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Rino Cammilleri, Vittorio Feltri. “Il Giornale” apre un dibattito sull'amnistia
«Gli abbracci di Pannella tolgono molti più voti di quei pochi che portano...»
«Gli abbracci di Pannella tolgono molti più voti di quei pochi che portano...» 
17 Ottobre 2012
 

Giustizia, amnistia, ma anche eutanasia, radicali

Il Giornale apre oggi un dibattito; è un confronto, nel quale si misurano due illustri collaboratori del quotidiano, il cattolico tradizionalista Rino Cammilleri, e l’ex direttore del Giornale stesso, Vittorio Feltri. Il primo critico verso le proposte radicali, l’altro che rinnova stima e amicizia verso Marco Pannella e sostegno alle iniziative dei radicali.

Un dibattito interessante e utile... (Notizie Radicali, 17/10/2012)

 

 

È un’idea pericolosa: troppi banditi in giro

Rimessi in libertà anche tanti piccoli delinquenti che con la crisi tornerebbero a commettere reati

di Rino Cammilleri

 

Caro Feltri,

la tua appassionata perorazione a favore dell’ennesima amnistia è comprensibile, anche perché le ragioni che hai addotte sono sacrosante. Ma ti invito a spingere il tuo sguardo un po' più in là e scrutare le conseguenze future (nemmeno tanto remote). Un decreto svuota-carceri - non ti sfugge - sarebbe un momentaneo palliativo, come tutti quelli precedenti, e nel lungo periodo non solo riproporrebbe fatalmente la solita situazione ma potrebbe portare a effetti anche peggiori. E non sarebbe la prima volta che, per la legge dell’eterogenesi dei fini (Vico, ripreso da Del Noce), tramuterebbe le buone intenzioni nel loro esatto contrario. Mi spiego.

Vedi, ormai non c’è angolo d’Italia che non sia controllato da telecamere e la domanda di sicurezza cresce a ritmo esponenziale, al pari della criminalità spicciola e diffusa, quella che più temono i cittadini comuni (il furto da parte di un pubblico amministratore di un milione di euro indigna, sì, ma è meno percepito dello sgozzamento del vecchietto vicino di casa per una manciata di euro). Svuotando le patrie galere verrebbe rimessa, sì, in libertà un sacco di gente in cella per «carcere preventivo», quella cosa ignobile di cui giustissimamente ti lamenti; ma anche una spaventosa torma di microdeliquenti, che l’attuale situazione di crisi economica fatalmente reinserirebbe nel circuito criminale. Questi ultimi personaggi, per via del buonismo politicamente corretto (e anche, ma sì, clericale) e di certi magistrati col cuore più grande del necessario, sono quelli che rendono le nostre contrade invivibili e provocano esasperazione. Anche elettorale.

Esasperazione che alimenta, in un circolo vizioso, la richiesta di sempre più telecamere, sempre più polizia, sempre più controlli. Prima o poi accadrà che la gente - soprattutto i moderati - ne avrà le tasche piene e a furor di popolo acclamerà il primo che gli prometterà una vita quotidiana finalmente in pace. Questo dittatore (democratico, cela va sans dire) troverà la pappa già pronta e non se la farà sfuggire: telecamere dovunque, polizia dappertutto, leggi e leggine e decreti che hanno già trasformato il nostro Stato in un orwelliano Grande Fratello (per giunta, persecutore fiscale) a disposizione del primo furbo che saprà intercettare la voglia popolare di tranquillità nell’ordine (definizione tomista di «pace»).

Se ti piacciono gli esempi storici, eccone uno: la monarchia assoluta francese concentrò tutto il potere nella capitale - in modo soft, ci mise un secolo; così, ai giacobini bastò impadronirsi di Parigi per avere l’intera Francia in pugno e scatenare per tutta l’Europa quel che sai. Altra cosa: può uno scafato marpione come te non sapere che gli abbracci di Pannella tolgono molti più voti di quei pochi che portano? Naturalmente, hai ragione da vendere sullo stato delle nostre carceri, sul loro sovraffollamento e sull’uso non di rado discutibile della carcerazione preventiva. Ma è davvero molto pannelliano il rimedio proposto: tutti fuori. Rendere le celle meno disumane, porre rimedio all’uso disinvolto della detenzione preventiva, attivare i penitenziari costruiti e nemmeno inaugurati, assumere agenti di custodia (che sarebbero nuovi posti di lavoro, di cui c’è fame crescente) è davvero impossibile? Il metodo dei radicali è sempre lo stesso: poiché non si riesce a contrastare il male, liberalizziamolo.

Ma i lettori (ed elettori) del Giornale (e del centrodestra), quando mai sono stati d’accordo?

Come vedi, parlo da cittadino comune, non da scrittore cattolico, e sull’eutanasia mi taccio proprio. Ad essa sono contrario in linea di principio, ovviamente, ma a te lo posso anche dire: per conto mio, se uno si vuole ammazzare, faccia pure. Solo, da credente, è mio dovere avvisarlo che, se l’Aldilà è quello che dico io, potrebbe trovarsi anche peggio, molto peggio. Pure su questo, dunque, rinnovo il mio consiglio a lasciar perdere Pannella e le sue battaglie «civili».

