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Guido Monti. Due 9 maggio molto diversi
06 Maggio 2022
 

Le medaglie, si sa, hanno due facce che pur essendo dello stesso metallo non sempre combaciano l’una con l’altra. Questo può valere pure per le celebrazioni, la prima delle quali sarà nell’immediato quella del 9 maggio. Quel giorno si ricorda la dichiarazione Schuman, dal nome dell’allora ministro degli esteri francese, che proprio il 9 maggio del 1950 tenne un discorso ritenuto il punto di partenza del processo d’integrazione europea. La giornata europea, che sarà celebrata pure in provincia, a Sondrio e Sondalo, è una ricorrenza ormai entrata di diritto fra quelle tradizionalmente onorate nei vari Paesi dell’Ue. L’unione europea vaticinata da Altiero Spinelli confinato a Ventotene, dove in pieno secondo conflitto mondiale concepì il Manifesto per un’Europa libera e unita, ha preso corpo nel dopoguerra e ha garantito oltre 70 anni di pace, democrazia, libertà e progresso incontestabili.

Ma accanto al 9 maggio europeo ce n’è un altro celebrato nella Russia impegnata in un’insensata invasione dell’Ucraina sua confinante. I russi ricordano in quella data la vittoria sul nazismo risalente al 1945 e dunque, mentre l’Europa festeggia pacificamente la giornata a lei dedicata, la Russia lo fa invece nel bel mezzo di un’aggressione di tipico stampo nazionalista, sulla falsariga di quella attuata a suo danno dai nazisti da loro sconfitti sul campo. Una contraddizione storica che fa temere una ripetizione a discapito di altri stati di quanto voluto da Putin con l’Ucraina, né più né meno di ciò di cui si rese colpevole Hitler dapprima verso i Sudeti, per passare poi alla Polonia – motivo scatenante della seconda guerra mondiale – e via via con l’Olanda, il Belgio, la Francia e via elencando. Un paragone azzardato? Forse, ma non dimentichiamo che furono le cancellerie occidentali a rendersi complici del Führer consentendogli di agire impunemente, e così è stato pure per lo zar di Russia che già dal 2014 aveva dato precisi segnali con l’annessione di fatto della Crimea.

Sembra assurdo che al giorno d’oggi le rivendicazioni territoriali debbano essere ancora regolate dalle armi anziché dalla diplomazia, ma è una triste realtà di cui si deve prendere atto con alcune riflessioni. Innanzitutto è dimostrato che è il nazionalismo spinto all’eccesso a portare ai confronti bellici e questo è inconciliabile coi princìpi democratici e di risoluzione delle controversie con metodi pacifici. Bisogna poi constatare tristemente come l’opinione pubblica russa, anche mediante il travisamento dei fatti compiuto da una stampa asservita al regime, sia allineata in maggioranza al suo despota, adulato in passato anche da parecchi politici nostrani che adesso fingono indifferenza. Non va poi sottovalutato il fatto che l’Ucraina, parte integrante dell’unione sovietica che sotto sotto rasPutin vorrebbe rispolverare, non essendo aderente all’Ue al contrario di altri Paesi già appartenenti alla sfera d’influenza russa, non può godere della protezione garantita dall’ombrello europeo.

Però c’è dell’altro che, in vista del 9 maggio, non va taciuto perché sfugge a tanti in quanto di difficile percezione. È vero che il nazionalismo è il peggior nemico dell’europeismo, e quanto accaduto fra Russia e Ucraina lo evidenzia. Con le dovute eccezioni esiste tuttavia un avversario più subdolo che si annida nei gangli degli apparati di ogni nazione ed è visceralmente attaccato alle sue prerogative, che un superamento degli stati nazionali metterebbe a repentaglio: è lo statalismo rappresentato da soggetti al servizio dei poteri costituiti, simili dappertutto e sotto ogni latitudine. Che si tratti della Russia di Putin piuttosto che di una qualsiasi delle nostre democrazie, costoro sono talmente proni a chi comanda da non riuscire a vederne i limiti e le responsabilità. Quanti uomini dello stato furono supinamente agli ordini di Hitler? Questo non impedì loro, a guerra finita, di riciclarsi opportunisticamente con vesti ripulite e di tornare al servizio della loro nazione, non più soggetta a un regime totalitario bensì a una democrazia parlamentare. Diceva bene il grande Totò, principe della risata: siamo uomini o caporali? Ecco, si faccia attenzione ai tanti caporali che il 9 maggio, a denti stretti, sorrideranno alla festa dell’Europa piuttosto che a quella della Russia liberata dal nazismo. Anche loro, come gli uomini, sono una faccia della stessa medaglia.

 

Guido Monti


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