Questo congresso è di fondamentale importanza per il PD. Si tratta di un vero congresso costitutivo visto che nella precedente occasione abbiamo eletto il segretario con una procedura largamente predefinita nel suo esito. Questa volta c’è un vero rimescolamento e la discussione sul merito è necessaria. Per parte nostra non c’è alcuna volontà di personalizzazione dei problemi ne’ alcuna ricerca dello scontro; sono troppo importanti le questioni sul tappeto e troppo delicata la situazione politica e sociale del paese per permetterci di avere uno sguardo troppo ripiegato su noi stessi.
Come prima cosa positiva va sottolineato il fatto che su una serie di questioni rilevanti le tre mozioni presentano importanti punti comuni che sono il frutto dell’importante lavoro fatto in questi mesi. Ciò non toglie che altrettanto significative siano le differenze di valutazione su questioni non marginali e su queste è opportuno che il dibattito si concentri per permettere, ai nostri iscritti in primo luogo, e a tutti gli elettori di comprendere le ragioni profonde che sostengono le tre mozioni presentate.
1. Per quanto riguarda la mozione Bersani il punto centrale da chiarire è se il PD abbia o meno deluso, del tutto o in parte, le aspettative dei milioni di cittadini che si sono resi protagonisti delle primarie. Non è in discussione la grande intuizione che ha portato alla nascita del PD quanto il modo concreto di realizzare il progetto. Nei mesi trascorsi dalla nascita del PD si sono fatte cose importanti che non intendiamo disconoscere, ma certamente sono stai commessi anche gravi errori che abbiamo duramente pagato in termini di consenso sociale ed elettorale, visto che alle ultime elezioni abbiamo registrato una perdita di oltre quattro milioni di voti. Ignorare questo fatto o derubricarlo a fatto accidentale, peggio ancora consolarsi con i guai peggiori di altre forze progressiste in Europa, ci pare un errore che rischia di diventare tragico per il futuro del PD.
Il fatto che le responsabilità siano diffuse non toglie nulla all’esigenza di affrontare il problema per quel che è ed è certamente vero che, nel bene e nel male, che chi porta le prime responsabilità in ogni organizzazione democratica è chiamato in prima persona a farsene carico.
La mozione Bersani parte da questa constatazione e già nella prima pagina indica quelle che ritiene siano le tre cause fondamentali che hanno provocato una perdita di consensi e cioè:
1. l’aver ridotto la vocazione maggioritaria a “nuovismo politico” accentuando l’isolamento del PD;
2. l’aver preferito la suggestione mediatica al duro lavoro di insediamento sociale;
3. il non aver sciolto i nodi sulla natura del partito nuovo finendo per deludere vecchi e nuovi militanti.
Con una analisi più severa si potrebbero evidenziare anche altre lacune non meno importanti, quali ad esempio:
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il rapporto con l’esperienza del governo Prodi e con l’Ulivo;
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la mancata corrispondenza tra le sedi formali e reali di decisione politica che ha svuotato di potere e di significato gli organismi statutari;
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la scelta delle candidature per le elezioni politiche;
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il mancato riconoscimento politico e sociale della sconfitta elettorale;
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l’incapacità di una sintesi vera che ha permesso una confusione di messaggi e consentito la frantumazione del partito in una serie infinita di correnti spesso legate a singole personalità e a logiche di potere;
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la mancata distribuzione delle risorse dal centro alla periferia.
Oggi però non è tanto questo che bisogna discutere quanto il modo per correggere gli errori commessi, cercando di evitare i processi personali e ben consapevoli che una parte importantissima del partito, a cominciare dai circoli, è riuscita, nonostante tutto, a tenere in piedi il partito grazie all’impegno e al sacrificio personale, spesso senza alcuna gratificazione o riconoscimento né morale né concreto.
A queste persone in primo luogo e a tutti gli elettori delusi, e sono tanti, noi intendiamo rivolgerci, non per rimettere in discussione il progetto, ma al contrario per metterlo con i piedi per terra dando “un senso a questa storia” come dice il titolo della nostra mozione.
Non ci pare corretto e tanto meno utile far finta che non sia successo niente e proporsi di rilanciare la proposta del PD senza interrogarsi su quanto è successo dalla sua nascita ad oggi.
Questa è la prima discriminante tra le mozioni ed in particolare con la mozione di Franceschini che, essendo stato vice di Veltroni senza mai distinguersi dalle scelte fatte, porta per intero le responsabilità di quanto accaduto. Ciò non significa non riconoscere il lavoro fatto dopo le dimissioni di Veltroni per cercare di recuperare una situazione molto difficile, ma oggi siamo al congresso ed è necessario proporre ai nostri iscritti ed ai nostri elettori un’analisi rigorosa di quanto è successo e avanzare precise proposte capaci di riaccendere la speranza.