 

 

 

Il criminale è lo Stato che gestisce le carceri

Misura utile a riparare i guasti della giustizia: c’è un uso eccessivo della custodia preventiva

di Vittorio Feltri

 

Caro Cammilleri,

la tua lettera parte male. Parli di «ennesima amnistia», quando l’ultima - voluta dai comunisti allo scopo di salvarsi dalla galera per aver ricevuto finanziamenti illeciti dall’Unione Sovietica risale a oltre vent’anni fa. Quindi, ti invito a spingere lo sguardo all’indietro: troverai solo un indulto (che estingue la pena ma non il reato), peraltro sollecitato da Giovanni Paolo II che, mi pare, fosse cattolico almeno quanto te. Ma potrei sbagliarmi. Non mi sbaglio di sicuro se ti dico che i reati in Italia, specialmente gli omicidi, sono diminuiti sensibilmente negli ultimi tempi.

Le nostre carceri sono sovraffollate per due motivi: metà della popolazione detenuta è costituita da gente in attesa di giudizio, e oltre un terzo da poveracci extracomunitari entrati nel nostro Paese senza permesso di soggiorno, senza lavoro, senza soldi e datisi ad attività illegali per garantirsi la sopravvivenza. Non ti passa per la mente che lo Stato abbia delle responsabilità in merito all’eccessivo ricorso alla custodia preventiva e in merito agli stranieri che ha accolto indiscriminatamente evitando poi di occuparsi di loro? È intelligente ospitare qualcuno a casa tua trascurando di dargli da mangiare e poi, se ruba il prosciutto dal frigo, mettergli le manette?

Certi accoglimenti sono peggiori dei respingimenti. Informati presso la Caritas, con la quale dovresti essere in buoni rapporti, e scoprirai che nulla è stato fatto per far scontare le pene ai carcerati stranieri nel loro Paese anziché nel nostro. Io non sono buonista, ma cattivista. Per questo mi allarmo: lo Stato italiano è fuorilegge, condannato dall’Unione europea per la pessima gestione della Giustizia e del sistema carcerario.

Uno Stato criminale come il nostro non ha titoli per amministrare l’apparato giudiziario. Deve riformarsi e adeguarsi alle regole dell’adorata Ue. Per fare ciò, il primo passo che è costretto a compiere è quello dell’amnistia. Essa consente non solo il ripristino della legalità nelle prigioni, dove ti prego di entrare quale visitatore (esperienza istruttiva, pedagogicamente rilevante), ma anche nei tribunali, soffocati da processi arretrati, molti dei quali destinati alla prescrizione, ossia a un’amnistia in maschera. Il «decreto svuotacarceri» (la definizione è tua) è indispensabile anche per un secondo fine: aggiustare i guasti della giustizia, introdurre pene alternative alla reclusione, riscrivere le norme sulla custodia cautelare, rivedere il codice penale.

In due battute: azzerare e ricostruire in base alle indicazioni comunitarie. È falso dire che il rimedio pannelliano sarebbe quello del «tutti fuori». Sono amnistiabili solo certi reati, i meno gravi. Temo che tu non conosca il problema. Prendiamo i tossicodipendenti. Vanno in galera, dove ci costano 200 euro ciascuno al dì, vi si trattengono due, tre, cinque anni e, quando escono, riattaccano daccapo a delinquere perché drogati erano e tali rimangono. Se invece li mandi in comunità costano poco più di 50 euro al giorno e nel 70-80 per cento dei casi sono recuperabili.

Cosa conviene fare? Una frase della tua lettera è addirittura offensiva. Dici: «Gli abbracci di Pannella tolgono molti più voti di quei pochi che portano». A me dei voti non importa nulla. Mi preme il grado di civiltà dell’Italia, un pezzo della quale - le carceri - è sprofondato nell’illegalità. Auspichi la costruzione di nuovi penitenziari. Come se da noi fosse facile. La priorità è far funzionare e rendere vivibili quelli che abbiamo. Due righe conclusive sull’eutanasia.

Anche qui fai confusione. Un conto è appunto l’eutanasia (su cui ho già scritto: inutilmente, considerate le tue obiezioni) e un altro è il suicidio assistito. Due cose diverse, ma entrambe proposte non quali obblighi bensì facoltà. Da non credente, ho il dovere di avvisarti che - sia come sia l’Aldilà - sono disposto a difendere i tuoi principi solo a condizione che tu non calpesti i miei, compreso quello di frequentare chi mi garba, anche Marco Pannella, l’unico politico che non mi abbia chiesto favori (semmai me ne ha fatti, e ne ha fatti tanti ai connazionali desiderosi di libertà).

 

Ps: Non per insistere. Probabilmente tu, da cattolico osservante, a suo tempo sei stato contro il divorzio. Che, tuttavia, passò. Non so se i credenti ne abbiano usufruito. Nel caso, nessuno ha imposto loro di rompere il matrimonio. Ma so che se non ci fosse stato Pannella, saremmo rimasti al ripudio che, magari, tu preferisci al divorzio perché è in sintonia con la tradizione.

 

(da Il Giornale, 17 ottobre 2012)


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