A Cuba i minori di diciotto anni non possono lasciare il paese perché «sono figli della rivoluzione», ma sembra che questa madre snaturata abbia smesso di proteggere i suoi figli, visto che la donna cubana è la prima risorsa naturale da sfruttare per il regime. Ogni volta che sono andato all’Avana ho cercato di intervistare una jinetera per sapere che cosa pensa della vita che conduce. Una jinetera non è una prostituta tout court, la traduzione letterale del termine sarebbe cavallerizza e indica le ragazze che frequentano stranieri per un certo periodo di tempo, sfruttando al meglio la situazione. Esiste anche il corrispettivo maschile di jinetero che contraddistingue l’uomo che si accompagna a donne straniere in cerca di avventure. In ogni caso si tratta sempre di una forma di prostituzione e non credo che molte donne facciano questo mestiere per puro piacere. La molla è quasi sempre la necessità economica. A Cuba il fenomeno prolifera da anni e ne è responsabile la dollarizzazione di fatto dell’economia (il peso convertibile non è altro che un dollaro mascherato) che non permette di vivere con uno stipendio pagato in pesos. In questo paradiso socialista non esiste la proprietà privata, ma si obbligano le ragazzine a sfruttare il loro corpo, l’unico bene che possiedono per mantenere la famiglia.
Non è stato facile realizzare questa intervista perché le jineteras sono perseguitate dal governo e dopo le leggi moralizzatrici emanate nel 2004 è molto difficile incontrarle per strada. Si sono rifugiate nelle case private ed esercitano la professione di nascosto, mentre altre sono state internate nei campi di prigionia e lavoro per essere rieducate alla morale socialista. Il problema più grande è convincere una jinetera a rilasciare un’intervista per la stampa straniera. Ci riesco grazie a un amico cubano che mi procura un appuntamento con una ragazza molto giovane, fine nei modi e vestita con abiti sportivi. Ha l’aria trasognata e sorridente di una normale ragazzina che frequenta le scuole superiori. Non sembra proprio una prostituta, almeno non una di quelle che si incontrano in Italia. Per prima cosa le dico che non dovrà prestare nessun servizio sessuale, ma solo rilasciarmi un’intervista che verrà pubblicata in Italia. La ragazza sgrana i suoi grandi occhi castani in un’espressione dolce e malinconica. Pare preoccupata. Le confermo che sarà pagata come se avesse fatto il suo lavoro e che nessuno – fuori o dentro Cuba – potrà obbligarmi a identificarla. Ci accordiamo che la chiamerò Claudia ed è così che la ragazza comincia tranquilla a raccontare la sua storia.
– Quanti anni hai?
Diciotto.
– Come hai cominciato questa attività?
Ho iniziato a quindici anni, quasi senza sapere quello che facevo. Un giorno mi trovavo in una discoteca, quando un turista mi si è avvicinato e mi ha offerto una bella somma di denaro per venire a letto con me. Io avevo bisogno e ho accettato.
– Quanto ti ha offerto?
Cento dollari USA. Mi ha sorpreso la quantità perché è l’equivalente di duemilasettecento pesos cubani. Tu considera che lo stipendio medio di un professionista si aggira attorno ai ducentosettanta pesos mensili (dieci dollari). In una notte ho guadagnato quello che guadagnerebbe un professionista in dieci mesi.
– La tua famiglia è a conoscenza della vita che fai?
No, non lo sanno.
– Il denaro che porti a casa come lo giustifichi?
Una volta ho avuto un fidanzato fisso e la mia famiglia ha saputo di lui, perché mi era sembrato una persona seria che voleva davvero avere una relazione con me. In questo modo mia mamma è venuta a sapere che frequentavo stranieri.
– Era straniero anche questo fidanzato?
Sì.
– Come andarono le cose con questo fidanzato che aveva buone intenzioni? Come cominciò la relazione?
Lo conobbi camminando per strada. Lui mi proposte di andare a cena fuori e subito dopo a ballare. Ci siamo conosciuti meglio, stavamo bene insieme e lui una volta mi disse che voleva stare sempre con me. Era uno spagnolo benestante in visita a Cuba.
