«Le modalità di somministrazione sono un atto medico», spiegava ieri il direttore dell'Aifa Guido Rasi (foto) in merito al ricovero della donna che pratica l'aborto farmacologico piuttosto che quello chirurgico. Oggi il ministro Maurizio Sacconi rimanda ancora all'Aifa questa decisione strattonandola indecentemente. Sia in sede di audizione che altrove, infatti, il ministro ha citato come suo unico interlocutore il presidente dell'Aifa (sfiduciando di fatto il direttore, persona incaricata della pubblicazione della delibera), sostenendo che il presidente dell'Aifa, Sergio Pecorelli, gli avrebbe detto che il regime di «day hospital è incompatibile con la delibera dell'Aifa del 30 luglio». Delibera che -ricordiamolo- precisava la necessità di “garantire” alla donna il ricovero dalla prima assunzione alla seconda, senza specificare né il tipo di questo ricovero, né che fosse continuativo.
Il termine “garantire” il ricovero è compatibile con la legge 194, che all'articolo 8 precisa che l'interruzione volontaria di gravidanza si pratica in ospedale e «se necessario» si prevede anche il ricovero. Questo, ovviamente, si può anche interpretare ed è aperto un confronto. Ma è chiaro, invece, come il Governo faccia pressione sull'Aifa. La relazione di Sacconi, fino alla replica, appariva, pur se con toni concilianti, quella di un crociato:
- la definizione legislativa dell'aborto come male,
- il rispetto sostanziale della legge più che quello formale e quindi interpretabile a piacere,
- l'ammissione di come la pratica del mutuo riconoscimento di un farmaco sia un “problema” invece che una opportunità,
- considerare “disdicevole” che una donna, contro la volontà del medico e la prescrizione della legge, firmi per lasciare il ricovero,
- il rischio banalizzazione dell'atto abortivo, capo d'imputazione principale per il metodo farmacologico.
Che l'Aifa sia sotto pressione politica è dimostrato da:
- 700 giorni per il mutuo riconoscimento e la commercializzazione della Ru486, rispetto ai 90 previsti dalla direttiva recepita dal nostro ordinamento;
- la enorme quantità di dichiarazioni che si basano anche sulla elusione e sul travisamento dei più elementari dati scientifici. Ad esempio i 29 morti nel mondo su cui è stato montato un can can incredibile. Ventinove morti tra cui due uomini che usavano la pillola per curarsi la depressione, 10 donne che facevano altrettanto e le restanti che l'avevano assunta in modo difforme dalle prescrizioni;
- l'indagine conoscitiva parlamentare la cui ratio è solo nei pruriti degli anti-abortisti che hanno colto una nuova occasione per violentemente impedire una pratica legale;
- l'appello finale rivolto dallo stesso ministro ai membri della commissione Sanità affinché i lavori della stessa si chiudano presto per dare “indicazioni, sollecitazioni”... a chi non è ben chiaro...
Donatella Poretti