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Commento di (m.l.) aggiunto il 27.11.2006 In quanto donna posso seguire il tracciato di una storia infinita di vessazioni che partendo da un recente fatto di cronaca denuncia quanto strada ci sia ancora da fare per arrivare a poter parlare di effettiva pari dignità fra uomini e donne. Se fossi uomo stenterei però a seguire la linea del ragionamento, forse troppo carico di elementi annodati tra essi. Articolo di riferimento :
Commento di Maria Lanciotti aggiunto il 27.11.2006 D'accordo sostanzialmente su tutto - ovviamente -, mi lascia perplessa il tono delle giuste rivendicazioni.
Se quella delle donne è una guerra (di conquista) forse si dovrebbe far ricorso a strategie di avvicinamento per arrivare a colpire il cuore del problema. mi sto solo ponendo un quesito in appropriata sede.
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Commento di frances aggiunto il 24.11.2006 Accipicchia, che velocità! E' giusto, proprio quella! Articolo di riferimento :
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] Commento di Wallflower aggiunto il 24.11.2006 Non è mica quella canzone bella dei negrita...Sex? Articolo di riferimento :
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] Commento di Gaetano Barbella aggiunto il 24.11.2006 Caro Claudio, la lettura su Giacomo Leopardi che hai proposto, come anche la precedente su Epicuro, a sorpresa offrono l'occasione di un'isolita riflessione didattica rivolta a distanziarci dalla suggestione che a prima vista può riuscire catturare l'attenzione di un lettore, specie se adolescente. Su Epicuro ho fatto emergere un'evidente contraddizione che può attribuirsi agli storici, ma anche a Epicuro stesso. Ora la stessa analoga cosa sembra emergere dalla lettura del «Manualetto di Epitteto» con le riflessioni di Leopardi.
Comincio col citare parte di questa lettura, cui farò seguire delle cose che Giacomo Leopardi sembra aver detto e che ho tratto dal portale del sito Luca Sossella Editore. Può anche essere che questa fonte non sia oro colato ed allora il presente scritto non ha alcun fondamento. Però se sì, si pone la questione sulla rettitudine di Giacomo Leopardi.
«(...) Imperocché veramente a ottenere quella miglior condizione di vita e quella sola felicità che si può ritrovare al mondo, non hanno gli uomini finalmente altra via se non questa una, di rinunciare, per così dir, la felicità, ed astenersi quanto è possibile dalla fuga del suo contrario. Ora la noncuranza delle cose di fuori, ingiunta da Epitteto e dagli altri Stoici, viene a dir questo appunto, cioè non curarsi di essere beato né fuggire di essere infelice. (...). Ed io, che dopo molti travagli dell'animo e molte angosce, ridotto quasi mal mio grado a praticare per abito il predetto insegnamento, ho riportato di così fatta pratica e tuttavia riporto una utilità incredibile, desidero e prego caldamente a tutti quelli che leggeranno queste carte, la facoltà di porlo medesimamente ad esecuzione. (...)».
«O io m’inganno, o rara è nel nostro secolo quella persona lodata generalmente, le cui lodi non sieno cominciate dalla sua propria bocca. Tanto è l’egoismo, e tanta l’invidia e l’odio che gli uomini portano gli uni agli altri, che volendo acquistar nome, non basta far cose lodevoli, ma bisogna lodarle, o trovare, che torna lo stesso, alcuno che in tua vece le predichi e le magnifichi di continuo, intonando con gran voce negli orecchi del pubblico, per costringere le persone sí mediante l’esempio e sí coll’ardire e la perseveranza, a ripetere parti di quelle lodi. Chi vuole innalzarsi, quantunque per virtú vera, dia bando alla modestia.»
Mi piacerebbe sapere la tua opinione.
Ciao, Gaetano Barbella Articolo di riferimento :
Commento di FRANESCO ANANIA aggiunto il 24.11.2006 Ciao Bonf, MA dove diavolo sei finita?