– Cosa successe dopo?
Dopo un mese non mi chiamò più. Non ho più saputo niente di lui.
– Cosa provavi per il tuo fidanzato straniero? Eri innamorata di lui?
Non è facile dirlo. Io stavo bene con lui, perché era una brava persona, però non c’era amore, né provavo soddisfazione a far sesso. Io stavo bene con lui perché mi risolveva i problemi.
– L’età media dei fidanzati che hai avuto - non li chiamiamo clienti ma “fidanzati di circostanza”- era molto alta?
Dai quaranta ai sessanta anni.
– Tutti stranieri?
Sì.
– Conosci molti casi di questi “fidanzati di circostanza” stranieri che si sposano con cubane?
Sì, e le portano via da qui. Vanno in uno studio legale governativo dove con mille dollari si sposano, poi preparano i fogli per il visto di uscita. Il prezzo dipende dal paese, può variare dai cinquecento ai mille dollari. Tu pensa che un matrimonio tra cubani costa tre o quattro dollari. Il nostro matrimonio con uno straniero è un affare anche per il regime. Lo straniero può portare via le donne da Cuba pure senza sposarsi, facendo una carta di invito. Il prezzo in questo caso oscilla da mille a tremila dollari, dipende dal paese. È come il prezzo che pretende il governo per vendere una schiava sessuale.
– Hai avuto fidanzati cubani della tua età?
Sì.
– Sapevano niente della vita che facevi?
Uno lo ha saputo.
– E lo accettava?
In un certo senso lo accettava. Non mi ha mai chiesto di farlo, però mi lasciava libera di andare con gli stranieri e in un certo senso la situazione conveniva pure a lui.
– Se Cuba fosse diversa, se tu avessi un lavoro retribuito in dollari, faresti la jinetera?
Certo che no! Il mio fidanzato lavorava, ma il suo salario era di duecento pesos al mese che non servono per comprare neppure la roba da mangiare per una settimana.
– Aiuti in casa o utilizzi il denaro che guadagni solo per te?
Quando posso aiuto.
– Tu credi che i tuoi genitori sappiano tutto e che tacciano per quieto vivere?
Mia mamma una volta ha saputo ed è stata male di nervi per questo. Sono scappata di casa e ho smesso di prostituirmi per un po’ di tempo, però la necessità mi ha spinto a farlo ancora.
– E tuo padre?
Mio padre è negli Stati Uniti. Vivo con mia madre e mia sorella.
– Hai contatti con tuo padre negli USA?
Sì, lui sta cercando il modo per portaci là con lui.
– Cosa pensi dei tuoi fidanzati stranieri?
Sono persone di mezza età che cercano una ragazza giovane per soddisfare le loro necessità come uomini.
– Provi risentimento nei loro confronti?
No, verso di loro no. Penso che se cambiasse il sistema, se io potessi lavorare e avere un salario dignitoso per poter comprare le cose che mi servono, non avrei mai cominciato con questa attività. Il mio risentimento è nei confronti del regime. Quando passo davanti a una bodega (negozio per cubani in moneta nazionale - nda) non c’è mai niente, invece negli shopping (negozi del governo che vendono in pesos convertibili – nda) trovi di tutto a prezzi inaccessibili. Sono giovane e mi piacerebbe vestirmi bene, avere dei profumi, essere presentabile. Non voglio essere milionaria e non voglio comprare cose inutili, ma qui manca tutto, persino le scarpe e i vestiti… Il regime ci obbliga a cercare di possedere moneta convertibile… perché se i cubani riscuotono salari che non servono a niente che senso ha esporre oggetti che nessuno si può permettere?
– Pensi che il turista venga espressamente a Cuba per approfittare della situazione sociale?
In parte sì.
– Ti senti perseguitata dal governo?
La polizia ti vede in compagnia di uno straniero e ti ferma. Ti portano alla centrale. Ti fanno una carta di avvertimento e quando ne hai avute diverse ti mettono in galera per un tempo che po’ variare dai due ai quattro anni.
– Ti hanno mai fatto una carta di avvertimento?
Sì, una volta.
– Cosa successe?
