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All’Eliseo di Roma “Copenaghen” di Frayn per tre grandi della nostra scena Lojodice, Orsini e Popolizio
20 Maggio 2010
 

Fino al 23 maggio è in scena al Teatro “Eliseo” Copenaghen di Michael Frayn: un testo attuale e appassionante affidato nell'edizione italiana a tre grandi interpreti, Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice e diretto da Mauro Avogadro.

Copenaghen, come l’ha definito il regista Mauro Avogadro, è «un processo privato a porte chiuse»: i due protagonisti maschili, Niels Bohr e Werner Heisenberg, sono due delle più brillanti menti scientifiche del XX secolo. E la questione nodale della pièce è trovare finalmente un senso all’incontro che nel settembre 1941 li vide faccia a faccia nella capitale danese, mentre attorno a loro infuria la Seconda guerra mondiale.

Ma ancora oggi, quando gli spiriti di Bohr, di Heisenberg e di Margrethe, la moglie di Bohr, tornano a rivivere i momenti cruciali di quella notte fatale, molti degli interrogativi di allora sembrano restare irrisolti, “indeterminati” come l’omonimo principio fisico che lo stesso Heisenberg enunciò per primo. Ma allora: perché Heisenberg, il fisico Premio Nobel che diresse le ricerche tedesche per la bomba atomica, si recò a Copenaghen per incontrare il suo vecchio mentore, il fisico Niels Bohr, un ebreo danese, cittadino scomodo in una Copenaghen occupata dai nazisti?

Heisenberg si recò effettivamente a Copenaghen nel 1941, probabilmente andò a cena dai Bohr, e probabilmente i due uomini uscirono a passeggiare per sottrarsi a ogni possibile microfono. La questione di cosa essi si dissero veramente è stata discussa ancora di più, e dove nella commedia c’è ambiguità su ciò che accadde, è perché ce n’è nel ricordo degli stessi personaggi è ambiguo. Congetture ancora più azzardate sono state dedicate alla questione di ciò che Heisenberg sperava di ricavare dall’incontro. Tutte le ipotesi e spiegazioni che emergono nella commedia, tranne forse quella finale, sono tutte state effettivamente esposte a varie riprese, in una forma o in un'altra.

Più ansioso di tutti che si stabilisse una versione in qualche modo concordata dell’incontro, era proprio lo stesso Heisenberg. Egli fece davvero ritorno nel 1947 insieme con la sua guardia del corpo inglese, Ronald Fraser, e tentò di trovare con Bohr un terreno comune sulla questione. Ma si rivelò un compito troppo delicato, e (secondo Hiesenberg, perlomeno, nei suoi ricordi) «decidemmo che sarebbe stato meglio smettere di disturbare gli spiriti del passato».

A questo punto il testo di Frayn si allontana dai dati storici, supponendo che anni dopo - quando tutte le persone coinvolte sono esse stesse ormai diventate spiriti del passato - i due protagonisti si ritrovino a discutere ulteriormente la questione, fino a raggiungere una migliore comprensione dei fatti. Proprio come avevano fatto tante volte in vita, con le difficoltà intrattabili dei comportamenti interni dell’atomo.

 

Il resoconto dei programmi tedeschi e americani per la bomba, e quello della Commedia affascinante per l’originalità dei temi e della struttura, Copenhagen è quasi un “processo privato” a porte chiuse. Porte che di continuo si aprono proiettando i personaggi verso luoghi ed azioni del passato. Luoghi mentali, forse, ma per noi tutti reali: la bomba atomica, il genocidio, la funzione positiva, e al tempo stesso pericolosa, della scienza. Copenhagen offre la possibilità di proporre, citando Montale, «un tempo fondato sul valore delle parole» e non sui trucchi dell’arte spettacolare. Operazione ancor oggi, e forse per molto tempo ancora, addirittura inimmaginabile in Italia. Come particelle dell’atomo, che si incontrano e si scontrano, i tre personaggi al centro dell’opera cercano di dare un senso alle azioni della loro vita, vittime anch’essi di quel «nucleo finale di indeterminazione che sta nel cuore delle cose». Indispensabili, quindi, tre interpreti d’eccezione; vale a dire, tre attori che “eccezionalmente” abbandonino le loro certezze interpretative per affrontare un testo “senza modelli”.

 

Copenaghen

di Michael Frayn

traduzione Filippo Ottoni, Maria Teresa Petruzzi

 

Personaggi e interpreti

Margrethe Bohr - Giuliana Lojodice

Niels Bohr - Umberto Orsini

Werner Heisenberg - Massimo Popolizio

 

regia Mauro Avogadro

scene Giacomo Andrico

costumi Gabriele Mayer

luci Giancarlo Salvatori

musiche Andrea Liberovici

CSS Teatro stabile di innovazione del Fvg

ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 19 maggio 2010)


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