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Renzo Fallati. Una nuova vita
19 Gennaio 2019
 

Carissimi amici di FaceBook, stavolta niente prima guerra mondiale, niente cronache d’antan. Questa volta, invece, mi capita di raccontarvi un’esperienza, una di quelle che ti toccano molto da vicino… L’occasione è partita da un’iniziativa che avrà luogo a Delebio sabato sera, il 1° dicembre, nel salone dell’oratorio, a due passi dalla chiesa parrocchiale. È un’iniziativa aperta a tutti e organizzata dall’Associazione Parkinson “Rino Gangemi”, di Delebio. Serve a far conoscere un po’ di più questa malattia e a sostenere le iniziative dell’associazione. L’appuntamento inizia alle 20 per concludersi alle 22.00 circa. Sono previste: canzoni, un po’ di dialetto, testimonianze, un video… Quindi, niente che assomigli a una “pesante” conferenza. Ebbene, qualche giorno fa l’associazione ha chiesto ai famigliari di “buttar giù” due frasi per raccontare com’è cambiata la vita dopo l’incontro con la malattia. Ecco il perché di questo racconto. Certo, l’associazione toglierà soltanto alcune righe, da leggere nella serata del 1 dicembre, perché la mia non è l’unica testimonianza. Allora ho deciso di far conoscere questa esperienza anche agli amici di FB. Ed eccola qui. (dal profilo fb, 29 novembre 2018)

 

Una nuova vita

Sono passati ormai dieci anni. La mia Marina aveva cominciato a manifestare qualche problema mentre camminava. In particolare, quando si facevano passeggiate piuttosto lunghe. Il modo di camminare diventava ondeggiante e lei faticava a camminare. All’inizio non era niente di grave, tanto che abbiamo continuato, insieme, a fare viaggi anche impegnativi. Dosando naturalmente le forze, ma percorrendo in lungo e in largo – e godendo – città bellissime (come Parigi, Vienna, Monaco di Baviera, Rothenburg ob der Tauber, Cracovia, Firenze, Roma…) e regioni affascinanti (come l’Umbria o la Normandia). Un primo avviso serio è arrivato nella seconda metà del 2014. In ottobre abbiamo trascorso una settimana nella nostra Roma. Questa volta Marina ha manifestato una sempre maggior difficoltà negli spostamenti a piedi. Eppure, piano piano, siamo riusciti a godere ancora una volta questa bella città. Tornati a casa, però, abbiamo deciso di rivolgerci ancora una volta al nostro neurologo di fiducia, Francesco Basso, medico dell’ospedale “Manzoni” di Lecco. Sì, perché nel giro di poco tempo, appaiono una serie di problemi. Marina fatica a “far combaciare” i due occhi: il destro si mette a fare i capricci. Poi, cade di tanto in tanto; per fortuna senza farsi mai troppo male. Il tutto si aggiunge ad attacchi di emicrania. L’emicrania (un’emicrania seria), però, Marina se la porta con sé dalla prima adolescenza e, a dire il vero, in quel momento riesce a tenerla abbastanza sotto controllo.

Questa è la situazione all’inizio del 2015. Il nostro neurologo ci suggerisce, tra l’altro, una risonanza magnetica al cervello. Detto, fatto. E scopriamo che appoggiato al nervo ottico (ecco il probabile motivo della difficoltà a veder bene) c’è un meningioma, un tumore piccolo, ma che va tolto assolutamente il prima possibile. Il 28 gennaio 2015, Marina viene operata al “Manzoni” di Lecco. Via il meningioma. La vista torna normale, ma si presentano nuovi problemi. L’equilibrio, anche da seduta, sembra scomparso; non riesce a stringere bene un bicchiere tra le mani; difficile, perfino, fare pochi passi in casa. Anche il deambulatore serve a ben poco. Altra visita d’urgenza dal neurologo, altri esami e si scopre che un possibile effetto collaterale dell’operazione per l’asportazione del meningioma si è verificato. Sono presenti, e pericolosi, dei versamenti di sangue all’interno della scatola cranica. Altro intervento chirurgico per togliere gli ematomi, il 30 marzo, due mesi dopo il precedente. Questa volta Marina passa da Lecco direttamente all’ospedale di Bellano, per due mesi interi di riabilitazione (tutto aprile e tutto maggio), mesi che lei ricorda con orrore. Io sono preoccupato: non fa le sue amate parole crociate, non legge, non segue la TV, al massimo facciamo delle interminabili partite a carte, complicate dal fatto che trova difficile tenere le carte in mano. Vengono poste le sponde nel letto e non le è permesso alzarsi senza chiamare il personale infermieristico; di notte, poi, viene “bloccata” (“minima contenzione” dicono i referti) nel letto. Ogni volta che l’accompagno, con la carrozzina, in refettorio, mi viene tristezza, perché la vedo sempre triste. Lei che aveva un carattere luminoso, adesso è spesso triste.