Mi ha colpito il tuo racconto. L'ho letto oggi.
E poi che colpo, parti con il giorno del mio compleanno....
Coincidenze...
Soprese......
Riscoperte.....
La vita è strana davvero.
"Ci birilla come boccie da biliardo...."
Baci Articolo di riferimento :
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] Commento di Lancelot aggiunto il 23.11.2006 Non conosco titolo e autore, ma sono d'accordo...
Va bene lo stesso?
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] Commento di Gaetano Barbella aggiunto il 23.11.2006 SULL'AMICIZIA DI EPICURO. Sono perplesso su Epicuro là dove egli sembra nutrire dei dubbi sull’amicizia su cui basa, però, ogni bene a partire da quello personale. Infatti egli ha detto: «Di tutti i beni che la saggezza procura per la completa felicità della vita il più grande di tutti è l'acquisto dell'amicizia.». Però come si regge in Epicuro questa convinzione se poi ha detto anche: «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto.»? Ma non basta perché Epicuro poteva trarre la ricercata certezza dell’aiuto degli amici del detto di poc’anzi, attraverso la sua stessa concezione atomistica detta del «clinamen», quindi - come dire - in modo “matematico”. Tanto più che per Epicuro la condizione prima che permette di pensare alla realtà è l'atomo, atomo che per lui è come sperma. In tal modo Epicuro non presenta l'atomo fisico, ma il seme, cioè la forza vitale da cui nasce la realtà: esso infatti non ha estensione, ma è attivo, è in movimento. Nel principio attivo, dunque, c'è la capacità di determinare tutte le possibili realtà. Che cosa è la teoria del «clinamen», attribuita ad Epicuro? Secondo questa teoria gli atomi che scendono perpendicolarmente si incrociano e si legano dando vita ai corpi, perché alcuni gruppi di atomi deviano dalla loro perpendicolare, acquisendo una certa inclinazione, o «clinamen», che permette tale incrocio. Come si può capire Epicuro, con la concezione del «clinamen», disponeva il modo di pervenire alla certezza dell'incontro mettiamo di peculiari “atomi dell'amicizia” e questo doveva bastargli per non arrivare a porre la questione col detto «Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto». In realtà la teoria del «clinamen» non figura nei testi di Epicuro, bensì in quelli di Lucrezio che, per trasmetterne il principio ad un pubblico indotto e dal lessico povero, ha dovuto far ricorso ad artefare l’originale concezione atomistica di Epicuro. Ma poi farò vedere che il concetto non cambia. Se si considera la concezione originale di Epicuro si trova soltanto che i corpi sono l'articolarsi degli atomi. Ogni atomo in sé non è né grande né piccolo e si muove in tutte le direzioni, quindi si incontrano continuamente. Per Epicuro non esistono da una parte gli atomi e il vuoto, e dall'altra le cose che si incontrano. Le cose sono quelle che sono; esistono, sono sempre, e consistono sempre in schemi. La condizione affinché esistano le cose è che ci siano atomi e vuoto, ma ciò non vuol dire che il vuoto stia da una parte e gli atomi dall'altra, dunque, non c'è alcun bisogno del clinamen.(1) Quale dunque la conclusione sulla perplessità iniziale? Non è escluso che, sul passato, gli storici ci riferiscono tante volte per “sentito dire”, da un altro “sentito dire”: di qui, forse, un po’ di confusione su ciò che realmente pensava Epicuro, per esempio.
(1) - Da «La fisica di Epicuro» di Francesco Adorno - Enciclopedia multimediale delle Scienze Filosofiche
Gaetano Barbella Articolo di riferimento :
Commento di fabrizio aggiunto il 23.11.2006 brava bonf......e' bello risentirti cosi, da un racconto, dalle emozioni espresse, dalle sensazioni provate.....un bacio. Articolo di riferimento :
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] Commento di jimi aggiunto il 22.11.2006 Un titolo pieno di passione ... "il bacio sulla bocca" Articolo di riferimento :
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