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Maria G. Di Rienzo. Umanità, dignità e rispetto
 
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   31-01-2009
Commenti troppo estesi come quelli di Roxas non verranno più pubblicati. Il Commento deve essere agile e non configurarsi come saggio o articolo esteso. Quest'ultimi poi sarà la Redazione a decidere se pubblicarli o meno. Ricordiamo che gli abbonati a TELLUS annuario hanno la precedenza. LA REDAZIONE
La Redazione   
 
   31-01-2009
Un argomento che, apparentemente, dovrebbe godere dei crismi dell'ovvietà, ma così non è...
Il momento in cui l'uguaglianza fra gli uomini diventa argomento di dibattito, significa che gli egoismi di razza, di cultura o di religione, hanno avuto il sopravvento.
Il più importante documento della Chiesa cattolica che pone un punto fermo sull'uguaglianza fra gli uomini, trasferendone la valenza nell'ambito dei diritto e non della occasionale concessione, è l'enciclica Populorum Progressio di Paolo VI.
Purtroppo oggi si cerca di dimenticare e far dimenticare le conquiste del Magistero sociale, anche da parte delle alte gerarchie di questo Vaticano.

L'eguaglianza di diritto
(Rosario Amico Roxas)

L'accelerazione della storia ha ristretto i confini del mondo, modificando i tempi di azione e reazione ad ogni tipo di evento. Non poteva sottrarsi a questa evidenza il Magistero Sociale della Chiesa, pur nelle riflessioni attente che la caratterizzano.

Se l'Enciclica 'RN' iniziò il moderno discorso sociale della Chiesa, trasferendo i rapporti tra gli uomini dalla sfera paternalistica medioevale alla sfera dei diritti inalienabili e, quindi, della giustizia sociale, la Populorum Progressio (di seguito PP) segnò il momento alto della evoluzione del pensiero sociale della Chiesa, contrapponendo alle disparità di fatto tra gli uomini e le nazioni, una fondamentale eguaglianza di diritto, dando inizio ad una più moderna sociologia
Leone XIII iniziò l'itinerario sociale rivolgendosi ad una società statica, individualista e ostile al diritto di libera associazione, rivendicò il diritto dei corpi intermedi alla propria esistenza.
Pio XI e PIO XII si ritrovarono in una società in movimento, minata dalla contrapposizione di gruppi già riconosciuti legalmente, ma ostili fra di loro.
Insistettero sull'ordine corporativo perché rappresentava la sola possibilità di unire armonicamente in un solo corpo sociale gli interessi più diversi.
Giovanni XXIII e il Concilio vissero in un mondo in pieno processo di socializzazione, per questo il corporativismo fu sostituito con il cooperativismo, in grado di comprendere nel suo interno tutte le classi sociali e tutti i paesi del mondo. Immutato rimane nei principi il suo invito alla partecipazione di tutti nell'edificazione della società. Sostanzialmente identico è il modello teorico a cui si ispira: quello di un insieme pluralistico di istituzioni a natura privatistica, tra loro in posizione di parità giuridica, ma regolate dal diritto pubblico in quegli aspetti che toccano direttamente il bene comune.
Paolo VI, con la Populorum Progressio, ha fatto sentire a tutti gli uomini, ma principalmente ai credenti, tutto il peso della loro responsabilità verso Dio e verso gli uomini.
I principi di solidarietà e di socialità, specialmente nella Chiesa, non agiscono sulla realtà per forza propria, ma debbono essere mediati e applicati alle situazioni diverse della realtà del mondo che, in una sintesi mirabile, il documento pontificio rivela e chiarisce:

'…. Fondata per porre fin da quaggiù le basi del regno dei Cieli e non per conquistare un potere terreno. La Chiesa afferma chiaramente che i due domini sono distinti, così come sono sovrani, ciascuno nel proprio ordine.' (PP n. 13)

