Hernán Henriquez è uno dei maggiori esponenti del disegno animato e del fumetto cubano negli anni successivi alla rivoluzione. Il suo tratto grafico, le battute salaci e irriverenti rivestono un’importanza unica nella storia del fumetto centramericano. Hernán Henriquez è stato uno dei fondatori di questa peculiare forma d’arte, un vero e proprio pioniere, che ha disegnato e pubblicato strisce in patria per vent’anni (1960 - 1980), ottenendo riconoscimenti e successo, ma a un certo punto della sua vita si è visto costretto a espatriare negli Stati Uniti.
Hernán Henriquez cominciò a lavorare ai disegni animati sotto l’influenza artistica dei prodotti statunitensi e nel 1958 si iscrisse a un corso per corrispondenza in California. Apprese le basi del mestiere di cartoonist ma al tempo stesso cominciò a lavorare in un’agenzia di pubblicità. Tutti dicevano che a Cuba non si poteva campare facendo disegni animati e scrivendo fumetti comici, perché era un mestiere che non esisteva, ma Hernan aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro.
Fidel Castro prese il potere nel 1959 e con il passare degli anni trasformò Cuba in un rergime comunista. Tre mesi dopo creò l’Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica (ICAIC), con lo scopo di fondare una vera e propria industria cinematografica cubana. Il cinema divenne un mezzo di comunicazione importante, un veicolo fondamentale per manipolare le masse dal punto di vista intellettuale.
Hernán Henriquez comprese di essere artisticamente dotato sin dalla scuola superiore e fu merito della sua professoressa di disegno se trovò lavoro nell’agenzia pubblicitaria Siboney che produceva disegni animati. Conobbe i disegnatori Jesús de Armas y a Eduardo Muñoz, da loro imparò i trucchi del mestiere impiegandosi in un oscuro compito di inchiostratore e di rifinitura. Visto che l’agenzia aveva molto lavoro, Hernan si trovò a fare alcune animazioni da solo e le portò a termine con rapidità ed efficienza. Tutti furono sorpresi per la qualità del disegno, paragonabile ai lavori degli animatori più esperti, al punto che Jesús de Armas e Eduardo Muñoz gli proposero di lavorare insieme per creare un dipartimento dedicato ai disegni animati all’interno dell’ICAIC. I due disegnatori volevano realizzare un cartone animato della durata di tre minuti intitolato La Stampa Seria, un progetto pilota da mostrare ad Alfredo Guevara, Presidente dell’ICAIC, per convincerlo ad appoggiare la loro idea. I disegnatori si misero all’opera sotto la direzione di Santiago Alvarez, in seguito nominato direttore del telegiornale, e fu un lavoro duro perché Fidel Castro voleva vedere subito la pellicola. Gli autori dovettero lavorare due giorni consecutivi per terminare animazioni, colore e montaggio, ma per il lavoro di edizione si dovette ricorrere a un laboratorio da 35 millimetri che si trovava in Messico.
Al tempo gli organi di stampa erano ancora nelle mani del vecchio regime, anche se il governo disponeva di propri uomini all’interno dei periodici per censurare e modificare notizie. Il disegno animato doveva servire proprio ad appoggiare la lotta del governo contro la stampa borghese, per questo era intitolato La Stampa Seria. Il personaggio della storia era un individuo apatico che non credeva nella rivoluzione, ma alla fine si convinceva della sua bontà e sposava la causa. La pellicola venne girata commettendo un errore di animazione, perché a un certo punto sembra che il personaggio muova i piedi all’indietro. Fu proprio questo errore a entusiasmare Alfredo Guevara: “Che cosa geniale! Quest’uomo cammina controcorrente!” esclamò.
La sezione cartoni animati dell’ICAIC cominciò a essere operativa nel dicembre del 1959. Jesús de Armas era il direttore, Eduardo Muñoz il disegnatore, Hernán Henriquez l’animatore e Pepe Reyes il primo aiutante. La prima pellicola animata prodotta dall’ICAIC fu El Maná (1960), che parlava della riforma agraria, era a colori e aveva animazioni molto semplici. I primi studi di animazione (Estudios Cubanacán) fuori aperti in un quartiere periferico dell’Avana, in un edificio lussuoso e moderno, circondato da giardini. Il governo aveva deciso di investire nel progetto e faceva visitare i nuovi studi da diplomatici e turisti perché vedessero la qualità dei disegni animati cubani. Tutti restavano a bocca aperta. Alfredo Guevara mise a disposizione gli strumenti migliori per produrre animazioni che provenivano dalla fabbrica statunitense Oxberry.
