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Fabiano Alborghetti trova Paola Loreto 
Cercando l’oro 36
Paola Loreto
Paola Loreto 
03 Febbraio 2010
 

Prosegue il 2010, tra web e radio. Prosegue anche la nostra rubrica con le tre novità che ancora una volta ricordiamo:

La prima: voci poetiche di sole poete.

La seconda: il gemellaggio con la rubrica La voce di Gwen” in onda ogni sabato su Radio Gwendalyn. La puntata del mese è in onda il sabato successivo l’uscita in web nei microfoni radio e poi disponibile in Podcast.

La terza: l’autrice invitata, oltre ad offrire propri testi, porterà in apertura delle poesie di un autore/autrice particolarmente caro o vicino, spiegando in poche righe il perché di questa vicinanza.

 

 

La nostra seconda e straordinaria autrice per l’anno 2010 è Paola Loreto che sarà in onda per La voce di Gwen (www.radiogwen.ch) il 20 Febbraio (mentre il 13 febbraio avremo Mia Lecomte, apparsa in Cercando l’oro nel mese di Gennaio)

 

 

 

LE POESIE A ME VICINE:


*

Le mani

Vittorio Sereni


Queste tue mani a difesa di te:

mi fanno sera sul viso.

Quando lente le schiudi, là davanti

la città è quell’arco di fuoco.

Sul sonno futuro

saranno persiane rigate di sole

e avrò perso per sempre

quel sapore di terra e di vento

quando le riprenderai.



Perché “Le mani”


Perché è incredibilmente semplice, e intensamente evocativa. Perché suona come puro parlato, eppure è poesia, con i suoi scarti discreti e decisi nell’uso della lingua e con un ritmo invisibile e ineludibile, scandito da anse lente ed approdi, attese sospese e calme risoluzioni. Perché sembra di essere lì, con lui (con loro?). Perché tutto è presente eppure mi ricorda il passato di momenti che vorrei non fossero fuggiti, non fossero così elusivi nella mia mente. Perché le sue immagini e le sue formulazioni mi rivisitano. Perché so cosa voleva dire.

 

 

 

*

There’s a Certain Slant of Light

Emily Dickinson

 

 

There’s a certain Slant of light,

Winter Afternoons –

That oppresses, like the Heft

Of Cathedral Tunes –

 

Heavenly Hurt, it gives us –

We can find no scar,

But internal difference,

Where the Meanings, are –

 

None may teach it – Any –

Tis the Seal Despair – 

An imperial affliction

Sent us of the air –

 

When it comes, the Landscape listens –

Shadows – hold their breath –

When it goes, ‘tis like the Distance

On the look of Death – 

C’è un certo taglio di luce

i pomeriggi d’inverno –

che opprime come il peso

degli inni in una cattedrale –

 

Ci dà una ferita mortale –

Non vediamo cicatrici

ma una differenza interiore

dove sono i significati –

 

Nessuno può mostrarlo – mai –

È il sigillo che la disperazione –

un’imperiale afflizione –

ci manda dall’aria –

 

Quando arriva, le cose ascoltano –

le ombre – trattengono il fiato –

Quando va via, è come la distanza

sul volto della Morte –

 

(traduzione in italiano di Paola Loreto)

 

 

Perché “There’s a Certain Slant of Light”


Perché Emily parla della luce, di un taglio di luce, e lo fa per quattro quartine, descrivendo solamente delle sensazioni, delle impressioni, e alludendo a degli stati d’animo e a delle paure, angosce, profonde, universali, ineludibili.

Perché contiene i suoi ossimori, la sua capacità di nominare l’inverosimilmente vero. Perché vorrei imparare quello scarto minimo ed essenziale nell’uso delle parole, come la “differenza interiore”.

Perché tutti sappiamo cos’è quel certo taglio di luce, in certi pomeriggi d’inverno, ma solo lei è riuscita a farcelo vedere di nuovo, come quando l’abbiamo scoperto per la prima volta, da bambini, e a farci risentire come ci ha parlato del nostro essere creature temporaneamente nel mondo, spettatori silenti, rapiti e sospesi, timorosi, insieme alle cose che ci circondano.

