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Paolo Diodati. Considerazioni finali sull’esperimento voluto da Lucio Battisti
 
Commenti presenti : 43 In questa pagina : da 21 a 30
   10-11-2010
P.S. per il signor Simone.

la" sforzata" non l'ho mai bevuta. Mi sa tanto d'orzata mal venuta, la maionese s'è smontata nonostante lo SForzo per montarla.
zaro   
 
   10-11-2010
Caro Simone, sono capitato per caso in tellus, stavo cercando qualche opinione di raffy58 su Battisti & C.
Ho solo letto delle cose sulle quali non sono d'accordo,
tantomeno sull'interpretazione del prof. Dioati.
Non è questione di offrire assist, il gol bisogna farlo...e nella porta giusta.
Prof. Diodati non deve avere dubbi deve essere certo che non ho letto semplicemente tutti gli avanzati dei viaggi precedenti.
Non ho inviato testi alternativi, ho solo copiato non di nascosto.
D'altronde, d'altro canto, cioè mi guadagno la giornata facendo altro, purtroppo o per fortuna.
Za cognome Ro nome alias zaro sono io nessun altro.
Per lo champagne mi spiace bevo solo chateau d'yquem.
Non voglio fare gare di furbizia con le volpi e nemmeno di intelligenza, io non sono nessuno, perciò, va da se, qualuno, uno che esprime la propria opinione. Mi pacciono i testi di Panella cosi come sono, senza spostare una virgola, ai quali do la mia interpretazione e mi fanno vedere semplicemente delle situazioni soggettive, credo. Per es.

Ricordo il suo bel nome: Hegel Tubinga
ed io avrei masticato
la sua tuta da ginnastica....

ho visto una ragazza ho chiesto il nome
mi ha raggirato ha detto: hegel tubinga
eh? ti mangio mio bel ciuingam...eccetera eccetera

buonasera e grazie di nuovo zaro



zaro   
 
   10-11-2010
Ho partecipato al gioco e mi appassionava. E non capii perché terminò, al culmine della partecipazione, in modo brusco. Ora sta avendo una coda. Ma le due ultime lettere tra Diodati e Zaro mi insospettiscono. Possibile che Zaro offra a una volpe come Diodati (che ha dimostrato un incredibile padronanza della tematica e della bella scrittura) l'occasione per chiudere il discorso in suo favore e così brillantemente?
Chiedo a Zaro: se non eri d'accordo con Diodati, credevi proprio d'aver scritto un pezzo senza senso alla Panella?
L'interpretazione del prof non è sforzata come quelle di chi cerca di spiegare Panella. Calza benissimo ed è a portata di tutti, senza ricorrere ad Hegel.
Simone   
 
   09-11-2010
Caro Zaro,(probabilmente né Zoro, né Zaro) lei aumenta il mio dubbio sulle sue letture di articoli e commenti al riguardo. Altrimenti avrebbe evitato di far notare che si può giocare con le parole (chi l’ha mai negato il gioco intelligente? Perché avrei parlato di Gioco di fine estate, se avessi negato i giochi, ripeto intelligenti, di parole?) E avrebbe evitato anche di ribadire che a lei Battisti piace sempre e comunque. Questa affermazione, può leggerla spesso sia nei miei articoli che nelle risposte. Ma Battisti è Battisti e le parole che pronuncia sono un’altra cosa. Avevo invitato i partecipanti al Gioco di fine estate, a inviare testi alternativi. Sono stato costretto a inserirne solo di miei. Lei è il primo, a scoppio ritardato, a inviare un brevissimo scampolo. Bene. Ha riverificato il mio “teorema”. Ha fatto di gran lunga meglio di Panella, forse aiutato da una bevuta di champagne, tanto per mettersi in atmosfera.

....In un soffio di porta, fa' l'ingresso
la bella incatenata a testa alta;
invece i viaggiatori
sono entrati
col capo chino, e l'umiltà dei frati....

