Uno dei problemi più o meno consapevolmente insito in noi, è quello definito solitamente “adattamento” o “accettazione” del mondo circostante, ivi comprese persone, cose e modi di fare. Una riflessione personale questa che si limita all’aspetto psicologico ed umano dell’adattamento. Quello biologico è di carattere scientifico e riguarda la facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi biologici, fisiologici e comportamentali consentendo loro di adattarsi alle condizioni dell’ambiente nel quale vivono.
La persona, per la complessità del suo essere, presenta intrigate evoluzioni, come appunto la resilienza, ossia la più o meno spiccata capacità di ciascuno di far fronte, in maniera positiva, agli avvenimenti avversi e traumatici e di organizzare la propria vita di fronte alle difficoltà.
A questo certamente si riferiva F. Dostoevskij, quando in Memorie di una casa di morti scriveva: «…un essere che si abitua a tutto: ecco penso sia la migliore definizione che si possa dare dell’uomo», mentre G. D’Annunzio, nel romanzo L’innocente, dichiarava: «L’uomo è innanzi tutto un animale accomodativo. Non c’è turpitudine o dolore cui non si adatti». E ancora G. B. Shaw – Nobel per la letteratura 1925 – quasi sentenzia: «L'uomo ragionevole si adatta al mondo. L’uomo irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a sé. Quindi tutto il progresso dipende dall’uomo irragionevole».
La varietà di visioni sul tema suscita la domanda: l’adattarsi è positivo o negativo?
Rosella Postorino, autrice di un romanzo -Le assaggiatrici- ispirato alla vicenda di Margot Wolk, assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf mette in luce l’aspetto più drammatico dell’adattarsi, quello determinato dalla paura della morte:
…da tempo mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscendevo, e non mi ribellavo, e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via. La capacità di adattamento è la maggiore risorsa dell’essere umano, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana.
In realtà l’adattarsi ad una nuova realtà, ad un cambiamento totale della propria quotidianità non è semplice né facile; richiede soprattutto disponibilità psicologica e intelligenza emotiva ossia saper riconoscere i propri sentimenti, quelli degli altri e saper gestire le emozioni in modo efficace.
Ogni adattamento poi corrisponde ad una situazione precisa e ad una personale convinzione. Sapersi adattare è certamente un’abilità fondamentale, ma se è vero che la realtà umana è mutevole è anche vero che non si può transigere sui principi e non si possono variare i valori secondo le convenienze.
C’è l’adattamento delle persone coraggiose che sopportano e coesistono con prove e dolori atroci e c’è l’adattamento umano che trasforma la turpitudine in abitudine quieta e pacata; c’è chi indossa la menzogna come un abito protettivo e chi fa dell’inganno e della corruzione il proprio stile di vita.
Nell’adattarsi per necessità si potrebbe anche correre il rischio di perdere la propria originalità, la propria unicità. Bisogna dunque saper discernere ciò che è intoccabile e ciò che può variare per evitare la deriva del relativismo.
Rimanere fedeli a se stessi resta imprescindibile.
Giuseppina Rando