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Gaetano Barbella, editoria elettronica e libro tradizionale.
25 Agosto 2006
 

Ho conosciuto Gaetano Barbella perché è intervenuto su Tellusfolio commentando il 14 agosto 2006 l’articolo riferito all’esperienza didattica sulla Sezione Aurea svolta all’ITCG-Liceo di Chiavenna. La rubrica sul portale dedicata alla scuola necessita di scambi e intrecci sulla didattica e di materiale per sviluppare conoscenze. Come è nata la collaborazione di Barbella a Tellusfolio - che credo originale - è spiegato dalle lettere qui sotto trascritte.

Claudio Di Scalzo

 

 

CDS. 23.8.2006

 

Gentile Gaetano Barbella, ...ho letto il suo commento e conto di girarlo alla docente (la prof.ssa Edy Lisognoli che lavora con il prof. Scaglianti per la manualistica) che nel mio istituto si occupa di questa attività didattica. Ma le scrivo non solo per ringraziarla del suo commento che arricchisce il portale, ma anche per dirle che se lei si occupa di didattica o di matematica nei suoi aspetti creativi, se ha voglia di partecipare a Tellusfolio con articoli io le metto a disposizione le pagine nelle sezioni da lei visitate. Saluti alpini da un pisano appena tornato dal mare, Claudio Di Scalzo

 

 

Gaetano Barbella. 24.8.2006

 

Caro Claudio,
niente di più facile che permetterle di attingere alla fonte delle mie concezioni (non di un accademico, ma di un semplice geometra che sognava di poter fare comunque egregie cose), alcune delle quali sono all'insegna di una geometria di nuovo conio. Per la scuola, mi pare che sia cosa più che buona fare questo. Perciò scelga dal repertorio del mio sito, Il geometra pensiero in rete
, a cominciare dagli articoli sul portale (uno dei quali è sul rombicubottaedro del «Ritratto di Luca pacioli»: un'interpretazione mai concepita ad oggi), quel che ritiene interessante per i suoi studenti in particolare. Mi basta solo che sia citata la fonte delle pubblicazioni che vorrà fare a riguardo. Oppure potrei confezionarle qualche articolo inedito. Sto scrivendo sull'editoria elettronica in rapporto al libro tradizionale. L'anno scolastico fra poco inizia e che sia anche per me come se fossi in mezzo agli studenti per essere di loro aiuto, sprone ed esempio.
Cari saluti,
Gaetano

 

 

Editoria elettronica e libro tradizionale

 

Ho letto da qualche parte, scorrendo il web tempo fa, questa domanda: «L’editoria elettronica distruggerà il libro?»

Ecco, vi dirò la mia opinione a riguardo, riportando il testo di un’altra domanda rilevata sempre sul web cui ho risposto con un commento. E poi aggiungerò alcune riflessioni che mi sono sorte dopo, a perfezionamento di ogni cosa del tale che aveva posto la domanda, ma non me la sono sentita di aggiungere un successivo commento a perfezionamento, che poi riferirò, all’altro suddetto convinto di non essere recepito.

La domanda era questa: «Qualcuno conosce qualche significato del basilico?» (1). E questo il testo relativo dal titolo «Visualizzazioni»:

«Durante una sessione di training autogeno (misto a yoga) ho avuto una visualizzazione molto nitida e curiosa ... apparentemente senza significato. Ne sto cercando la simbologia archetipica. Si tratta di una pianta di basilico perfetta, sana, piantata in un'aiuola di terra ricca con le zolle smosse. Qualcuno conosce qualche significato del basilico? In internet ho trovato alcune leggende legate alla pianta in questione. "L'origine è infatti probabilmente da individuare in India, anche se già quattromila anni fa la sua coltivazione era diffusa in tutta l'Asia. In Europa fu introdotto dai Romani, mentre in America fu conosciuto solo con l'arrivo dei coloni inglesi nel XVI secolo. La modesta pianta, assai nota in tutte le case per il profumo che conferisce alla cucina mediterranea, ha goduto in passato del più grande rispetto. Ciò è confermato anche dall'etimologia del suo nome, che deriva secondo alcuni da basiliscus (un drago che uccideva con lo sguardo, e contro il quale la pianta rappresentava un valido antidoto), secondo altri dal greco basilikós, che significa “regale”. Anticamente i Greci pensavano che per un buon raccolto della pianta occorresse pronunciare una serie di imprecazioni nel momento in cui la si seminava. Nella tradizione cristiana invece la sacralità attribuita al basilico deriva da due leggende distinte ma fra loro confluenti: la prima narra che il basilico nacque nel vaso in cui Salomè aveva sotterrato la testa di San Giovanni Battista; la seconda narra che esso fu trovato dall'imperatrice Elena, madre dell'imperatore romano Costantino, sul luogo della Crocifissione di Cristo, e da lei in seguito diffuso in tutto il mondo. Altre tradizioni popolari hanno al contrario associato al basilico l'idea dell'amore terreno. Nel Trecento veniva composta in Italia una canzone popolare ispirata alla storia di Isabella da Messina, che conservava la testa dell'amante decapitato dai suoi fratelli in un vaso di basilico, poi trafugato dai fratelli stessi (episodio ripreso dal Boccaccio nel suo Decameron). In secoli più recenti la simbologia attribuita a questa pianta cambia ancora: un vaso di basilico sul balcone di una fanciulla sembra fosse interpretato come segnale della sua disponibilità a ricevere l'innamorato.". Ma da questo a visualizzarla in uno stato meditativo ...».