Interpreto: "Nella porta appena schiusa, entra lei, incatenata dal mio amore, umiliata per i tradimenti, ma altera, a testa alta.
Con lei entrano i suoi compagni di viaggio, speranzosi e respinti, mortificati, a testa bassa, come fossero dei frati."

Complimenti. Con Battisti, avrebbe fatto meglio di Panella. Come volevasi dimostrare.
Paolo Diodati   
 
   09-11-2010
....Il giradischi le luci rosse e poi
champagne ghiacciato e l'avventura può iniziare ormai
accendo il fuoco e mi siedo vicino
qualcuno
stasera arriva qualcuno
sorrido intanto che fumo.....


....In un soffio di porta, fa' l'ingresso
la bella incatenata a testa alta;
invece i viaggiatori
sono entrati
col capo chino, e l'umiltà dei frati....

caro professor diodati o diotolti sono zaro e non zoro,
come vede si puo anche giocare e scherzare con le parole,
che differenza fa? come i due versi sopracitati. Non vedo la differenza. A me piacciono entrambi.
Mogol o Panella? che differenza fa? Io sono per Battisti e per tutto cio che ha fatto, compreso la scelta di negarsi ai media.

"...io propongo delle cose! Vi emozionano, vi piacciono si o no?! Bene mi fa piacere, sotto maestro con la base! "

buonasera e grazie per avermi onorato della sua risposta

zaro

zaro   
 
   01-11-2010
Caro Alex,
non ricordo dove (credo proprio che sia lo stesso Alex di allora), ma lei scrisse che ama molto il gioco che lanciai e che non smetterebbe mai. E di questo amore ne dà ulteriore prova, riattizzando, a fuoco che sembrava spento definitivamente, le sue doti fantastiche per fornire un’interpretazione unitaria dei testi del Don Giovanni. Avevo già ammesso che alcuni “sprazzi di luce” in particolare nel testo che dà il nome all’album, hanno fatto molta presa su chi aspettava la rivoluzione a cui lei giustamente fa riferimento e di cui avevo parlato nel primo articolo. Ma le lacune incolmabili non può colmarle neanche la sua fervida fantasia. Non può liquidare così sbrigativamente gli sproloqui e le deformazioni ridicole delle parole presenti ne Gli equivoci amici. Altrimenti manda acqua al mio mulino. Di fronte a testi simili (e potrei citarne altri, sempre nel Don Giovanni, tipo il gioco di parole “fatti un piatto”) lei alza bandiera bianca e, inavvertitamente, … passa dalla mia parte.
Ho paura di annoiare chi dovesse leggerci e di spingere qualcuno a dire nuovamente, “scrivetevi in privato!”, per cui risintetizzo solo alcuni punti:
- Era inevitabile che sulla scia delle grandi rivoluzioni formali affermatesi in tutte le altre arti, si cercasse di fare altrettanto anche nelle canzoni. Non a caso ho parlato più volte di Ionesco. Il tentativo di Panella, come anche lei ammette di temere, pur fatto ai più alti livelli di potenzialità (dato l’indubbio genio creativo di Battisti e la sua immensa fama) non ha avuto seguito. Questo era prevedibile, perché la “creazione libera” o la scomposizione spaziale di una forma visiva (pittura, scultura) possono suscitare sensazioni gradevoli, anche se non collegate a forme reali, ma la scomposizione di un testo letterario, o l’imitazione letteraria di un quadro astratto, se producono risultati non collegabili direttamente a fatti comprensibili, diventano, appunto, oggetto di sforzi di elaborazione come i suoi e, se non ricordo male, di Fennino e altri appassionati.
- Non ricordo se ho scritto già che accosto la parabola creativa di Battisti a quella di un mio grandissimo amore giovanile: Gioacchino Rossini. Smise di colpo, giovanissimo, di scrivere. A chi gli chiedeva “Perché Maestro?”, rispondeva, come avrebbe potuto rispondere Battisti, “Perché, non vi basta quello che ho scritto?” Scrisse poca altra musica, ad altissimo livello, ma non più opere. Come, nel suo piccolo, Battisti.