2. Al di là degli errori commessi ci sono, o meno, questioni strategiche, non legate alle nostre vicende interne, sulle quali la nostra analisi ha segnato il passo dimostrandosi inadeguate rispetto ai tempi?
Questo è il secondo interrogativo al quale bisogna dare risposta. A nostro giudizio la capacità di lettura dei profondi cambiamenti in atto nel mondo a livello economico, sociale, culturale e politico è stata inadeguata. Bisogna individuare con precisione le nuove domande che ci pone il nuovo secolo e cercare di dare le risposte più concrete e convincenti.
Anche a questo proposito la mozione Bersani fa uno sforzo importante indicando almeno tre grandi questioni alle quali è necessario dare risposta e cioè:
1. Quanta disuguaglianza può reggere la società?
2. Quale rapporto tra oligarchie economiche e istituzioni democratiche?
3. Come realizzare un modello di sviluppo rispettoso dell’ambiente?
Molte altre potrebbero essere le domande da indicare. A titolo di esempio ne ricordiamo alcune.
- In primo luogo i temi della globalizzazione dell’economia e le trasformazioni del sistema produttivo e del welfare.
- La pervasività delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le loro ricadute non solo sull’economia ma anche sulle persone, sulle mentalità, sull’idea di cittadinanza e sulla stessa pratica della democrazia. In questo quadro il ruolo dell’informazione assume una centralità inedita.
- Le trasformazioni demografiche con particolare attenzione all’invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati con i conseguenti problemi che ne derivano anche in termini di rapporto tra le generazioni.
- La crescita costante della presenza delle donne nel lavoro e nella società senza che ciò si sia ancora tradotto in un adeguato riconoscimento a livello della rappresentanza istituzionale, politica, associativa.
- Gli sconvolgimenti climatici che mettono in pericolo il sistema terra e le problematiche connesse alle fonti energetiche.
- La tumultuosa crescita delle città e del fenomeno dell’inurbamento di milioni di persone che interessa, anche e soprattutto, i paesi in via di sviluppo e che farà sì che nei prossimi decenni metà della popolazione mondiale risiederà nei grandi centri urbani con tutte le conseguenze che ne deriveranno ai vari livelli.
- Il fenomeno delle grandi migrazioni e dell’incontro tra culture, etnie, religioni, diverse con l’affermarsi di problemi assolutamente inediti, almeno a determinati livelli e con l’intensità di oggi, e di grande complessità.
- La ripresa del sentimento religioso, cosa ben diversa dal pericoloso corollario della crescita dell’intolleranza e del fanatismo che, com’è noto, alimenta i rischi di violenza e di guerra.
- Il tema della povertà non solo nel rapporto Nord–Sud del mondo ma anche nelle società sviluppate nelle quali il fenomeno si presenta in forme non solo materiali.
- La crisi della democrazia e delle forme tradizionali della politica che mettono in discussione la partecipazione.
- La modifica del rapporto tra formazione e mobilità sociale che mette in grave difficoltà le generazioni più giovani, private per la prima volta della speranza concreta di migliorare la condizione dei propri genitori, con pesanti ricadute sulla motivazione allo studio e sull’importanza sociale da attribuire, sul serio e in concreto, agli investimenti in formazione che continuano ad essere la chiave del futuro e di una cittadinanza attiva e consapevole.
Un nuova partito, il partito del secolo nasce e cresce se sa dare risposta a queste domande. Questo è lo sforzo che compie la mozione Bersani, consapevole del fatto che non è più possibile ragionare solo sul presente senza analizzare, con il contributo degli studiosi più validi, quanto è successo a partire dagli ultimi 25 anni del XX secolo. Non mancano le analisi ed i contributi. Bisogna avere la volontà e la capacità di misurarsi con essi riallacciando un proficuo rapporto con quel mondo intellettuale che può aiutarci a capire le grandi trasformazioni successe ed in atto, e costruire una proposta politica adeguata. Non si può vincere, convincere e governare con efficacia senza una nuova narrazione, limitandosi ad inseguire la destra sul terreno che le è più congeniale.
3. A questi interrogativi la risposta non può essere data con il ricorso alle impostazioni del novecento. Su questo punto la nostra mozione è chiarissima, là dove afferma che l’Europa segna il passo per motivi oggettivi e soggettivi legati agli errori delle forze progressiste, rimaste legate ad un orizzonte politico economico e sociale caratterizzato dal fordismo, senza aver saputo trovare risposte nuove alla rottura del compromesso sociale messo in crisi dalla globalizzazione. Non c’è alcuna riproposizione pura e semplice delle vecchie ricette socialdemocratiche quanto l’orgogliosa consapevolezza di una scelta innovativa come quella dell’Alleanza dei democratici e di socialisti europei che apre la strada al contributo di partiti importanti e di esperienze significative come quelle in corso negli Stati Uniti, in India, in Brasile e, in Europa, dei verdi, francesi in primo luogo.
