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Alberto Figliolia. Inter nos: 23 storie in nero e azzurro 
Dal presidio di fabulazione sportiva "em biycicleta", firme illustri e preziose sul filo di storia e nostalgia
12 Settembre 2011
 

Il verde è sommerso in nerazzurri,

da Vittorio Sereni, "Domenica sportiva"

 

Il campo era la quiete e l'avventura,/ c'erano il kamikaze,/ il Nacka, l'apolide e Veleno./ Era la primavera del '53,/ l'inizio della mia memoria,

da Maurizio Cucchi, '53

 

 

L'Inter, nome scientifico Football Club Internazionale Milano, è la Beneamata, oggi secondo i sondaggi la seconda più amata, dopo la Juventus, dagli italiani, ma anche quella che riscuote più antipatie da parte delle altre tifoserie. Dopo anni di mancate vittorie l'équipe milanese ha dominato negli ultimi anni il panorama del football nazionale (salvo l'ultimo tricolore dei cugini milanisti) e ha rivinto dopo quattro decadi + un lustro la Coppa dei Campioni/Champions League, aggiudicandosi pure il titolo di campione del mondo dei club. Sarà per questo che dalla condizione esistenziale di Paperino cui si perdonava tutto è passata a quella di Paperone (complice anche il presidente Moratti, sempre molto generoso in acquisti, stipendi e prebende). Chi più vince è sempre più antipatico, inconfutabile legge. La Juventus è, per esempio, meno vituperata che in passato: la retrocessione d'ufficio, nel 2006, e il bagno in serie B sono stati tremendi a livello di impatto psicologico.

Sull'Inter c'è una letteratura sterminata, non si contano davvero i libri usciti nell'ultimo quinquennio, anche in concomitanza con il centenario (2008) e per il fenomeno, piacesse o non piacesse, rappresentato da Mourinho.

Fra gli ultimi titoli da segnalare Inter nos. 23 storie in nero e azzurro (a cura di em biycicleta-presidio di fabulazione sportiva, 160 pp., euro 14, prefazione di Gianfelice Facchetti, casa editrice Curcus & Genovese).

Firme illustri e preziose, e non necessariamente tifosi del Biscione, per divagazioni originali e romantiche, sul filo di storia e nostalgia, nomi e volti che riappaiono in mescolanze di desideri e ricordi (Il ricordo è l'unico paradiso dal quale/ Non possiamo venire cacciati, David Maria Turoldo).

Fra le tante idee, pagine e realizzazioni citiamo:

la classe silenziosa di Alessandro Bianchi;

lo straordinario racconto in forma di epistole firmato da Gino Cervi, La Lucy, il poeta e il campione, protagonisti il Peppino (Meazza), il campione dei campioni azzurri e nerazzurri, Delio Tessa, il grandissimo poeta in lingua milanese del secolo scorso, e una dolce tragica figura di donna;

la gentile e agonistica longevità di Javier Zanetti, una sovrumana fedeltà alla maglia;

La parabola di Claudio Ambu, calciatore di Emiliano Fabbri, un giocatore vissuto da comprimario ma con superiore onestà;

Il capomeccanico Osvaldo di Giulio Giusti: Osvaldo Bagnoli, lo Schopenhauer della Bovisa, da ragazzo ceramista, allenatore del Verona campione d'Italia, già giocatore del Milan, capitato, ben facendo, anche sulla panchina dell'Inter, magnifico milanese d'antico stampo, “socialista, ma non del socialismo craxiano di quei tempi, socialista nel senso più nobile e ormai dimenticato”. Scriveva Gianni Brera: “Il calcio di Bagnoli è pura logica, proprio perché è paradossale parlare di logica in materia di pedata. Seguite gli schemi del Verona e vi accorgerete che è un continuo alternarsi di forze e spunti, secondo che consiglia il buon senso (e ovviamente il momento tattico), vi accorgerete che tutto vi è studiato, però non applicato con pedanteria: il gioco a memoria non esclude invenzioni dei singoli nell'offrire il proprio apporto all'insieme. Il miracolo è questa positiva fusione di elementi così disparati fra loro diversi fino al contrasto”. L'Osvaldo... un grande come coach e come uomo;

Sandro Mazzola, il figlio di Valentino del Grande Torino, una delle bandiere interiste di sempre, autore di un paio di gol da cineteca mondiale (quello con l'infinito dribbling contro una squadra magiara in Coppa dei Campioni e quello, indossando l'azzurro, con un ripetuto magico palleggio volante contro la Svizzera), che prende le sembianze di Zagor (il fumettistico generoso spirito con la scure) nel racconto di Francesco Parigi;

l'arcigno mediano Carlo Tagnin che seguirebbe perfino nei bagni, per marcarlo e renderlo inoffensivo, Alfredo Di Stefano, la saeta rubia, il fuoriclasse delle camisetas blancas del Real Madrid;

il dramma di Enrico Cucchi, figlio d'arte, giovane talento e vita strappata giovanissima da un terribile male;

la rovesciata di Roberto Boninsegna, detto Bonimba, centravanti mantovano quintessenza di coraggio e potenza: quella, nel 5-0 al Foggia, in cui andò a prendere il pallone in cielo, un gesto tecnico-atletico incredibile (la forma del fulmine per Jvan Sica), da un cross, perfetto, da sinistra di Giacinto Facchetti. Fu, anno Domini 1971, scudetto per l'Inter, l'undicesimo.

Insomma, da Alberto Brambilla a Claudio Gavioli, da Stefano Gherardi ad Andrea Maietti et alii la narrazione ti prende in maniera felicemente implacabile. Come l'Inter di questi ultimi anni.

 

Alberto Figliolia


 
 
 
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