Forse potremmo concludere il nostro “match” riprendendo una mia vecchia conclusione che ribaltava questa sua considerazione: se in un testo uno non vuol trovarci significati, non ce li vedrà mai. Al che io: se uno vuol assemblare le parole in modo da volerci vedere un significato, ce lo vedrà sempre. La invito a rileggere quella risposta che il Direttore volle trasformare nell’articolo “Assemblaggi di sprazzi di luce”.
L’unica differenza tra le due posizioni è che, essendo notoriamente più facile la demolizione che la costruzione, voi assemblatori siete in disaccordo anche tra di voi, al contrario dei demolitori. E questa differenza, vostro punto dolente, fa sì che il “match” non possa essere giudicato un pari e patta.

Oltre a rigraziare lei, Alex, letterato (annoiato?) e aspirante alla laurea in ingegneria verbale, ringrazio Domenico Marcacci per i suoi interventi anche privati e confesso d’aver scritto in un momento di autentica “rabbia umoristica” Il senso del non senso, il cui senso è però brutalmente chiaro. Le frasi incomprensibili sono costruite in modo semplice e noto: ogni vocale viene seguita da una effe e poi ripetuta (“Lucio, che cacchio dici?”, diventa “Lufucifiofo chefe cafacchifiofo dificifi?”

Paolo Diodati   
 
   23-10-2010
Grazie per la sua puntuale e generosa risposta.
Vorrei provare a rispondere alla sua esigenza di un significato complessivo mostrandole quanto la parola di Panella mi sia parsa “comunicativa”. Sarei soddisfatto anche se riuscissi a spostare sia pure di pochissimo a mio favore l’ago della bilancia tra “sprazzi di luce” e “punti oscuri”. Mi scuso sin da ora per la presunzione e lunghezza dell’intervento.
Dunque, le propongo una chiave interpretativa per i versi dell’album Don Giovanni che spero lei troverà condivisibile. Il mio suggerimento è di pensare allo stile arzigogolato di quelle canzoni come una “canzonatura” per dissacrare il fenomeno della canzone d’autore.
Dal punto di vista formale si tratterebbe di rovesciare le espressioni comuni, le frasi fatte, prendendo la tangente del fraintendimento. Ma non è tanto dell’aspetto stilistico che stiamo dibattendo quanto piuttosto del contenuto.
Ritengo che come per il teatro nel teatro, Panella si sia preso gioco del fenomeno della canzone attraverso lo smascheramento dell’io della canzone ossia contemporaneamente: autore, cantante e l’ascoltatore che si immedesima. Queste tre figure retoriche a turno vengono infatti irrise nei testi delle canzoni del primo album.
Le cose che pensano (1) sono le canzoni che provano sentimenti, Panella utilizza la metafora delle passioni delle merci per indicare che il cantante non prova alcun sentimento quando declama i suoi versi. Sono le merci che amano e hanno sentimenti. L’io di questa canzone è il cantante e il tu sarebbe l’ascoltatrice estranea e confusa nella massa del pubblico.
Nel testo successivo (2) il cantante invita infatti l’ascoltatrice a farsi un pianto poggiando il disco sul piatto. Evidente gioco di parole con “fatti un piatto” come dire cucinati un sentimento. Perché i dischi sono prodotti commerciali, le canzoni sono delle merci come le zuppe confezionate. Uno arriva a casa e se le cuoce sul giradischi.
Il doppio del gioco (3) sarebbe invece una canzonatura di un tema classico della canzone sentimentale, il triangolo amoroso dove però la consapevolezza negli angoli contrapposti è alla rovescia: l’io della canzone non sa di essere l’amante, il doppio nel gioco del tradimento.
Madre pennuta (4) racconta di un sorpasso andato male ma questo sembra essere solo un pretesto per evocare la morte dell’autore. L’auto-re/autista sbanda in curva e poi muore. L’autore muore: niente più storie e niente più racconti di vita vissuta nella canzone. Per essere veramente scrittore Panella abbandona la narrazione e la sua intrinseca cronologicità. Infatti è la fine del predominio dello scrivere solo per raccontare storie alla Mogol.
Gli equi|voci amici (5) sarebbero alcuni vecchi colleghi di Battisti. Quelli che come lui confezionano calzoni come canzoni. Credo sia piuttosto diffusa l’interpretazione che la metafora di Don Giovanni l’attaccapanni (6) racchiuda l’idea che ogni cantante è un personaggio, un sostituto a sua insaputa che riveste gli abiti cuciti addosso dall’autore. Ma per una volta Panella immagina un cantante che detta il testo della canzone all’autore: io cantante non penso e quindi tu autore esisti ma, ora basta e scrivi che io in quanto personaggio del seduttore che mi hai cucito addosso non esisto.
Se in genere il referente astratto di ogni canzone d’amore è una “lei” mentre “lui” è quasi sempre un rivale, l’altro di una storia di tradimenti sentimentali. E “io”, colui che parla, è il cantante. Sfruttando questo luogo comune in Che vita ha fatto (7) viene fuori che tra il cantante, l’ascoltatrice ed il suo reale amante vi è un assurdo triangolo amoroso: il personaggio immaginario del cantante è un terzo incomodo nella coppia reale di innamorati. E il cantante si domanda: chi sa che vita ha fatto l’ascoltatrice tra sogno e realtà?
Infine l’album si chiude con una canzone (8) che testimonia della consapevolezza di aver fatto una scelta che farà discutere e colare litri e litri di inchiostro da parte del mondo della critica musicale. Un “diluvio” di opinioni senza fine. Con Don Giovanni è come se Lucio Battisti e Pasquale Panella avessero osato decretare la morte della tradizionale canzone d’amore, seppellendo per sempre la canzonetta mogoliana. Tentativo probabilmente fallito ma secondo me molto bello e coraggioso.

