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Michelangelo Tumini / Antonia Sani. La scuola “regionalizzata” e il federalismo di marca leghista
01 Maggio 2010
 

È da più giorni che rimugino sugli aspetti che attengono la scelta sul federalismo di targa leghista e i deleteri effetti che mi sto immaginando che produrranno. Avverto tanta difficoltà a condividere il consenso espresso dall'opposizione che sta in Parlamento e che ora pare invece orientata a fare più attenzione nel momento in cui verranno presentati i decreti delegati. Le riflessioni che appaiono nell'articolo che invio ci dovrebbero far riflettere.

Io ho un chiodo fisso ed attiene al problema fiscale. Con il federalismo fiscale, si torna, a prima del 1972 quando esisteva la tassa di famiglia, che nel 72 venne trasformata in IRPEF. Per chi non l'avesse vissuta e nemmeno studiata per ovvie ragioni, funzionava così: la commissione (il Sindaco in una parola) stabiliva le famiglie che dovevano pagarla e chi no. Ricordo che a ruolo c'erano soltanto le famiglie povere, quelle più ricche erano escluse. Le prime osservazioni a tale metodologia vennero poste quando i primi figli dei contadini presero il diploma e laurea. Pertanto chi può eviti di vederci il buono in questa scelta.

L'evasione fiscale o lo spreco del denaro pubblico, si ferma quando la pratica politica è imperniata sull'applicazione delle norme vigenti e non viene condizionata dal voto di scambio. Tutti gli altri meccanismi, dove si è abituati a favorire gli amici degli amici, il meccanismo di controllo dal basso chi lo farà funzionare, il controllo dal basso chi lo praticherà. La selezione del personale politico non lo si farà con i costi standard o con le altre imposte e tasse a valenza locale. Per capire cosa voglio dire basta ragionare sul tema dell'edilizia. Solo una cultura politica che pone al centro i diritti può, forse, dare una risposta sia al leghismo che alle mafie.

 

Michelangelo Tumini

 

 

La scuola regionalizzata,
un ulteriore passo verso la distruzione

 

di Antonia Sani (da Cronache laiche)


Il ddl sulla ‘regionalizzazione’ della scuola, che porta il nome di Paola Goisis (foto) – parlamentare della Lega – stravolge ufficialmente li concetto di “territorio” come luogo della partecipazione collettiva al rafforzamento della democrazia nell’intero paese. Nella scuola, la partecipazione prevista dalla Costituzione ha tardato la sua nascita. Gli Organi Collegiali vedono la loro prima attuazione nel 1975. Da allora, dopo un primo decennio di affermazioni positive, la loro governance è stata sempre più contrastata, sia dalla vischiosità della burocrazia ministeriale che dalla tendenza dei potentati locali – in particolare nelle regioni del nord che vedranno crescere la Lega - a far coincidere le iniziative sostenute o patrocinate con l’esaltante ricerca di una presunta identità territoriale.

Il territorio come “proprietà esclusiva di chi lo abita” rappresenta una forte inversione di tendenza rispetto a quanto è stato fatto negli ultimi secoli per costruire l’unità d’Italia, e a una visione del territorio come laboratorio di democrazia. Deboli sono state in questi anni le reazioni da parte delle forze democratiche, protese spesso a imitare quei modelli nella speranza di facili consensi.

Prima ancora che un attacco inaccettabile alla scuola della Costituzione fondata sulla garanzia dell’uguaglianza degli accessi all’istruzione, questo ddl ci preoccupa poiché rappresenta l’epilogo di un processo in atto ormai da tempo, in cui si sono accarezzati pulsioni e istinti  retrivi sempre pronti a riemergere nella popolazione.

Non è un caso se dal loro rafforzamento la Lega è riuscita a ottenere l’ottimo risultato. Ognuno si rinchiuda nel proprio territorio, ergiamo mura e scaviamo fossati, allontaniamo gli infedeli dalle nostre scuole, le lobby locali provvedano all’istruzione che più le soddisfa, con docenti e dirigenti garantiti, di origine controllata.

Questa la futura Italia del Nord col plauso del popolo bue. Forse qualcuno di coloro che storcono il naso di fronte all’aggettivo “statale” capirà a questo punto il senso profondo che deve essere attribuito a questo aggettivo, quale garanzia di pari opportunità su tutto il territorio nazionale.

Si dice che il ddl Goisis si mette di traverso alla proposta di Valentina Aprea ferma da un anno in commissione Cultura (mentre spezzoni di “riforma” stanno avanzando...), ma ci pare che, al contrario, questo ddl le apra le porte. Bastano pochi ritocchi per uniformarla allo spirito leghista.


 
 
 
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