Ti tengono in cella per i giorni che servono a investigare sul tuo conto. Ti fanno le analisi del sangue e dopo ti liberano. Dopo la terza carta di avvertimento finisci in carcere.
– Come ti presero?
Volevo entrare in una discoteca dove vanno i turisti. Per entrare chiedono la carta di identità e annotano il nome. Se una ragazza c’è stata molte volte, già questo basta per farti avere una carta. Ma si può ricevere una segnalazione anche solo se ti trovano in spiaggia con uno straniero. Non solo. Pure andare all’aeroporto a salutare uno straniero comporta una segnalazione di avvertenza. Non importa se la donna in questione è una jinetera o meno, basta che la polizia ti sorprenda a fare una di queste cose. Alla terza vai in prigione.
– Lo straniero riceve multe o annotazioni?
No, niente di tutto questo. Di fatto il governo non ci accusa di prostituzione, ma di «assedio al turismo».
– Cosa pensi di questo tipo di accusa?
Che è ridicola. Noi non assediamo nessuno. Sono i turisti che ci cercano. Non prendiamo per il collo le persone e non le obblighiamo a fare niente che non vogliono fare.
– La polizia ti ha mai chiesto qualcosa per liberarti?
A me no, ma a mia sorella sì. Vollero far l’amore con lei…
– Come ti contattano i tuoi amici turisti?
Chi mi conosce mi chiama per telefono. Se no il contatto può avvenire ovunque e in modo casuale, camminando per strada, in una casa privata, a bordo di un’auto a noleggio dopo aver ricevuto un passaggio…
– Quante amiche hai che fanno la tua stessa vita?
Almeno tre.
– Cosa vorresti fare nel futuro? Pensi di sposarti con uno straniero che ti porti via da Cuba?
No, non è questa la mia aspirazione. Vorrei andare via con mio padre. Vorrei vivere con la mia famiglia, studiare, avere una carriera lavorativa in un altro paese con un sistema sociale diverso.
– Quante persone conosci che vorrebbero incontrare uno straniero che le porti via da Cuba?
Tantissime. Sono la maggior parte delle cubane. E anche gli uomini non sono da meno…
– Credi che realizzino i loro obiettivi o che siano soltanto sfruttate?
La maggior parte sono sfruttate, ma molte trovano un uomo che fa per loro e se ne vanno.
– Cosa vuoi dire a questi “fidanzati di circostanza” tra i quaranta e i sessanta anni che vengono a cercare le giovani donne cubane?
Che ci trattino come le donne che siamo, perché nonostante quello che facciamo, siamo sempre donne, che ci rispettino e che rispettino i nostri sentimenti. Pure noi abbiamo dei valori e se ci prostituiamo la colpa è solo del regime.
– Credi che il governo dovrebbe ringraziarvi per la maggior parte della valuta pregiata che entra nel paese?
Sì. Il governo è al corrente che la maggior parte degli stranieri viene a Cuba perché sanno che qui molte donne sono disposte ad andare a letto con loro per denaro, perché non ne possiedono.
– Come ti senti da cittadina cubana nei confronti dello straniero?
Noi cubani veniamo maltrattati ogni giorno. Non possiamo entrare negli hotel, nei ristoranti, nelle spiagge e in tutti quei luoghi dove vanno i turisti che possiedono denaro. Ci calpestano come se fossimo niente, perché siamo cubani e non abbiamo soldi. Ci trattano molto male e io provo una grande rabbia. A volte sento che sono nata in un posto strano perché non vengo rispettata come cittadina, come persona, come donna, come cubana. Vengo discriminata nella mia stessa terra, mi calpestano, mi fanno sentire molto male. Praticamente tutte le leggi promulgante dal governo sono contro i cubani.