Ecco, trascorsi i due mesi, Marina torna a casa. E comincia, soprattutto per noi due, una nuova vita. Certo, le difficoltà ci sono. Però, piano piano, qualcosa inizia a migliorare. La postura è più stabile: si siede bene a tavola. Non esce dal letto in modo rovinoso. Ricomincia a leggere e a fare le parole crociate, le mani stringono bene un bicchiere. Viene per una decina di sedute un fisioterapista, che le (ci) insegna i movimenti essenziali per chi, come lei, è affetto da parkinsonismo… Oggi siamo nel quarto anno della nuova vita. Al mattino, tutte le mattine, si inizia verso le 8 con la prima assunzione di levodopa; intanto, accendiamo la radio, in modo che trascorrano almeno tre quarti d’ora prima di saltar fuori dal letto per fare una bella e sostanziosa colazione (caffè con latte, yogurt, fetta biscottata e marmellata ai frutti di bosco). Alle nove arriva Elda, una signora di Talamona, un aiuto prezioso. Lei mi permette di uscire fino a mezzogiorno (salvo la domenica). Prima di uscire, decidiamo, io e Marina, cosa mettere in tavola a mezzogiorno, quando pranziamo sempre insieme. Spesso viene a pranzo anche una nostra amica cieca, Lina. Poi la giornata “normale” continua veloce: si conversa, si legge, si gioca a carte. Dopo la cena, ogni sera, decidiamo insieme un programma TV da vedere oppure un film in DVD. Questo è il ritmo dei nostri giorni. Ritmo però che spesso è riempito dalla visita dei figli di Marina (Larissa e Massimiliano) che, di regola, ci portano i nostri favolosi nipotini. E poi, ogni tanto passiamo una serata o usciamo a mangiare una pizza con un’amica, sempre disponibile in momenti un po’ difficili (Amelia) o andiamo a pranzo, o a cena, da una delle mie sorelle (Rosanna e Renata) o dalla sorella di Marina, Rita. Rosy, l’altra sorella di Marina, grande cuoca, ci fornisce, di tanto in tanto – abita a Malgrate – dei gustosi manicaretti. E poi, ogni giorno, Marina telefona e riceve telefonate, dai famigliari o da amici. No, non ci sentiamo mai soli. E poi abbiamo un’amica preziosa, Rosa, che viene a prendersi cura di Marina due mattine alla settimana per portarla a Delebio (ginnastica e attività in un gruppo di persone che hanno problemi analoghi) e in piscina (sempre a scopo riabilitativo). E poi ho un amico prezioso (Piergiuseppe) che ci è accanto come un fratello maggiore: finora, da quattro anni (quattro!), sapendo che – io, imbranato – non so guidare, è stato sempre presente per ogni sorta di viaggio (da quelli “ospedalieri” a quelli vacanzieri: Sankt Moritz, Livigno, Pavia…). E poi abbiamo altri amici (Livio, Antonio e Silvia, Erica di Rogolo, Carla, Evangelina, Gimma e Nino… – questi sono i primi che mi vengono in mente – …) che sono presenti nella nostra vita. E poi Marina ogni giorno fa un po’ di fisioterapia, da sola, seguendo quanto le comanda un programma specifico, registrato apposta su un DVD.

È vero, la nostra vita (quella della mia Marina, in particolare) adesso è cambiata radicalmente. Terapie concordate con il neurologo e la dottoressa di famiglia, difficoltà a fare passeggiate senza la carrozzina, presenza costante (altrimenti c’è il rischio di farsi male); i progetti li facciamo giorno per giorno. Io ho perso il ritmo del sonno. Cerco, però, di “recuperare” durante la giornata. (Certo, non è la stessa cosa che il dormire placidamente durante la notte!). Adesso, tra l’altro, ho scoperto che faccio parte della categoria dei caregiver… Non ho accennato, se non sommariamente, alle tante esperienze fatte nelle varie strutture ospedaliere. Ma non dimentico nulla e nessuno. Ho trovato medici e infermieri ricchi di professionalità e di umanità. Ho trovato medici e infermieri ricchi solo di fretta e distacco, che mi hanno lasciato un’impressione di pena. Per non parlare di quando ci siamo presentati davanti alla commissione medica per il riconoscimento dell’invalidità. Avevo già accompagnato mia mamma sette anni prima. Per ora dico solo: che tristezza e che freddezza da parte del signor presidente. E noi non vogliamo favori. Pretendiamo però di essere ascoltati con attenzione e umanità. Ma per raccontare questo mi ci vorrebbero alcune pagine. Queste le rimando, eventualmente, a un prossimo futuro… Però, piano piano, se mi guardo indietro, scopro che anche questo tipo di vita è migliore di quanto avrei potuto pensare quattro anni fa, quando Marina è stata per due mesi a Bellano, per una riabilitazione, dopo i due interventi operatori. Grazie agli affetti che sentiamo attorno a noi (quelli della famiglia e quelli degli amici), ogni giorno cerchiamo di vivere tanti momenti di serenità. E ci sembra una vita piena. Tante volte difficile, altre volte dura, ma mai noiosa. Una nuova vita.

 

Renzo Fallati

 

PS: le prime tre foto riguardano il nostro ultimo viaggio a Roma (ottobre 2014); le ultime cinque sono di quest’anno (2018). Grazie per avermi letto.


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