 

Ed ecco il mio commento datato 11/05/2006:

 

«Dice il proverbio: La scusa del basilico è la rovina dell’orto. Quando con la scusa d’inezie e a forza di puntigli si rovina cose grandi e patrimoni, o con scuse piccole, pretesti, si danneggiano persone e grandi interessi. Il “basilico” indirettamente si lega alla povertà che a volte è simile ad una donna cenciosa che guarda un vaso di basilico. Ma il “basilico” può essere confuso per il “basilisco”, uno strano animale dell’immaginazione pestifero se non mortale. Dunque il “basilico” porta al “basilisco” che nell’esperienza da te riferita, si sono guardati nello specchio della tua coscienza. Ecco che una imprecisata “povertà” (forse brama) in te ti dispone a vedere il basilico in questione, come a cercare di coglierne la vegetabilità per sé con la tua “mano eterica” visiva. Il proverbio ti pone in guardia per far capire che non sarà quel basilico (cosa da poco) a sollevare dalla miseria il desiderio di cose che mai vedrai appagate. Metti perciò al secondo piano il “cannocchiale” (il blog), adatto per le cose da lontano che mai ti appagheranno le cose attinenti il basilico per le quali basterebbe un semplice paio di occhiali per vedere da vicino».

 

Riflessioni:

 

Restava da immaginare un messaggio meravigliosamente celato in ciò che mi è venuto in mente di dire li per li, col commento suddetto. Quasi una «bottiglia del naufrago» per porre sul moggio ciò che ormai era fuori portata del giovanotto preso dal ciarlare sull’onda del blog e ridurrre ogni cosa detta, insieme a miriade di altri come lui, a rifiuti semiotici. Si è capito che si tratta del libro, lasciato in soffitta da quel giovanotto del training autogeno.

Intanto tutto ciò che è riportato sul mio suddetto commento l’ho rilevato da un piccolo manualetto diviso in due libretti, Dizionario Illustrato dei Simboli di G. Ronchetti, edito dalla Hoepli. Questo per dire che le informazioni che cerchiamo, a volte non si trovano su Internet, per esempio su Wikipedia cui molti ricorrono come da santone indiano.

La morale è che Internet è come il cielo stellato: è meraviglioso, pieno di fascino e cose da sapere, ma a volte è lontanissimo e per quanto lo si avvicini a noi, con un «Cannocchiale» - mettiamo -, per riferirmi ironicamente al caso suddetto, mai lo si potrà toccare con mano. Mentre col libro è diverso, prima perché è intimamente a portata di mano e poi perché esso è nato ancor prima di Internet, quindi può essere che certe nozioni non siano ancora note sul web.

Il libro è come quel modesto vaso del basilico suddetto che porta alla consapevolezza di un saporito alimento, poiché si tratta di una rinomata pianta molto usata in cucina, cosa che è stata trascurata come simbologia per il messaggio derivato dallo stato meditativo di quel tale. Meglio ancora, Il libro può paragonarsi ad una fantastica coppa del Graal, cui ha attinto per secoli e secoli il genere umano per far «crescere e moltiplicare» la sapienza.

Nella mia piccolezza, mi sovviene una filastrocca napoletana (2) che parla del potere di una semplice coppa, antica quando il libro che si vorrebbe soppiantare, anzi ancora più antica. La sentivo dire da bambino prima di un racconto o di una favola e fa cosi:

«Ce steve 'na vota 'nu viecchie,

e 'na vecchia areto a 'nu specchio,

areto a 'nu monte...

Statte zitte che mò tu conte.

E tu conte dint' 'a tiana,

mammeta e patete i ruffiani».

Tradotta fa così:

«C'era una volta un vecchio, / ed una vecchia dietro uno specchio, / dietro un monte... / Stai zitto che or te lo racconto. / E te lo dico dentro un tegame, / mamma e papà i ruffiani».

Come sembra ravvisarvi, c'è l'essenziale del minimo della vita se non di più, che io intravedo nel modo seguente. Il passato, che è anche punto di termine della vita in quei due «viecchi» quando facciamo riflessioni davanti allo specchio, vuol indicare al limite la nostra coscienza, ma è anche la normale attività di pensiero. Il presente è il superamento del monte delle asperità della vita riconducibile anche alla prospettiva del mistero riposto nella fine di ogni cosa, la morte. Nel presente l'emblema dei due «ruffiani» in noi che sono sempre i due «viecchi», ci aiuta a svincolarci dalla superbia causa dello svanire dell'amore per dar luogo ad un incerto e periglioso «fai da te» che si ravvisa nella raccomandazione di «statte zitte», ossia rifletti prima di svincolarti dai due in questione, ovvero prima di costituirti artefice di te stesso, se non vuoi sperimentare la mortale solitudine del vuoto dell'anima.

E poi si tocca terra raccomandabile con la «tiana», col vaso delle cose che sembrano amabili, ma anche delle cattive sorprese frammischiate sapientemente (se si sta “zitti”, però). Può servire il “digiuno” per evitare l'amarezza che potrebbe trapelarsi in questa o quella ciotola del nutrimento, che, gira e rigira, non è possibile evitare? O forse altre «tiane», più in là, ci sembrano migliori come amori che riteniamo ci spettino, risolvino ogni cosa non più gradevole dei vecchi orcioli? Ma se ciò fosse, come sembra che avvenga oggi, non restano che lo specchio ed il monte, come voler dire attenzione a non corrompere anche questi “due” dalle apparenze poco o nulla incisive, ma che costituiscono le sostanziali “radici” delle nostre origini divine.

(Gaetano Barbella)

 

1 - Da il Cannocchiale - Blog area

2 – Da I racconti di zi' Maria


 
 
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