano i carretti dei venditori di semi e pistacchi, non vedo passare il venditore di gelati, non ci sono biliardini e flipper. Per questo mi fermo poco in centro e non mangio il gelato nei bar troppo eleganti che espongono gusti multicolori. Non avrebbe più il sapore di una volta. Avrebbe un gusto troppo amaro. Saprebbe di rimpianto. Perché in fondo in fondo lo comprendo cosa è cambiato. E non mi va mica tanto di ammetterlo.

 

Gordiano Lupi

 

 

Sabato 21 marzo - Domenica 22 marzo

Anghiari (AR) -Castello di Sorci

 

Il Foglio Letterario - Edizioni A.car - Bradipolibri

 

Presentano

 

PRIMAVERA D'AUTORE 2009

 

Sabato alle 18:30 nelle segrete del castello

presentazione del thriller di Amos Cartabia,

Notte di sangue al castello di Sorci (A.car)

 

Alle 20:30 'cena d'autore' con:

Gordiano Lupi, Cattive storie di provincia (A.Car)

Lorenza Ghinelli, Il divoratore (Il Foglio Letterario)

Luca Scarpetta, Il mercante in fiera

Andrea Pistone, Anomalie di un maniaco

 

Durante la serata presentazione del disco per l'estate
La canzone del mattino di Stefano Guizzo

 

Domenica 22 stand espositivi delle case editrici

e presentazione di libri durante il pranzo.

 

Per informazioni www.castellodisorci.it o presso le case editrici

 

 


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