Perché a partire da questa poesia sappiamo che basta un taglio di luce a far sì che le cose non siano più uguali a prima.

 

 

 

LA POESIA DI PAOLA LORETO:

 

 

In visita

 

Nell’angolo lumente

t’intravedo, rara,

liscia la pelle al volto.

Sorridi e non sorridi,

ma mi piaci e plachi

il moto errante del respiro.

S’è quietato, il tuo,

forse per sempre,

ma ti piace – pare –

il dimorare nel velo

sottile dell’assenza.

Non temere ch’io non temo

lo svanire del sentirti

e del saperti chiara

e trasparente d’aria.

 

da L’acero rosso (Crocetti 2002)

 

 

La gabbia d’oro

 

Le volte che ho seguito con le dita

sazie il profilo di una spalla

che conosco, dove l’osso

sbalza appena alla fine

di un declivio lento.

 

Le volte che ho sentito quelle dita

cercare l’osso del fianco dove

amavano posare la mano

nella bella stagione.

 

Non le conto più. Le volte, dico,

che ti ho voluto tanto

da infettarmi il corpo.

Si era riconosciuto, salubre,

in quel tuo passo singolare

e un po’ inclinato.

 

da L’acero rosso (Crocetti 2002)

 

 

Far giornata

 

È stato come

le altre volte. Ho bucato

la nebbia su per il monte

dove gela la pelle in superficie

se sudi. Ho ascoltato

il cuore palpitare

sui sassi.

Mi tenevan compagnia,

come al solito, i corvi.

Volano neri e superiori,

con rare grida improvvide

e molta stasi nel planare.

La sete e la fame hanno

nuove papille, in alto.

E poi c’è il tempo

e la pazienza di calare.

La danza delle anche

che han mangiato il moto.

E poi il riposo: il calore

che emana la carne

asciutta e intenerita.

 

da L’acero rosso (Crocetti 2002)

 

 

La miracolata

 

Vorrei renderti la vita

prima che sia finita.

Doveva essere giornata

di sole chiaro il giorno

in cui mi vidi ritornare

a casa. Nella finestra

del quarto piano erano

apparsi molti più monti

di prima (i morti non si

contano) e mi pareva

di entrare nel salotto

dei signori della Via Lunga.

Quanto tempo ci resta

di guardare? Abbiamo perso

quello che non sapevamo

ma siamo, ancora, in tempo.

L’importante è non cedere

alla luce perché al fondo

di un’iride c’è sempre vita.

Al suolo non è mai finita.

 

da Addio al decoro (LietoColle 2006)

 

 

Impronte

 

Voglio andare dove va il camoscio.

È la strada più dura, lo so.

Potrei anche sparire, lassù.

Ma non c’è vera scelta di vita.

Sono quello che sono e ho una sola

occasione di gioia nel cuore.

 

E se dovessi intuire, nel bosco,

sulla neve, l’ipotesi di un’altra

via, ancora più ripida e alta,

la seguirei, senza tradire e

senza paura di finire dove

sono giunta. Con molto ardore

e nessuna brama, le mie orme

dietro di me, per chi voglia

venire e manchi di coraggio.

 

Val Famada

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

In cucina

 

È come essere pane buono,

quando non hai paura.

Pasta che non tradisce,

farina di grano. Lievitazione

naturale, indotta dall’uomo,

causata dal vento: che soffi o

non soffi è la sorte del suo stato

di grazia, non il tuo. A te tocca

restare: stare come una cosa,

che riposa mentre attende.

Una sostanza che aumenta,

e fermenta la buona speranza.

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

Faccia a faccia

 

È il momento della rosa canina,

impudica e serena nei suoi petali

a ogni evento. Apre le braccia al mondo

senza dire. Non teme il treno,

la pioggia fitta che la finisce

e nemmeno l’uomo. Non sa arrossire.

Mantiene quel colore trasmigrante

di un incarnato invidiabile sotto

qualsiasi luce. Vorrei essere

rosa, tendente al bianco. Vorrei stare

in un punto qualsiasi di un rovo,

al picco della vita e poi finire

cedendo un pezzo di me, intatto, al vento.

