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Roberto Malini. Perché le “Sardine” dovrebbero trasformarsi in un vero partito politico
16 Dicembre 2019
 

Il movimento delle Sardine ha compiuto in poche settimane un percorso formidabile, oltre ogni previsione. Ha riempito pacificamente le piazze, portando con sé un simbolo efficace e quei valori che l’Italia dell’odio sembrava aver cancellato: la solidarietà, la giustizia sociale, il dialogo. Ha risvegliato gli animi di chi ormai si era rassegnato alla politica della corruzione, degli inganni, dell’ipocrisia, della menzogna, dell’indifferenza. Ha unito tante persone diverse, dimostrando che si può restituire alla cultura, alla società civile il suo patrimonio universale di progresso, unico baluardo che possa opporsi all’acrimonia, alle liti sociali, alla violenza, alla crudeltà. Tra i banchi delle Sardine, a nord come al centro o a sud, cose come il razzismo, l’omofobia, la xenofobia e le altre forme di intolleranza non hanno trovato posto, se non nelle parole dette e scritte che li condannavano.

Sono uno dei primi che ha sostenuto il movimento, aderendo a tanti gruppi locali e convincendo numerose persone a credere in questa nuova idea, in questa nuova resistenza nonviolenta, in questa forma di patriottismo costituzionale che senza schiumare rabbia né odio riesce a rendere il nostro paese un luogo di speranza, diradando le tenebre ammorbate dei nuovi fascismi. Le Sardine conquistano consensi anche nei paesi dell’Unione europea, in Sudamerica e persino in Africa, dove alcuni attivisti nonviolenti stanno pensando di costituire gruppi civili ispirati al simbolo che viene dall’Italia. Nella mia vita, dedicata alla difesa dei diritti umani, ho conosciuto innumerevoli attivisti e tante personalità politiche. Preferisco i primi, quando operano come human rights defenders, investendo tempo, energie e risorse per salvare vite ed evitare violazioni dei diritti fondamentali. Molti di loro (e anche i fondatori del nostro EveryOne Group) hanno subìto aggressioni, inserimento in liste di proscrizione, forme di persecuzione istituzionale. Quando si crede in un’idea, quando il risultato dell’impegno è la vita o anche semplicemente la giustizia, si diventa, con il proprio corpo, un baluardo vivente contro l’avanzata dell’odio e della rabbia.

Per la mia scelta di agire sempre nell’àmbito della società civile e non della politica, non mi sono mai iscritto a un partito. Ho lavorato ad azioni umanitarie con politici dai nomi “importanti”, perché ogni azione a difesa della vita e della dignità dell’altro non può prescindere dall’intervento delle istituzioni. Per ottenere la scarcerazione di un innocente, l’asilo di un richiedente a rischio di persecuzione se rimpatriato; per evitare lo sgombero di un insediamento composto da esseri umani indigenti; per ottenere cure mediche (spesso vitali, come nel caso dei trapianti) a beneficio di chi viene respinto dalla sanità. E per tanti altri progetti civili.

Le Sardine mi entusiasmano, così come la loro componente giovane, che cresce ogni giorno. Credo, tuttavia, che il movimento si trovi già a un bivio fondamentale. Ecco perché è tempo di riflessione e di scelte decisive. Scelte che a volte comportano sacrifici. Pensiamo per un attimo alla Cop 25 di Madrid, la recente conferenza sul cambiamento climatico. Tanti proclami e un’apparente unione di intenti fra governi; tante lodi e tanti applausi per Greta Thunberg, ma un risultato deludente, inconsistente: dopo un’intensa e dibattuta sessione plenaria; dopo 48 ore di trattative supplementari, il nodo del cambiamento climatico è stato rinviato all’anno prossimo. Nulla di fatto, nonostante le migliaia di Fridays for Future in ogni parte del pianeta. Vi è da temere che la bellezza, l’importanza del messaggio di Greta non ottenga alcun risultato e la giovane attivista resti solo l’indimenticabile testimonial di una formidabile illusione. A meno che non acquisisca efficacia istituzionale. Come? Non lo so.

So però che le Sardine hanno acquisito una presenza di grande peso negli equilibri civili/politici del paese e so anche che il loro obiettivo, il nostro obiettivo, non è ipotetico, ma reale, concreto: fermare le ideologie antidemocratiche e antiumane del populismo di destra, opporre la verità alle menzogne propugnate da intolleranti e bugiardi di ogni bordo, resistere in forma nonviolenta contro i rigurgiti di nazismo e fascismo, migliorare l’etica dei media (che sono ormai casse di risonanza per la politica-horror e la politica-spettacolo, mentre si mostrano indifferenti verso quella fondata sulla costituzione e le carte dei diritti umani, che a loro giudizio possiede meno appeal). Ecco perché è mia convinzione - una convinzione che, mi accorgo ogni giorno che passa, condividono migliaia di Sardine - che il movimento debba trovare il coraggio di istituzionalizzarsi, di diventare un partito politico vero e proprio, per capitalizzare gli splendidi, necessari ideali che l’hanno sospinto verso un eventuale consenso politico che oggi si può stimare intorno al 18/20%, ma che crescerebbe nel caso il movimento fosse direttamente presente alle urne, consentendo ai suoi sostenitori di aiutarlo a crescere ancora e soprattutto di diventare istituzionalmente efficace.

I milioni di italiani che ritengono le urne il loro unico vero strumento di cambiamento, presumibilmente non voterebbero in massa “la sinistra” su indicazione dei leader delle sardine. Lo farebbero in minima parte, dimezzando o comunque ridimensionando il potenziale del movimento. Se, al contrario, i giovani e la gente che ha riscoperto la civiltà potessero votare “Sardine”, lo farebbero senza remore, esprimendo così la loro fede in qualcosa che è completamente nuovo, intonso, foriero di speranza. E sarebbero poi vicini al partito-Sardine, con il loro sostegno, l’utilità del loro volontariato, il benefico contagio del loro entusiasmo verso un cambiamento che è possibile, ma in cui non credeva quasi più nessuno. 

 

Roberto Malini, scrittore e difensore dei diritti umani


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