Il disegno di legge Bagnasco-Calabrò sul testamento biologico, approvato dalla Camera, è per la Chiesa italiana una vittoria clericale ma anche un “peccato” di cui dovrà pentirsi in futuro
La crisi dei mercati, la manovra economica e i continui scandali stanno offuscando, agli occhi dell'opinione pubblica, l'approvazione, oggi, del disegno di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (testamento biologico). Ma la gravità di questa delibera rimane.
Questo testo disattende il paragrafo 2278 del Catechismo della Chiesa Cattolica, se correttamente interpretato; propone, considerandole “non negoziabili” soluzioni del tutto diverse da quelle accettate da altre realtà ecclesiastiche (per esempio dalla Chiesa cattolica tedesca); è in evidente contraddizione con l'art. 32 della Costituzione; impedendo la libera decisione del paziente sulle modalità del proprio fine-vita non tiene in considerazione l'opinione di segno contrario, consolidata nel tempo da ripetuti sondaggi, del 76% degli italiani; non accetta la, ormai da tempo praticata, “rivoluzione del consenso informato” caricando così di troppa responsabilità di decisione il personale sanitario che, in maggioranza, non condivide queste norme; crea le condizioni perché il fine-vita non sia “naturale” (aggettivo usato dai vescovi) ma “innaturale”, prigioniero di interventi medici come l'idratazione e l'alimentazione in casi di mancanza permanente di coscienza permanente che sono ritenuti, dalla totalità delle società scientifiche, cure mediche (e, in quanto tali, vero e proprio accanimento terapeutico) e non trattamenti di sostegno vitale (come invece dice il disegno di legge).
Le massime gerarchie ecclesiastiche, ossessionate in modo immotivato da possibili «derive di tipo eutanasico» (espressione del Card. Ruini), con la volontà di una rivincita politica rispetto al caso Englaro, prigioniere di una visione ideologica della realtà dell’inizio e della fine della vita, hanno organizzato su questa questione una vera e propria campagna in Parlamento (e fuori); essa è in diretta contraddizione di un corretto rapporto tra la Chiesa e le istituzioni della Repubblica tanto che questa legge appare ed è una legge voluta e poi votata per ordine delle autorità ecclesiastiche. Per questo la chiameremo legge Bagnasco-Calabrò.
Soprattutto i vescovi non sono stati e non sono, in questa vicenda, portatori per il Popolo di Dio, e per la più generale opinione pubblica, del messaggio cristiano sulla morte come consapevole e accettato momento conclusivo della vita e apertura ad un nuovo futuro di serenità e di gioia.
Roma, 12 luglio 2011
NOI SIAMO CHIESA
PS: Tutti i giudizi di merito espressi in questo comunicato sono ampiamente motivati nel testo di Noi Siamo Chiesa del 4 marzo 2011.