La Chiesa, però, opera e vive nella Storia e deve, quindi, partecipare, aiutare e soddisfare le aspirazioni umane dell'uomo; si tratta dello sviluppo integrale dell'uomo, nelle sue esigenze terrene e nelle sue esigenze spirituali; il suo sviluppo non può essere più un fatto individuale, ma sociale, globale; per usare un termine oggi attuale, si tratta di realizzare la globalizzazione dell'umanesimo, moderna traduzione di quell'Umanesimo Integrale che sviluppò le coscienze negli anni '60.
Purtroppo oggi si parla solamente della globalizzazione dei mercati, perché le nazioni più avanzate tecnologicamente si ritrovano a produrre più di quello che possono consumare, per cui è diventato urgente penetrare nei mercati dei popoli sottosviluppati o in via di sviluppo per stimolare nuovi bisogni in linea con la produzione eccedente, senza analizzare i loro reali bisogni. Si viene a creare una spirale perversa di fornitura di beni non necessari a fronte di indebitamenti che creano voragini economiche, promuovendo sempre nuove dipendenze, dalle quali è sempre più difficile affrancarsi.
Il mondo, già diviso in Nord, opulento, produttore e creditore, e Sud, povero, arretrato e indebitato, ma consumatore, vede aumentare le divisioni, per pagare il suo debito si impoverisce ulteriormente, privandosi delle materie prime di cui dispone e delle quali il mondo del Nord è carente. L'Indonesia, così gravemente colpita dal maremoto del 26 dicembre del 2004, per pagare una parte dei debiti ha dovuto procedere alla deforestazione delle coste con milioni di metri cubi di legname pregiato; questa deforestazione ha moltiplicato in maniera esponenziale i danni che lo tsunami avrebbe in ogni caso prodotto, ma in maniera meno drammatica; la stessa deforestazione è avvenuta in Brasile e Argentina.
I problemi sociali che provoca l'accaparramento del petrolio da parte dell'Occidente a danno dei paesi produttori, che appartengono alla parte Sud del pianeta, sono sotto gli occhi di tutti.
In questa dinamica di produzione e vendita si inserisce l'enorme produzione di armi e l'esigenza di venderle, per cui diventa una scelta obbligata quella di promuovere e stimolare guerre in tutto il mondo, perché possa accelerarsi la domanda di armi sempre più potenti e sempre più distruttrici.
L'inserimento della Chiesa in questo itinerario risulta indispensabile per tornare a proporre alternative umane contro la disumanizzante logica del possesso. Anche se lo scopo della Chiesa non è di natura terrena, ha ben il diritto di dire la sua parola quando si tratta di indirizzare l'evoluzione sociale verso il bene dell'uomo e di tutti gli uomini. Non c'è aspirazione a dettare un ordine nuovo o un certo e ben identificato tipo di organizzazione, ma il rispetto del mandato spirituale che, vivendo in questa terra, troppo spesso si mescola con le esigenze terrene. Questo concetto fu espresso con molta chiarezza da Paolo VI il 4 ottobre del 1965 davanti alla XX Assemblea delle Nazioni Unite:

'Colui che vi parla è un uomo come voi, anzi, tra di voi uno dei più piccoli, egli non ha ambizioni di entrare in competizione con voi. Non abbiamo nulla da chiedere, nessuna questione da sollevare, al più un desiderio da formulare e un permesso da sollecitare: quello di potervi servire in ciò che vi compete, con disinteresse, umiltà, amore….'

E' il progetto di sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini; un umanesimo chiuso e insensibile, che si trasforma in pragmatismo interessato, avrebbe, apparentemente, maggiori possibilità di trionfare.
Senza dubbio l'uomo può organizzare la terra senza Dio, può disconoscere la trascendenza del pensiero umano, ma senza quella meta che non compare, ma vive dentro ogni uomo, la vita stessa non potrà che essere programmata contro l'uomo, o composta di uomini contro altri uomini, ben lontani da quella complementarità che rappresenta la vera ricchezza del genere umano.
Non basta invocare l'aiuto di Dio per rispondere a queste esigenze, non basta e, spesso, diventa addirittura blasfemo, se quell'aiuto divino viene richiesto in occasione di guerre contro altri uomini, per far valere l'uso della forza in alternativa all'uso della ragione. L'umanesimo esclusivo ed egoista diventa un umanesimo inumano; la stessa creatura umana ascende e si perfeziona solo se lo spirito prevale sui richiami del materiale e dell' immediatamente utile.
La realtà è questa, che la natura umana rimane sempre fondamentalmente identica e permanente, ma implica nello stesso momento anche un aspetto sociale: comporta una finalità personale, cioè la libera autonomia di ogni soggetto e il rispetto delle libere autonomie degli altri soggetti, solo così si potrà promuovere il bene comune.

Rosario Amico Roxas   
 
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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