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Incesto: il peccato/reato. Le colpe dei genitori ricadono sui figli? 
Disegno di legge contro ipocrisia e violenza della legge
17 Novembre 2008
 

In questi giorni l'autodeterminazione dell'individuo e il peccato che si vuol trasformare in reato è tema caldo, dalle sentenze su Eluana Englaro al dibattito sul testamento biologico, passando per i diktat vaticani al nuovo inquilino della Casa Bianca. Tutti approcci di chi, presumendo di avere una verità da affermare, lo fa anche attraverso i rigori delle leggi dello Stato cercando di imporle anche a chi la pensa in modo diverso.

La fattoria degli animali di Orwell si traduce nella pratica quotidiana: c’è sempre qualcuno più uguale degli altri. Credo perciò che sia determinante porre al centro della norma l’individuo, la sua responsabilizzazione e la sua libertà di scelta, anche a partire dai bambini. Esigenza apparentemente minoritaria -non nel Paese- ma tra le forze politiche.

Tutti i bambini sono uguali ma guai se nascono da genitori che hanno commesso colpe più o meno gravi, colpe che in alcuni casi sono reati, in altri sono peccati e in altri ancora sono peccati che si traducono in reati!

Bambini che nascono con la colpa che i genitori non si sono sposati, perché non possono, perché non vogliono, ma su cui comunque quel figlio nulla può; figli diversi anche nel nome, naturali e non legittimi, differenza semantica che si traduce in differenza da codice civile, in differenze di eredità.

Bambini che nascono da genitori incestuosi -fratelli consenzienti, ad esempio- che per il codice civile sono “irriconoscibili”, violando così perfino il diritto costituzionale dello stato filiationis. Il marchio peccaminoso dell’incesto viene impresso a sangue sui figli perfino piu’ che sui genitori. Grazie alla legge che ha trasformato la violenza sessuale da reato contro la morale a reato contro la persona (solo nel 1996), oggi e’ prevista come aggravante la violenza commessa da un genitore, o un ascendente, in particolare contro un minore, con conseguenza anche della perdita della patria potestà. Eppure è rimasto nel nostro codice penale, a monito di Stato etico, il reato d’incesto come contro la morale della famiglia, tanto che solo la nozione del pubblico scandalo e’ la condizione necessaria perché sussista l’ipotesi di reato. Cioè solo se si viene a sapere si può procedere!

Non è un caso che il cardinal Bagnasco all’epoca del varo dei “Dico” mise nell’unico contenitore di peccati da condannare e da sanzionare, anche con leggi e con mancati riconoscimenti di diritti: pedofilia, incesto e coppie di fatto. La legge non può prevedere la libertà individuale come principio: «se il criterio del bene e del male è la libertà di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta», diceva Bagnasco, «se uno, due o più sono consenzienti, fanno quello che vogliono, questo vuol dire che non esiste più un criterio oggettivo sul piano morale».

Evidentemente il criterio dell’autodeterminazione non può essere considerato come valido moralmente dalla Chiesa romana. Purtroppo accade che sia così anche nella legge dello Stato laico.

 

Proprio per abrogare il reato d'incesto, reato contro la morale della famiglia (art. 564, 565 cp), e la nozione dei figli incestuosi (art 251 cc), con il senatore Marco Perduca abbiamo presentato due disegni di legge:

 

S. 1154 - Riconoscibilità dei figli incestuosi.

S. 1155 - Depenalizzazione dei delitti contro la morale della famiglia.

 

Donatella Poretti


 
 
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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