Ringo*
Ringo nasce nella primavera del 1964. Il mio amico Ugo G. me lo porta in officina in via Pirzio Biroli a Ciampino (la mia prima officina di 145 metri quadrati), me lo mette fra le braccia e mi dice di aver consegnato la cucciolata ad altri amici e che quel cane lupo di colore nero con qualche macchia grigia era l’ultimo. Le raccomandazioni di Ugo furono le seguenti: “È tuo, curalo e fallo crescere”. La madre di Ringo era andata a finire sotto un camion il giorno prima. Ringo poteva avere dieci giorni, pertanto c’erano grossi problemi per l’alimentazione. Presi subito una cassetta della frutta, la imbottii di stracci e ne feci una cuccetta. Poi mi organizzai con un biberon, latte e qualche biscotto.
Io avevo trentadue anni, sposato e con un figlio di un anno, già imprenditore con tutti i problemi di quelli che vogliono operare per loro conto.
Finisce la giornata di lavoro, do da mangiare al piccolo Ringo e vado a casa. Passano un paio d’ore e arriva mia madre (che abitava nei pressi dell’officina) la quale mi dice che sentiva piangere il cane e che lo dovevo immediatamente portare via perché lei non poteva dormire. Velocemente mi recavo in officina dopo aver cercato di calmare mia madre dicendole che il cane era piccolo, spiegandole che la madre era morta ma lei mi disse: “Portalo via, buttalo via tanto è un cane” e che assolutamente non lo voleva sentire.
Presi la cassetta con questa creatura e me la portai a casa. Ringo era meraviglioso, bastava che sentisse la mia presenza e si calmava.
Per parecchi giorni e parecchie notti andammo avanti così: latte, biberon e carezze, qualche biscottino, una minestrina. Intanto Ringo cresceva, e cresceva anche mio figlio. Giocavano assieme, Ringo gli leccava le guance, cadevano per terra, poi correvano, poi si rotolavano, insomma era un crescere bene per loro due ed io ero contento.
Nel 1967 realizzo uno dei miei sogni. Acquisto un terreno più grande, costruisco un capannone di 500 metri quadrati alla periferia di Roma con un piazzale grande il doppio.
Mio figlio ha cinque anni, Ringo ne ha tre, affiatamento totale, spazio in abbondanza, insomma tutto perfetto.
Mia moglie, non amante degli animali, ogni giorno con il mio aiuto preparava un bel pappone con pasta e pane ben condito; Ringo cresceva, un bel cane lupo bravo, sensibile, affettuoso, possente. Stabilisce il suo territorio, officina e piazzale, difficilmente usciva dal cancello sempre aperto e dal recinto.
Passa il tempo, Ringo comincia a creare i problemi di tutti i cani di taglia superiore alla media, attaccandosi con gli altri cani per stabilire la propria supremazia sul suo territorio fino ad arrivare alle liti feroci.
Ringo, obbediente, quando usciva dal cancello attraversava la strada con prudenza ed io non riuscivo capire dove andasse; poi scoprii che faceva un percorso nei campi senza avvicinarsi alle abitazioni, restava fuori circa mezz’ora, osservava con calma tutto il territorio, annusava dappertutto, faceva i suoi bisogni e poi con tranquillità rientrava nel piazzale, sempre nello stesso punto, per lui una postazione ideale per il controllo dei suoi spazi.
Uscendo dal piazzale Ringo costeggiava la recinzione della nostra proprietà e attraversava in corrispondenza di un altro cancello sempre aperto da cui potesse vedermi, perché era mia abitudine controllare dove lui andasse. Si fermava, mi guardava con attenzione fino a quando io non gli davo il consenso di andare. Se lo guardavo restando in silenzio proseguiva nel suo percorso, se gli facevo un cenno col braccio tornava indietro lentamente e quando mi arrivava vicino con i grandi occhi mi fissava come per dirmi “eccomi, sono con te”.
Sono passati tanti anni, quasi mezzo secolo, gli occhi del mio Ringo ancora li vedo.
Ringo è morto nel 1978 ed io per parecchi giorni rimasi in silenzio. Ed oggi che tanto tempo è passato da quando il mio amico mi consegnò il cucciolo riprovo le stesse sensazioni ed emozioni d’allora.
Mi ero preso l’impegno di farlo crescere bene e difenderlo fino alla fine e questo risultato c’è stato. Ringo è morto di vecchiaia, gli ultimi giorni non sollevava più le zampe posteriori ma le trascinava a terra.
Ringo per quattordici anni mi ha aspettato all’ingresso dell’officina e mi veniva incontro con salti di gioia, esuberante. Fino alla fine della sua vita non ha mai smesso di venirmi incontro, anche se negli ultimi tempi lo faceva con fatica trascinando le zampe sull’asfalto.
Il mio cane, come tutti quelli di grossa taglia, mi ha spesso creato problemi seguendo la sua natura di guardiano del territorio. Due volte sono andato al canile di Roma subendo degli addebiti economici secondo me esagerati. Due volte sono andato in Pretura con il rischio di essere condannato penalmente, ma sono riuscito a difendere sia me che Ringo, un essere di estrema fedeltà e intelligenza. Quando fu preso dall’accalappiacani dissi a Ringo che era impaurito e anche aggressivo e mi guardava negli occhi come io facevo con lui: “Stai tranquillo, ci sono io”.
Adesso Ringo si trova in via Placanica, 171, in una fossa scavata da un mio ex dipendente che si chiama Mariano.
Grazie mio cane, che mi hai fatto anche piangere.
Maria Lanciotti
* Storia vera raccontata all’autrice da Augusto L., fondatore nel 1957 di un’importante Azienda del Lazio.