Avviato il conto alla rovescia, fra poco si saprà l'esito dello scontro fra i dimostranti avversi alla Riforma Gelmini e lo Stato. Una fisiologica, almeno in democrazia, espressione sociale del dissenso è stata esasperata in un braccio di ferro tra buoni e cattivi. A demarcare il giusto dal non giusto, una linea rossa tracciata a tavolino. Una barriera che però non difenderà i più vulnerabili. Questa classe dirigente, cui non bastano più scorte armate e corsie privilegiate, ha infatti scelto di proteggere i palazzi del potere a scapito di quelli delle arti e del tessuto cittadino. Isolatasi dalla società civile, innesca ordigni che mutileranno le esistenze di altri.
Domani gli altri saranno coloro che lavorano nella capitale, impiegati, commercianti, ambulanti. Le famiglie che abitano nel centro di Roma, i bambini, gli anziani soli. I cittadini che in strada protesteranno ed i cittadini chiamati a contenerli, senza se o ma. Un variegato amalgama umano, storie di vita diverse in apparenza, ma più simili di quanto si creda. Ad oltre quaranta anni di distanza Pier Paolo Pasolini non scriverebbe i versi stesi all'indomani di Valle Giulia, oggi che i fronti opposti e lo stesso pubblico spettatore, vestiti delle rispettive divise, appartengono ad un'unica classe massa. Fanno parte cioè di quel novanta per cento degli italiani che detiene appena il cinquanta per cento della ricchezza del paese, una maggioranza che non potrà permettersi di comprare i servizi che lo Stato non dovrà più garantire a tutti.
Siamo infatti passati dalla ricerca della liberalizzazione sociale abbattendo i privilegi di poche categorie, contro cui si scatenarono furibondi interessi particolari, alla mera distruzione di diritti e tutele. L'equilibrio ambientale, la stabilità di uno scenario che frutta preziose rendite, prevale sugli individui che vi si muovono; si sacrifica la persona in favore del contenitore, forse per assenza di idee. I lavori a scapito dei lavoratori, la maternità delle madri, a scuola degli studenti.
Domani a scendere in piazza saranno soprattutto i figli dei poliziotti, degli impiegati e dei bottegai e se le cassandre avranno profetizzato il vero, si compirà un'altra strage in famiglia. Perché ciò che più teme questa classe dirigente è che le parti contrapposte abbiano tempo e lucidità per guardarsi in faccia e, parlandosi, riconoscersi drammaticamente simili.
Marco Lombardi
IL “FALLO DI CONFUSIONE”
Aggiornamento del 22 dicembre 2010
Decidendo di annullare l'approvazione dei quattro emendamenti PD e IdV al disegno di legge “Gelmini”, al Senato si è inventata una fattispecie regolamentare su cui molti ironici calciofili ironizzano da sempre: il fallo di confusione. Interessante la motivazione ufficiale a sostegno di ciò: “i senatori non sapevano cosa stavano votando”. Alla luce di questa affermazione, e credo non peccar di qualunquismo, mi domando allora quante leggi andrebbero rivotate.
Marco Lombardi