Hernán Henriquez rimase otto anni negli studi Cubanacán, ma a un certo punto furono gli stessi autori a convincere l’ICAIC a spostare gli studi nel centro cittadino, all’interno del quartiere Vedado, calle 12 y 23. La nuova sede consentiva un’ispirazione più realistica perché i disegnatori vedevano la vita reale della città e non il finto lusso sfarzoso di una palazzina periferica. Il problema principale era che le idee scritte da Hernán e i primi schizzi dovevano essere approvati da Santiago Alvarez prima della realizzazione su pellicola, per garantire che il lavoro fosse in sintonia con la rivoluzione. Nessuno faceva obiezioni su stile o forma, l’artista era libero di esprimere la propria creatività come meglio voleva, ma era importante che lo facesse nel solco rivoluzionario.
Nei primi anni Sessanta i disegni animati erano rivoltri agli adulti, poi il lavoro si indirizzò ai festival internazionali, infine si cercò di realizzare materiale didattico. Soltanto a partire dal 1970 si decise di lavorare per i bambini. I primi cartoni animati cubani non sono per un pubblico infantile, ma servono da strumento politico per far capire all’estero che Cuba poteva realizzare opere cinematografiche come un paese sviluppato. Nei primi anni della rivoluzione il telegiornale era la trasmissione più importante, per questo veniva presentato al cinema prima dei lungometraggi. In questo modo Fidel Castro mostrava il suo volto al popolo, perché a Cuba la televisione era ancora poco diffusa, mentre tutti andavano al cinema. I cartoni animati erano una sorta di omaggio al popolo, nella forma di brevi cortometraggi di dieci minuti che accompagnavano film e notiziario.
Molti cartoni animati furono esportati e parecchi stranieri vennero a Cuba per vedere le tecniche operative. Fu così che Hernán Henriquez conobbe il canadese Norman McLaren, incuriosito dalle pellicole cubane e soprattutto da El Maná. Hernán lavorò all’interno dell’ICAIC per vent’anni, realizzando circa cinque produzioni all’anno. Tra i suoi cartoni migliori ricordiamo: Niños, Oro Rojo, Tea la Jicotea, El Alquimi, Osaín, La Historia del Fuego, El Sol es de Todos, Claudio, El Burrito Juguetón. Il migliore in assoluto è Osaín, prima pellicola come direttore dopo aver lavorato quattro anni come animatore.
Hernán incontrò uno scrittore che amava molto i culti afrocubani, lesse un libro di racconti dei negri afrocubani e realizzò un’idea interessante sulla storia di Osaín, divinità dela santeria rappresentata come un bambino che possiede soltanto un piede, un braccio e un occhio, perché un fulmine lo ha diviso in due. Hernán studiò l’argomento, soprattutto i dipinti rupestri degli africani, cercò libri, foto e rappresentazioni di pittura primitiva. Decise di usare il fondo nero e la pittura a colori, seguendo lo stile del pittore cubano Wilfredo Lam, lavorò con l’ottimo disegnatore Tulio Rais e insieme produssero un buon lavoro. Il folklore cubano e il ballo seguendo il ritmo dei tamburi africani è alla base della pellicola animata, realizzata con la tecnica Oxberry, esperimentando valide dissolvenze che creavano immagini molto belle. La pellicola fu realizzata in lingua yoruba con sottotitoli in spagnolo e si avvalse della consulenza di specialisti in materie afrocubane.
Osaín era un bambino molto contento perché viveva in campagna. Un giorno vide un cocco che brillava e, sorpreso, andò a chiedere a suo padre perché il cocco brillasse. Il padre non gli credette, ma disse che sarebbe andato a chiedere lumi allo stregone Urula. Dopo averlo consultato tornò da Osaín e rispose: “Lo stregone dice che i cocchi non brillano”. Osaín allora morì di tristezza perché suo padre non gli credeva; così mentre lo stavano seppellendo, le lucciole che si trovavano dentro al cocco uscirono fuori e si portarono in cielo Osaín. La storia è semplice, ma di una bellezza estrema, molto tenera. Osaín era la pellicola dell’ICAIC più richiesta all’estero, soprattutto in Brasile e nei paesi africani.