Non mi desta stupore la bellezza

appesa a un filo. Lo fa di più

la gioia di sapere che è finita.

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

Il moto della vita

 

Il grembo si prepara al nuovo parto.

Quanto duole. Come si muove tutto

dove non decido io. Amo questo

dolore, questa transizione dalle cose

che stan ferme a quelle che vanno,

che diventano, che so che saranno

e non so cosa. Appoggio una mano

sulla pancia dove appena si gonfia

nel suo segno essenziale. Devo aver cura

del risveglio, del suo lavoro, della fatica.

È la vigilia. Devo custodirla.

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

L’ultima nata: coro

 

Padre che non vedrai mai

Luce, ti perdono. Padre che

mi hai amata, non so come

dove e quando, ti ricordo.

Hai cercato il mio nome

tra mille e l’hai trovato.

Hai pagato il tuo tributo

a una figlia senza dirlo.

Padre che non mi hai

abbandonata, apro le mani

e ti lascio andare. Sorridi

a questo frutto del mio seno

tardivo e accompagnalo

nel deserto, come sei bravo

a fare, tra cardi e sabbia

e oasi di rigenerazione.

A onore della vita

e del vero.

 

Inedito

 

 

Attraversata in quota

 

La lirica è natura.

La stessa che mi abita

se metto con cura

un passo dietro l’altro

sull’aerea e affilata

cresta est del Lyskamm

orientale sul Rosa

che è rosso all’alba

sugli assi e le panche

del ponte, capanna

Gnifetti, tremila

seicento undici

metri di altitudine.

Lo spazio è esiguo tra

due abissi di errore e

non puoi sbagliare: è

la fine del respiro

ispirato di luce

in perfetto equilibrio

tra il bianco e il blu.

C’è solo un istante,

una posa, una dose

di forza e coraggio,

una presa alla picca

e una lucida mente

(chiara di spazio, silente)

per cogliere il moto

che compie la stasi

e la stasi che muove

avanti, in alto.

È un io che risponde

al suono del vento

chi sa come farsi

di pietra sulla pietra

di neve nella neve

d’aria nell’aria

e nota di canto

elevata all’evento,

distinta, adeguata.

 

Inedito

 

 

 

Paola Loreto – Nata a Bergamo, insegna Letteratura Angloamericana all’Università di Milano.

Ha pubblicato L’acero rosso (Crocetti 2002; “Premio Tronto” 2003), Addio al decoro (LietoColle 2006, “Premio Calabria-Alto Ionio” 2007), La memoria del corpo (Crocetti 2007; “Premio Alpi Apuane” 2008), una silloge di poesie sulla montagna (“Premio Benedetto Croce” 2003), la plaquette Spiazzi dell’acqua (pulcinoelefante, 2008) e numerosi testi in rivista (ClanDestino, Ciminiera, La mosca di Milano, La colpa di scrivere, Wordtheque-Scripta Manent).

Oltre ai premi assegnati ai suoi libri di poesia, ha vinto il premio “Un fiore di parola”, per poesia inedita, ed è stata segnalata al “Premio Montale” e al “Premio Edda”; ha ottenuto inoltre il Secondo Premio nel Concorso Letterario di narrativa “Roma nel Novecento”, ed è stata poète en residence del Centre de Poésie et Traduction della Fondation Royaumont (Parigi).

Nel 2005 e nel 2008 ha curato il “LucaniaPoesiafestival”.

Fa parte della giuria del “Premio San Pellegrino”, del premio “Città di Legnano-Giuseppe Tirinnanzi” e del premio “Subway-poesia”.

Come studiosa è autrice, tra l’altro, di due libri sulla poesia di Emily Dickinson e di Robert Frost e ha tradotto Emily Dickinson, William Carlos Williams, Richard Wilbur e Philip Levine.

Collabora a Poesia e a varie riviste di studi americani italiane e straniere.


Fabiano Alborghetti

 

 

Puntata registrata “La Voce di Gwen” >> La Voce del Corpo

 



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