Nata in una famiglia dell'alta borghesia milanese nel 1912 e morta suicida a ventisei anni, Antonia Pozzi è la poetessa di cui proponiamo oggi due componimenti.
Appartenente alla prima generazione di donne frequentanti l'Università in Italia, Antonia era forte di un'ottima educazione: pianoforte, pittura, scultura, tre lingue parlate correntemente, amore per la fotografia, frequentazioni con il gruppo di filosofi allievi dell'insegnamento di Estetica di Banfi, alla Statale. Un clima culturale interessante e propositivo, anche se molto maschile e forte, quasi crudele di cui lei stessa disse: «Mi hanno fatto molto bene perché non hanno avuto pietà».
Le sue poesie, uscite postume nella raccolta Parole, ebbero un immediato consenso, anche se - come spesso accade - parte della critica ne fece una lettura riduttiva di poesia al femminile e di identificazione vita-arte. Montale, a partire da uno scritto del 1945 sul Mondo, rivendicherà per questa poetessa la definizione di «una voce leggera, pochissimo bisognosa di appoggi. Veramente significativa nel nostro tempo». (adp)
SVENTATEZZA
Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo del terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sé, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.
(22 maggio 1929)
PERIFERIA IN APRILE
Intorno aiole
dove ragazzo t'affannavi al calcio:
ed or fra cocci
s'apron fiori terrosi al secco fiato
dei muri a primavera.
Ma nella voce e nello sguardo
hai acqua,
tu profonda frescura, radicata
oltre le zolle e le stagioni, in quella
che ancor resta alle cime
umida neve:
così correndo in ogni vena
e dici
ancora quella strada remotissima
ed il vento
leggero sopra enormi
baratri azzurri.
(24 aprile 1937)