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Yoani Sánchez. Avana invernale
21 Novembre 2008
 

Dal blog Generación Y

19 novembre 2008

 

 

Habana invernal

El cielo no siempre tiene aquí ese azul tan cursi de las postales turísticas. Por suerte, pues no puedo imaginarme un año con el achicharrante sol, sin esas semanas de pausa que traen los frentes fríos. Desde el lunes ha llegado uno que aportó nubes londinenses a La Habana e inundaciones severas en el oriente del país. Las calles están llamativamente vacías en la noche, porque el frío asusta a los habituales inquilinos de los parques y las aceras. Subir a un ómnibus abarrotado ya no es la vía más rápida para coger peste en las axilas, sino la entrada a un espacio tibio y amigable .

Con la baja de las temperaturas, el humor y la tolerancia mejoran; a los viejitos le duelen los huesos y una leche con chocolate se vuelve una alucinación recurrente. Diciembre está tan cerca que no vale la pena empezar nada, dicen los que han pospuesto sus proyectos durante todo el año. Viene la época de gastar más, presagian los bolsillos que para esta Navidad estarán especialmente vacíos. No obstante, lo más sensible es el tema de los abrigos y las frazadas, la poca protección ante el húmedo frío que entra por las rendijas de las ventanas.

Veo a la gente en la calle con sweaters, enguatadas y gruesos abrigos sintéticos, pero ninguna de esas prendas ha podido ser comprada con el salario que ganan por su trabajo. Aquel de piel de vaca se lo mandó una hermana que vive en New York y el de rayas que lleva la muchacha fue regalado por un turista de paso en la ciudad. Un niño pequeño tiene un impermeable heredado de su hermano, que a su vez lo obtuvo de un tío que decomisa maletas en la Aduana. La viejita que cruza la calle pone cuidado en sus medias de lana, cambiadas a una vecina por una cuchilla de batidora. Sólo el custodio del hotel ostenta una chaqueta de mezclilla con botones brillosos y nuevos.

Me gusta el invierno y la afabilidad que despierta en la gente, pero sé que para muchos es la estación de ciertos sinsabores y vergüenzas. De no poder dormir en el banco del parque, donde el resto del año aquel señor de la ropa gastada tiene su única morada. De los niños burlándose en la escuela de los que llevan un abrigo comprado en el racionamiento de los años ochenta. El frío enfatiza las diferencias entre los que pueden cerrar la puerta y los que no tienen una casa con ventanas para entornar. Remarca el contraste entre aquellos que llevan una prenda de mangas largas y los que se ponen dos pulovers porque no tienen un abrigo. Todos pendientes del termómetro y de que no baje los diez grados, pues la indigencia habitacional y de vestuario no soportaría un solo copo de nieve.

 

Hasta el día 27 de este mes, cada nuevo post llevará un recordatorio de las votaciones online para los premios The Bobs. Recuerden que Generación Y está compitiendo en tres categorías: mejor weblog, premio especial Reporteros sin Fronteras y mejor bitácora en español. Aquí les dejo el enlace.

 

Yoani Sánchez

 

 

Avana invernale

A Cuba il cielo non ha sempre quell’azzurro così pacchiano delle cartoline turistiche. Per fortuna, perché non posso immaginare un anno intero con il sole bruciante, senza quelle settimane di intervallo che portano correnti d’aria fredda. Da lunedì ne è arrivata una che ha prodotto nuvole londinesi all’Avana e gravi inondazioni nella zona orientale del Paese. Le strade di notte sono deserte, perché il freddo spaventa gli abituali inquilini dei parchi e dei marciapiedi. Salire su un autobus affollato adesso non vuol dire puzzare di sudore sotto le ascelle, ma entrare in un luogo tiepido e confortevole.

Quando si abbassano le temperature, l’umore e la tolleranza migliorano; ai vecchietti fanno male le ossa e un latte con cioccolato diventa una frequente allucinazione. Dicembre è così vicino che non vale la pena cominciare niente, dice chi ha rimandato i suoi progetti per tutto l’anno. Sta arrivando il periodo in cui si spende di più, anche se le nostre tasche predicono che per questo Natale saranno ancora più vuote. Tuttavia, la questione più penosa resta quella dei soprabiti e delle coperte di lana, la poca protezione di fronte al freddo umido che penetra dalle fessure delle finestre.

Vedo gente per strada con cardigan, magliette pesanti e grossi soprabiti sintetici, ma nessuno di questi capi è stato acquistato grazie al salario guadagnato con il proprio lavoro.  Un soprabito fatto con pelle di vacca lo ha mandato una sorella che vive a New York e quello a righe che indossa una ragazza è un regalo di un turista di passaggio in città. Un bambino piccolo indossa un impermeabile ereditato dal fratello, che a sua volta lo ottenne da uno zio che confisca valigie alla Dogana. La vecchietta che attraversa la strada fa attenzione alle sue calze di lana, avute da una vicina in cambio di una lametta per il frullatore. Solo il sorvegliante dell’hotel ostenta una giacchetta di jeans con bottoni brillanti e nuovi.

Mi piace l’inverno e l’affabilità che risveglia nelle persone, anche se so che per molti è la stagione dei dispiaceri e delle vergogne. Non è possibile dormire nella panchina del parco dove per il resto dell’anno quel signore con i vestiti usati elegge la sua unica dimora. Alcuni bambini deridono a scuola chi indossa un cappotto comprato durante il razionamento degli anni Ottanta. Il freddo rimarca le differenze tra chi può chiudere la porta e chi non possiede una casa con le finestre da accostare. Sottolinea il contrasto tra chi porta un capo a maniche lunghe e chi indossa due magliette perché non possiede un soprabito. Tutti controllano il termometro e sperano che non scenda sotto i dieci gradi, perché la povertà abitativa e la scarsità di vestiti non sopporterebbero un solo fiocco di neve.

 

Fino al 27 di questo mese, ogni nuovo post recherà in calce un promemoria delle votazioni on line per i premi The Bobs. Ricordo che Generación Y sta concorrendo per tre categoria: miglior weblog, premio speciale Reporter senza frontiere e miglior blog in spagnolo. Qui il link per votare.

 

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

Nota del traduttore: La forma migliore per rendere lo spagnolo abrigo sarebbe il termine italiano cappotto. A Cuba nessuno usa il cappotto, neppure in inverno, perché – anche se L’Avana e Pinar del Rio hanno un clima più freddo di Santiago e Baracoa – la colonnina di mercurio non scende quasi mai sotto i dieci gradi. Per il cubano abrigo è sinonimo di maglione, indumento a maniche lunghe, al limite soprabito. Nella traduzione opto per la terza soluzione. (Gordiano Lupi)


 
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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