– Cosa pensi di Fidel Castro? Dimmi quello che vuoi dire, bene o male, quello che senti davvero…
(La ragazza fa un gran sospiro prima di parlare) Per un verso lo ammiro perché è stato così intelligente da tenere un popolo sottomesso per tanti anni. Ha inventato un regime che ha eliminato ogni voglia di lottare nelle persone. Per un altro verso lo odio con tutto il cuore. Non fa emancipare i giovani. Le scuole sono gratuite, va bene, ma per cosa? Abbiamo un’educazione e una cultura, abbiamo gli ospedali, ma che altro? Non abbiamo niente altro. Immaginati un cubano che guadagna ottanta pesos, duecento o trecento quando va bene (dai quattro ai quindici dollari - nda). Cosa può fare? Comprare da mangiare per quanti giorni? Una settimana, se fa molta economia. Se lo stipendio deve mantenere due o tre persone, una famiglia normale, non basta nemmeno per un giorno. E allora finisce che il popolo cubano vive inventando e Fidel Castro cerca di ostacolare questa inventiva della sua gente, cerca di legarti e di non farti muovere. Molta gente soffre la fame per causa sua, perché non tutti hanno il coraggio di inventare andando contro le leggi.
– Cosa pensi quando il governo cubano ti accusa di «assedio al turista»?
Penso che il governo considera il turista una vittima. E invece le vittime siamo noi, ma di questo sistema meraviglioso che mi obbliga a fare la prostituta per vivere. Io vorrei dire a Fidel Castro che se faccio quello che faccio è solo per colpa del suo regime. Parecchia gente ormai è contro di lui e se non agisce è solo per paura. Tutte quelle persone che lo applaudono nelle piazze ci vanno solo perché al lavoro vengono obbligati a farlo. Se no passerebbero dei guai e perderebbero una carta speciale che danno ai lavoratori per comprare alimenti a prezzo ridotto. Gli studenti che vanno in piazza a gridare forse non hanno nemmeno fatto colazione, ma vanno lo stesso perché in caso contrario sarebbero respinti a scuola e non potrebbero diplomarsi. Questi sono i metodi che Fidel utilizza perché queste persone facciano vedere al mondo che quando lui parla tutto il popolo lo applaude.
– Ma tu lo sai che la scuola e l’assistenza sanitaria sono gratuite anche nella maggior parte dei paesi dell’America Latina?
Non lo sapevo. Il governo dice che siamo l’unico paese al mondo…
– Di cosa ringrazi Fidel Castro?
Lo ringrazio per la pace (ma l’intervistata non ricorda i morti della guerra di Angola, forse è troppo giovane – nda) che ci ha regalato, rispetto alle guerre che travagliano altri paesi.
Saluto e ringrazio Claudia che è stata molto disponibile e adesso credo di avere le idee ancora più chiare sulle grandi conquiste della rivoluzione cubana. La nostra traballante democrazia italiana al confronto diventa il paradiso dei sistemi sociali. Resta una domanda che mi pongo da tempo. Perché i turisti che vanno a Cuba con il solo scopo di fare turismo sessuale non vengono condannati dal governo? La risposta è semplice e ce l’ha data Claudia con le sue parole. Arrestare i turisti che vanno sull’isola per motivi sessuali vorrebbe dire far terminare il turismo a Cuba e il regime non saprebbe più di cosa vivere. Si può arrestare una jinetera o un jinetero e si possono mettere in galera per molti anni, ma uno straniero che molesta una minorenne o che paga per ricevere prestazioni sessuali è intoccabile. Eppure la prostituzione è un reato e in ogni paese civile viene punito chi la esercita, chi la sfrutta e anche il cliente. A Cuba no. A Cuba il governo non incrimina le ragazze per prostituzione ma ha inventato la ridicola accusa di «assedio al turista». La maggior parte delle donne cubane lottano giorno dopo giorno e non pensano nemmeno lontanamente a prostituirsi per risolvere i problemi della famiglia, però si calcola che ci sono almeno centomila prostitute e altrettanti uomini che esercitano la stessa attività. Tutto questo è merito della rivoluzione cubana (scusate ma la lettera maiuscola mi viene male) che sopravvive sfruttando la prostituzione dei suoi figli.
Spero solo che adesso non venga fuori qualcuno a dire che esiste il problema della prostituzione anche nella Repubblica Domenicana, in Argentina, in Cile, in Perù e persino in Italia. Tutto vero. Però non esistono governi che vivono sfruttando l’esistenza della prostituzione e soprattutto che puniscono soltanto i loro cittadini salvaguardando sempre lo straniero.
Gordiano Lupi