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Yoani Sánchez. Maestri istantanei
08 Aprile 2009
 

Dal blog Generación Y

6 aprile 2009

 

 

Maestros instantáneos

Entre los amigos de mi hijo hay uno especialmente apático, que está a punto de terminar la secundaria básica. Le importan poco los libros y para sus padres ha sido un dolor de cabeza lograr que llegue hasta noveno grado. Hace una semana me enteré que se apuntó para hacer una carrera pedagógica. Pensé que me hablaban de otro muchacho porque, al menos el que conozco bien, carece de toda vocación o aptitud para pararse frente a un aula. Cuando quise conocer sus motivaciones, me aclaró mis dudas al explicarme: “Me voy para el pedagógico porque se estudia en la ciudad y no me quiero becar en el campo”.

Un porcentaje muy elevado de los que seleccionan una especialidad pedagógica -me atrevería a aventurar que casi todos- lo hacen porque no les queda otra opción. Son esos estudiantes que por sus malas calificaciones no pueden aspirar a una especialidad informática o a un pre universitario de ciencias exactas. En menos de tres años de formación, están parados junto a una pizarra con alumnos a los que apenas superan en edad. Sin estos “maestros instantáneos” las aulas se quedarían vacías de profesores, pues los míseros salarios han generado un éxodo hacía sectores mejor remunerados.

Me asusta pensar en los jóvenes que se formarán bajo el marcado desinterés y la poca formación de este muchacho que conozco. Tengo terror de ver llegar a mis nietos diciéndome que “la estrella de la bandera cubana tiene cinco puntas, porque representa a los agentes cubanos presos en cárceles norteamericanas”, o que “Madagascar es una isla en América del Sur”. No exagero, anécdotas como esas tenemos un motón los padres con niños formados por maestros emergentes. Si tan noble profesión sigue siendo ocupada por los que menos se esfuerzan, bien mal será el nivel educativo de las generaciones que vienen. Ya un profesor se lo confesó a mi hijo y a sus colegas, cuando comenzaban el séptimo grado: “Estudien mucho para que no les pase como a mí, que tuve que terminar siendo maestro por mis malas notas”.

 

Yoani Sánchez



Maestri istantanei

Tra gli amici di mio figlio ce n’è uno particolarmente apatico, che sta per terminare la scuola media. A lui non interessano molto i libri e per i suoi genitori fargli conseguire il diploma è stato un vero tormento. Da una settimana sono venuta a sapere che aspira a intraprendere la carriera pedagogica. Ho pensato che mi stavano parlando di un altro ragazzo perché, almeno quello che conosco bene, non è portato né ha la vocazione di stare in cattedra a insegnare. Quando gli ho chiesto quali fossero le sue motivazioni, per chiarire i miei dubbi ha detto: “Mi sono iscritto al liceo pedagogico perché si studia in città e non voglio andare a lavorare in una scuola di campagna”.

Tra chi sceglie una specializzazione pedagogica, una percentuale molto alta - oserei dire quasi tutti - lo fa perché non ha scelta. Si tratta di studenti che a causa dei cattivi giudizi riportati non possono aspirare a una specializzazione informatica e a un liceo di scienze esatte. In meno di tre anni di formazione, sono pronti per affrontare una classe composta da alunni di pochi anni più giovani di loro. Senza questi “maestri istantanei” le aule resterebbero senza professori, perché i miseri salari hanno provocato un esodo verso settori meglio retribuiti.

Mi spaventa pensare ai giovani che verranno educati con il palese disinteresse e la poca preparazione di questo ragazzo che conosco. Ho il terrore di veder arrivare i miei nipoti dicendomi che “la stella della bandiera cubana ha cinque punte, perché rappresenta gli agenti cubani imprigionati nelle carceri nordamericane”, oppure che “il Madagascar è un’isola dell’America del Sud”. Non esagero, aneddoti come questi sono all’ordine del giorno tra i genitori di figli educati da maestri emergenti. Se una professione così nobile continua a essere occupata da coloro che si impegnano meno, il livello educativo delle nuove generazioni sarà pessimo. Un professore ha confessato a mio figlio e ai suoi colleghi, quando cominciavano la prima media: “Studiate molto, se non volete fare la mia fine, che ho dovuto fare il maestro per colpa dei miei cattivi voti”.


Traduzione di Gordiano Lupi


 
 
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