“Crisi economica o crisi politica”.
Quale democrazia?
Vivere l’attuale crisi deve poter significare anche capirne le origini, le cause, uscendo dall’agone delle falsità e delle ipocrisie. Il mondo è stato catapultato dentro una crisi che viene limitata alla sua natura economica, mentre si tratta di una crisi politica, provocata dalla crisi del capitalismo.
Periodicamente il capitalismo entra in crisi per rinnovarsi, ma in questa circostanza la crisi è stata rimandata artatamente fino a diventare crisi del sistema e crisi della politica, perché si tratta di irrevocabile crisi di questa democrazia diventata selettiva e scivolata nel liberismo e nella esclusiva logica del mercato.
La democrazia genera, produce e favorisce il capitalismo, la logica del mercato, e l’economia della finanza, trascurando l’economia del lavoro che si trasforma in merce reperibile nel mercato dello sfruttamento. Ma quando il capitalismo si è affermato, allora rinnega la democrazia e afferma l’autoritarismo a tutela degli interessi di quei pochi che detengono le leve del nuovo potere dell’economia.
Emerge l’avidità di pochi che soffocano le esigenze dei moltissimi; riemerge il neo-colonialismo non più politico bensì economico che sottrae alle fasce più deboli e ai popoli più impreparati anche il diritto all’indispensabile. La reazione, pur se legittima, viene identificata come “terrorismo” e combattuta con mezzi sproporzionati, adibiti a terrorizzare le popolazioni e non a vincere una impari lotta. Il terrore delle popolazioni, bombardate nei luoghi di civile convivenza, mercati, moschee, scuole, viene interpretato come l’arma vincente degli aggressori che recitano la loro litania come un ossessivo ritornello.
Ecco l’ultimo ritornello: lotta al terrorismo per la democrazia, ma quale democrazia?
Quella che si fonda sullo sfruttamento della forza lavoro, che impoverisce il proletariato erodendogli progressivamente la sanità, le pensioni, il livello di vita attraverso l’intensificazione della giornata lavorativa e la diminuzione del potere d’acquisto; che garantisce per il futuro soltanto disoccupazione e precarietà?
Quella democrazia che si propone militarmente sulla scena internazionale come feroce predatrice delle materie prime strategiche?
Che usa il terrorismo sino a che è coincidente con i propri interessi e lo combatte solo quando gli obiettivi non coincidono più?
Che si propone come fautrice e garante del liberismo economico pretendendo l’abbattimento delle barriere ai suoi capitali e alle sue merci, mentre pratica il protezionismo all’interno del suo mercato?
Che blatera di concorrenza sleale nei confronti di quei paesi che hanno un costo del lavoro molto più basso, senza sindacalizzazione e tutele della forza lavoro, per poi rincorrere quelle stesse situazioni attraverso la delocalizzazione della propria produzione e dell’investimento dei suoi capitali?
Quella democrazia che impone ai paesi arretrati, attraverso il Fmi, politiche virtuose come le priva-tizzazioni, bilanci pubblici positivi, restrizioni d’ogni sorta verso i lavoratori, e contemporaneamente si esprime economicamente con una serie impressionante di deficit che la porrebbero al di fuori di qualsiasi contesto sociale internazionale?
Una democrazia che si permette il lusso, in nome dell’antiterrorismo, di praticare le azioni più odiose e violente nei confronti delle popolazioni civili dei paesi che invade, consentendo ai propri militari di praticare qualsiasi atto di violenza, torture, pulizia etnica e terrorismo, senza dover rispondere ai tribunali penali internazionali, perché i soldati americani possono rispondere solo alla magistratura civile americana o al suo corrispettivo militare?
Quella democrazia che, non firmando gli accordi di Kyoto, per altro molto blandi, contribuisce ad inquinare il mondo ma che non vuole pagare dazio perché troppo elevato per la competitività delle sue imprese?
Quella democrazia che rincorrendo i suoi interessi e gestendo in campo internazionale le sue contraddizioni, sta trasformando il mondo in uno scenario di guerre e di barbarie infinita?
Rosario Amico Roxas
(continua)