Nel 1964 Hernán Henriquez creò la striscia comica Gugulandia, una pagina a colori che è stata pubblicata dai principali periodici nazionali e riviste sino al 1980. Gugulandia è stata la cosa più importante che Hernán ha realizzato a Cuba, perché quel fumetto è rimasto nell’immaginario collettivo dei cubani. Il personaggio della striscia parte dal principio della creazione dell’universo e riproduce un mondo preistorico dove l’uomo che parla per la prima volta dice “Gu”. I personaggi della striscia erano sette e si comportavano come se vivessero nell’età della pietra. Nessuna delle strisce comiche realizzate venne mai rifiutata per motivi di censura, perché il governo non dimostrò mai che l’autore sosteneva idee contrastanti con gli interessi della rivoluzione. La serie cominciò come striscia, quindi nel 1966 si trasformò in tavola autoconclusiva, conservando molti affezionati lettori. Nel 1976 Hernán era così popolare che il Comitato Centrale lo invitò a presentare la sua opera nel Padiglione Cuba, il più importante centro espositivo del paese. Il Ministero del Lavoro voleva utilizzare Gugulandia per spingere l’uomo al lavoro. Hernán realizzò venticinque fumetti che vennero riprodotte in tabelloni alti undici metri. Fu un successo straordinario: l’esposizione venne inaugurata il primo gennaio 1977 - come la principale attività per festeggiare il trionfo della rivoluzione - e in tre mesi fu visitata da centocinquantamila persone.
Nei primi anni della rivoluzione Hernán visse come un privilegiato, lavorando al sogno della sua vita, realizzando cartoni animati e fumetti con le migliori tecniche disponibili. A un certo punto, però, giunsero i problemi economici, la crisi cominciò a far sorgere i primi dubbi nella mente dell’artista, perché il suo privilegio diventava poca cosa in una situazione che si faceva sempre più dura. La vita privata di Hernán peggiorava sempre di più, non c’erano spiragli di miglioramento, perché le possibilità economiche diminuivano con il passare dei giorni. La sua casa cadeva a pezzi e non aveva soldi per ripararla, i vestiti erano sempre meno, le scarpe pure e i generi alimentari scarseggiavano. Cuba cominciò a deteriorasi sotto tutti gli aspetti. Hernán si trovò a pensare che in una simile situazione il suo lavoro non aveva senso. Fu un periodo di grave crisi personale e creativa. Hernán aveva perso la voglia di vivere e di lavorare. Per questo trovò il modo di abbandonare Cuba e di stabilirsi negli Stati Uniti, anche se le autorità governative ostacolarono la sua uscita con ogni mezzo.
Nel 1980, l’industria dei cartoni animati statunitense attraversava una tremenda crisi, Hernán presentò la sua striscia Gugulandia e grazie a lei trovò lavoro come illustratore. Le pagine di Gugulandia servirono anche in California, per cercare lavoro come animatore in uno studio di cartoni animati. Hernán non aveva niente in mano, perché la precipitosa fuga da Cuba gli aveva fatto abbandonare disegni e animazioni nel paese natale. Alla fine Hernán Henriquez trovò impiego a Miami, dove vivevano molti cubani che conoscevano Gugulandia. La rivista Zig-Zag cominciò a pubblicare la striscia comica, che rifletteva i problemi di una società totalitaria, ma l’autore non volle mai essere utilizzato per gli scopi propagandistici di nessun gruppo politico. Hernán Henriquez tornò a essere famoso tra i cubani di Miami quando il Miami Herald decise di pubblicare Guguladia in spagnolo.
Hernán Henriquez afferma: «La cosa interessante è che riesco sempre a scoprire nuove cose grazie a Gugulandia. Quando scrivo le vignette, lavoro con il cervello, cerco spiegazioni alle cose della vita, ai problemi della società e scopro cose sul comportamento umano. A Cuba mi davano uno stipendio, non dovevo pagare un medico, la scuola, né i servizi per la casa. Non si lavorava per denaro, ma per avere una posizione sociale, e quando il denaro non è importante la creatività è più libera. Negli Stati Uniti non è così, perché tutto è condizionato dalle esigenze del mercato, pure l’artista è schiavo dell’economia consumistica».
Gugualdia potrebbe essere un’ottima serie per la televisione, ma per il momento l’idea è ferma allo stato di progetto.
Gordiano Lupi
Molte informazioni sono state prelevate da un’intervista a Hernán Henriquez da parte della giornalista messicana Léa Zagury.