grazie
alex
alex   
 
   23-10-2010
Nonostante il nome per cui mi chiamano Alex, non sono l'Alex del precedente commento. A suo tempo sono intervenuto diverse volte. Ripropongo la domanda: su 40 canzoni, quante sono ancora di successo? Quante possono essere interpretate per il significato e quante sono interpretate da altri? Perché, professore non scrive un libretto con i suoi bellissimi articoli e gli interventi di chi ha interpretato i testi?
Ritengo che la sua risposta ad Alex sia perfetta, esauriente, convincente e, come al solito, scritta in modo superbo. L'intervento altezzoso del letterato Lancillotto o qualcosa di simile è stato penoso. Quasi più oscuro dei testi di Panella. Può esserci arte se non si comunica nulla? Peggio delle discussioni sul sesso degli angeli!
Alessandro Del Monte   
 
   21-10-2010
Caro Alex,
per stile (garbato) e contenuto (di un certo livello), lei dovrebbe essere l’Alex già intervenuto, se non ricordo male, proponendo un’interessante e non banale interpretazione di Per nome. Le risposi che aveva messo in evidenza “gli sprazzi di luce”. Non vorrei ripetere discorsi già fatti. Ma lei pone alcuni quesiti, uno in particolare, del tutto nuovo, almeno nei termini usati.
Innanzi tutto devo però correggere le sue affermazioni iniziali. Se avessi dato, e dessi, troppa importanza alle statistiche e prendessi troppo alla leggera gli ammiratori di Panella, non avrei dedicato tanto tempo all’argomento e non avrei proposto quel gioco di fine estate che credo abbia totalizzato più commenti di ogni altra tematica. Non avrei avuto la pazienza di rispondere a tante domande. Le statistiche (almeno quelle sulle vendite) però a qualche cosa servono. È quindi vero il contrario: siete voi panelliani a voler ridimensionare l’importanza dell’indice di gradimento della svolta battistiana.
Lei torna su un argomento noto, che ho ricordato, se non erro, nel primo articolo: la rivoluzione nella pittura (nella letteratura, nel teatro, nella moda, ecc…). Un bel quadro astratto può piacere, pur non rappresentando cose reali. E chi lo nega? Solo che il pittore non usa mezzi acustici o simboli visivi con significati omologati. Il baco nel suo parallelismo sta in questo: la parola è stata inventata per comunicare qualche cosa. Se non comunica, è al livello di un cinguettio o di un altro rumore. Possono essere gradevoli, ma fanno regredire a livelli primitivi di comunicazione: gioia, dolore, paura.

