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Raniero La Valle. La legge beffa
05 Maggio 2009
 

Ci fu, nel 1953, una legge che fu detta truffa, perché assegnava un piccolo premio di maggioranza alla coalizione di partiti che nelle elezioni politiche avesse raggiunto almeno il 50 per cento dei voti più uno. Si trattava di rafforzare una maggioranza assoluta già espressa dagli elettori nelle urne; e tuttavia, in tempi di proporzionale, quello fu ritenuto un sopruso, la soglia del 50 per cento non fu raggiunta da nessuno, e la legge perciò cadde nel vuoto. Per la DC (e per l’Italia) fu una felice sconfitta: perché, venuta meno la blindatura di una maggioranza quadripartita di centro, la vita politica riprese vigore, e prima fu avviato il centro-sinistra, con cui furono guadagnati all’area di governo i socialisti, poi fu avviata la politica culminata nel “compromesso storico”, con cui alla governabilità democratica fu recuperato l’elettorato comunista; e in quei decenni l’Italia ebbe quello straordinario sviluppo civile, economico e sociale che la portò tra le maggiori nazioni dell’Occidente.

Oggi abbiamo in vigore una legge elettorale che dà una enorme maggioranza alla coalizione di liste che anche con una semplice maggioranza relativa, ben inferiore al 50 per cento, abbia ottenuto più voti; ed è questa la legge per cui oggi Berlusconi con i suoi parlamentari, assegnatigli d’ufficio (senza neanche preferenze), fa il bello e il cattivo tempo nel Parlamento e nel Paese. Questa legge, tanto peggiore di quella del 1953, fu detta e ancora è chiamata “porcellum”.

Ma la manipolazione elettorale non doveva finire qui. È stato infatti promosso dai patiti del bipolarismo, e si voterà il 21 giugno, un referendum che cancella l’ipotesi di un voto dato alla coalizione, suppone che ogni partito corra da solo e trasferisce il premio di maggioranza a quella singola lista che abbia avuto più voti di ciascuna delle altre. Lo scopo è di cancellare, nel Parlamento e nel Paese, tutti i partiti ad eccezione di due.

È del tutto evidente che il partito beneficiario di questa elargizione sarebbe quello di Berlusconi, che già ha riunito in un’unica schiera tutti i suoi alleati tranne la Lega; il Partito Democratico, da solo, non potrebbe mai aspirare a ottenere un tale risultato. Per Berlusconi sarebbe la certezza di un potere a tempo indeterminato. Lui stesso lo ha riconosciuto, dicendosene grato. Alla domanda se avrebbe votato “Sì” al referendum per la modifica della legge elettorale, ha detto: «Sì, certo, la risposta è ovvia. Il referendum dà un premio di maggioranza al partito più forte, e vi sembra che io possa votare no?». Non sono un masochista, ha spiegato, osservando, come per una cosa ovvia: «Puoi domandare all’avvantaggiato di votare no per un vantaggio che gli altri ti regalano e potrebbe essere confermato dal popolo?». No, non glielo puoi domandare. Resta da capire perché gli si vuol fare questo regalo, che certo egli non merita, il regalo più grande e decisivo dopo quello delle frequenze televisive tolte a suo tempo al servizio pubblico.

Ma a questo punto alla truffa subentra la beffa. Perché sul voto del 21 giugno è partita sulla stampa una mistificazione colossale. Giocando sul fatto che il referendum è abrogativo, si dice infatti che con il “Sì” verrebbe abrogata la legge “porcellum”, mentre è chiaro che ne verrebbe soppressa solo una norma, col risultato di fornire alla legge nel suo complesso l’avallo del voto popolare, rendendola nel contempo ancora più indecente. Ma non basta: il Partito Democratico, che da questo risultato sarebbe travolto, ha annunciato che voterà a favore; e nella meraviglia generale ha spiegato che con la vittoria del “Sì” la legge diverrebbe così brutta, che a quel punto sarebbe giocoforza modificarla in Parlamento. Il ragionamento è pretestuoso e di un politicismo della peggiore specie: pronunziarsi per una cosa per averne invece un’altra. Ai tempi della politica colta, questo si chiamava machiavellismo. Ma è un’illusione, perché è del tutto chiaro che ottenuto il regalo, gli “avvantaggiati” si guarderebbero bene dal rimetterlo in gioco, e oggi il Parlamento è loro. Come ha detto Bossi: «Se la sinistra vota Sì, Berlusconi vincerà per sempre».

Quindi col referendum non sarebbe macellato nessun “porcellum”, mentre non si farebbe altro che portargli ghiande e altre leccornie per un pasto ancora più abbondante. E resterebbe la legge beffa: per la quale sarebbero beffati gli elettori, che voterebbero non più per una pluralità di liste e partiti ma per un partito unico; beffato il Partito Democratico, che con le sue mani si sarebbe procurato la propria rovina, e beffati gli italiani che avevano voluto costruire la democrazia e si troverebbero a votare, un’altra volta, per un regime.

 

Raniero La Valle

(per il n. 10 di Rocca)


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