Le bocce nel mondo della politica sono tutt’altro che ferme. La designazione, uscita dalle primarie, di Pier Luigi Bersani a segretario del PD, al di là del fatto che abbia avuto, soprattutto nelle regioni rosse, il sostegno dei maggiorenti del partito, merita rispetto e attenzione.
Sicuramente la fuoriuscita di Francesco Rutelli, da tempo covata e annunciata, è prematura e mancante di fondamento. È vero, infatti, che, sempre nelle regioni rosse e non solo, chi ha espresso la propria preferenza per avere come leader l’ex ministro (tra l’altro uno dei migliori della vecchia compagine governativa) lo ha fatto perché convinto che poco o nulla sarebbe cambiato degli assetti interni (ed esterni). Ma non è detto che, per forza, debba andare così e che, in realtà, il neosegretario non possa rivelarsi, a dispetto delle apparenze, una sorpresa.
È un bel rebus e l’unico modo per risolverlo sta nel non pronunciare giudizi affrettati e/o preconcetti.
Intanto, l’idea di concentrarsi su un programma anziché sul trito e perdente antiberlusconismo, è significativa e non può che essere accolta positivamente. La decisione di non partecipare alla manifestazione del “No Cav Day” può essere intesa, in questo senso, come un buon inizio, così come la possibilità di candidare Emma Bonino alla guida della Regione Lazio in una sfida nient’affatto facile con una contendente capace e di tutto rispetto come Renata Polverini. Naturalmente, vedremo se e come alle intenzioni seguiranno i fatti.
Anche l’incontro con Di Pietro non può che ricevere apprezzamenti soprattutto perché è stato rimarcata l’autonomia, pur nel parallelismo, delle due visioni. Ci si aspetta adesso di verificare come Bersani si comporterà nei confronti dei radicali, con cui, come è noto, il PD ha avuto finora un rapporto senza dubbio travagliato, teso, conflittuale, di certo non per colpa della compagine di via di Torre Argentina ma a causa del protrarsi di inconcepibili, vergognose, pregiudiziali antipannelliane.
Al di là del dato numerico, non si può negare che la vera spina nel fianco del PD siano proprio i radicali e questo perché non hanno mai cavalcato ondate emotive e populistiche ma da oltre cinquant’anni perseguono con fermezza una linea propositiva, riformatrice, non partitocratrica, che travalica gli angusti confini nazionali per caratterizzarsi come alternativa globale, trasnazionale, allo stato delle cose presenti. Nella politica radicale s’incardinano e inanellano perfettamente i diritti civili alla lotta contro lo sterminio per fame e sete nel mondo, le problematiche ambientali, oseremmo dire ecosofiche, cioè di conoscenza adeguata dell’oikos, dell’abitare in modo consapevole, rispettoso, nel pianeta, del prendersi cura della componenti animali, vegetali, persino fossili del pianeta, a quelle di natura economica. Per non parlare delle battaglie per porre fine alle mutilazioni genitali femminili o alla barbarie della pena di morte. L’ultima, poi, per scongiurare che presidenza dell’Unione europea finisca nelle mani di Tony Blair è emblematica.
«Abbiamo tentato di documentare» ha tuonato Marco Pannella «che non solo Bush, ma se possibile ancora peggio di lui, c’è stato un personaggio che ha tradito il proprio Paese ed il proprio giuramento reiteratamente, che è stato corresponsabile di una politica assassina, negata e nascosta al proprio Paese, malgrado quei documenti interni scritti dei propri diretti collaboratori, e questo è Tony Blair. Abbiamo cercato, anche con Emma Bonino, nei mesi che precedettero l’inizio della guerra in Iraq l’unica alternativa possibile. Ebbene io accuso, imputo Blair di tradimento e responsabilità di aver permesso a Bush di scendere in guerra, non permettendo la soluzione dell’esilio di Saddam. Vigliaccamente Blair è stato il principale, silenzioso e obbediente, collaboratore del Presidente americano. Dietro il volto bello di questo personaggio c’è qualche realtà shakespeariana indegna, del traditore umano ed istituzionale».
Che farà, a questo proposito, il PD di Bersani?
Il centro intorno a cui ruota la politica radicale, che senza alcuna enfasi risulta essere l’unica ad affrontare le questioni in una prospettiva di medio e lungo termine e non quindi secondo una chiave episodica, è dato dalla legalità.
Non è un caso che il partito di Pannella abbia via via incontrato nella sua strada un numero davvero straordinario di esperti, studiosi, premi Nobel, come l’economista bengalese Amartya Sen che ha insistentemente affermato il nesso tra diritto e sviluppo. Il progresso non è cioè misurabile soltanto dal livello di pil ma dall’indice di democrazia interna, dalla capacità di comunicazione e di trovare, nel confronto, rimedi e correttivi alla sperequazione. Senza libertà, senza benessere individuale, senza garanzie relative alla qualità della vita, non è neanche lentamente concepibile alcun miglioramento economico generale.
Tra qualche giorno, precisamente dal 12 al 15 novembre, i radicali si riuniranno in congresso a Chianciano. Occasione migliore non può esserci per Bersani per dire con franchezza se il suo PD vorrà fare a meno o no del contributo radicale e soprattutto se finalmente si potrà lavorare insieme per un’alternativa di governo, un’alternativa, non un’alternanza, credibile perché programmatica e non basata sulla perdente vaghezza antiberlusconiana.
Francesco Pullia
(da Notizie radicali, 30 ottobre 2009)