Mi chiede, infine, se cambierebbe il mio giudizio su Panella, se qualcuno mi fornisse la chiave interpretativa, coerente e condivisa, dei suoi testi.
Potrà sembrarle assurdo, ma cambierebbe molto. Innanzitutto questo qualcuno renderebbe traducibili le “stele di Rosetta” dell’ultimo Battisti e non mi sentirei più preso in giro.
E amerei ancora di più delle canzoni che, come scrissi all’inizio, ora mi piacciono moltissimo (anche se non tutte), perché c’è sempre la Sua anima e la Sua voce dai mille ricami, MA SOLO SE ASCOLTATE A DISTANZA. In modo da non poter capire gli strazianti ed esasperanti giochetti di parole, buttate lì per strappare qualche rima e stupire…con la stupidità.
Fino a dimostrazione contraria.
Cambierebbe il mio giudizio su Panella? Certamente. Da impotente, presuntuoso e furbastro, lo riterrei un ottimo architetto di espressioni criptiche, ma decifrabili. A condizione, però, ricordi bene, che le interpretazioni non si limitassero agli "sprazzi di luce". Quelli li capisco al volo da solo.
La ringrazio, comunque, per il suo bel intervento.

Paolo Diodati   
 
   21-10-2010
caro professore,

credo che lei dia troppa importanza alle statistiche di vendita mentre prende troppo alla leggera il fatto che comunque molte persone amano i testi di Pasquale Panella.

Questi non sono necessariamente alla ricerca di una intepretazione e ne tanto meno sono tutti frequentatori di siti e forum che riguardano Battisti.

Detto ciò non sono molto convinto che sia necessario capire per apprezzare. La invito a considerare la differenza esemplare di approccio a una tela da parte di un critico d'arte rispetto ad una persona semplice che non esclude un comune giudizio di apprezzamento sull'opera.

D'altra parte non penso che produrre una interpretazione complessiva coerente dei testi delle canzoni induca necessariamente ad apprezzarne la qualità e la bellezza.

Si può amare un componimento poetico senza coglierne il significato complessivo.
E si può restare insensibile ad una poesia pur avendone ricevuta una esauriente analisi testuale che ne giustifichi il pregio.

Il gioco che lei ha proposto è ormai finito da tempo e non so quanto lei abbia voglia di rispolverarlo ma mi domando:

se qualcuno le fornisse una interpretazione coerente e condivisibile di tutte le canzoni (diciamo complessivamente almeno di tutte quelle del primo album Don Giovanni),

dimostrando così la volontà di Panella di abbordare un certo argomento con un determinato stile, in tal caso mi domando in cosa cambierebbe il suo personale giudizio sull'autore Panella?


Mi par di capire che più semplicemente a lei le parole di quelle canzoni non piacciono.

Evidentemente non le dicono nulla e le da fastidio il fatto che sembra che non vadano da nessuna parte.

Forse scoprire che in verità un senso ce l'hanno cambierebbe poi di molto il suo giudizio estetico?


Grazie per la aua disponibilità,

alex
alex   
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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