Per la mozione Bersani il ruolo dell’Europa e delle alleanze costruite con le forze progressiste europee è una prospettiva strategica. Per quanto non immediatamente riproponibile non può essere ignorato, ne’ misconosciuto, il contributo delle forze socialiste in Europa, protagoniste, assieme al cattolicesimo democratico e alle migliori esperienze liberali, della costruzione del progetto dell’Unione.
4. Una quarta questione riguarda l’analisi della crisi italiana. Su questo punto le differenze tra le mozioni non paiono grandissime. A noi sembra decisivo intervenire su due questioni centrali:
1. la cattiva redistribuzione della ricchezza;
2. il blocco della mobilità sociale.
La nostra mozione indica con precisione i punti di crisi e avanza concrete proposte per ripartire nei capitoletti intitolati:
1. Ridurre le disuguaglianze, liberare il merito
2. Riformare lo Stato per mantenere unita l’Italia
3. Legalità è democrazia
4. Laicità e valori condivisi per un’Italia più civile
5. Da soli si può fare poco.
In queste pagine della mozione si individuano con precisione le proposte sulle quali costruire un progetto di partito capace di ottenere il consenso necessario per governare bene il paese mettendo in atto quelle riforme delle quali si parla da anni senza alcun risultato concreto.
Un posto assolutamente centrale deve essere assegnato alle politiche del lavoro inteso nella sua più ampia accezione. Altrettanto dicasi per il rapporto con le associazioni di tutti i tipi a partire da quelle sindacali e imprenditoriali per arrivare a quelle del tempo libero e del volontariato.
Altra questione per noi decisiva è quella della formazione come garanzia per la crescita di una cittadinanza consapevole e dello sviluppo innovativo del nostro paese.
5. Una quinta questione, di fondamentale importanza riguarda la natura del partito che intendiamo costruire e la sua politica delle alleanze.
Noi intendiamo ritornare allo spirito originario dell’Ulivo inteso come progetto capace di far dialogare esperienze diverse in una prospettiva di dialogo vero finalizzato al governo del paese. Noi non confondiamo il necessario bipolarismo con un bipartitismo estraneo alla storia, alla cultura e alla società italiane. Definiamo con chiarezza come intendiamo declinare la vocazione maggioritaria, non in termini di orgogliosa quanto inutile autosufficienza, quanto piuttosto come volontà di costruire con il PD e attorno al PD la casa comune dei riformisti italiani, dialogando e prestando attenzione a quanto avviene nel centro sinistra e nelle forze di opposizione a questo governo.
Questo è un altro punto dirimente che differenzia le mozioni ed è bene essere molto chiari in proposito. Non abbiamo nessuna vocazione nostalgica per il ritorno a vecchie logiche e sosteniamo l’esigenza di una legge elettorale che rafforzi il bipolarismo mettendo il cittadino nella condizione di scegliere da chi essere rappresentato e governato ai vari livelli.
Abbiamo un’idea precisa del partito che vogliamo costruire assieme e la definiamo con dovizia di particolari nei due capitoli finali della mozione:
- Noi, i Democratici;
- Noi, il Partito Democratico.
In questi due capitoli facciamo uno sforzo in positivo per dire quale vogliamo che sia l’identità e la struttura organizzativa del nostro partito senza mezze frasi o enfatiche formulazioni. Pensiamo ad un partito nazionale, organizzato su base federale, di donne e di uomini, aperto alle nuove generazioni, che assegni un ruolo importante ai propri iscritti e ai propri elettori con regole chiare definite da uno statuto più semplice e realmente in grado di regolare seriamente questo fondamentale rapporto. Le primarie vanno rilanciate e rese più efficaci con una operazione di razionalizzazione che le renda effettivamente trasparenti e al riparo da inquinamenti esterni, ad esempio con la definizione e la certificazione preventiva dell’albo degli elettori aventi diritto ad esprimere il loro voto. Proponiamo organismi dirigenti nazionali composti da un numero di persone che consenta una discussione vera e decisioni consapevoli, formati per il 50% da componenti designati dai livelli regionali e proponiamo una ripartizione precisa delle risorse che metta i circoli, le province, le regioni di svolgere in modo adeguato e con mezzi economici appropriati il loro ruolo.
Per evitare di sintetizzare in modo inefficace rinviamo alla lettura dei capitolo sopra citati che definiscono con chiarezza il nostro progetto.
Queste sono le ragioni per le quali vi invitiamo a sostenere la mozione Bersani, nella consapevolezza che, quale che sia l’esito del congresso, saremo tutti chiamati ad un duro lavoro comune per rilanciare il PD e la sua capacità di essere quel nuovo partito da molti di noi a lungo sognato, in grado di offrire un’alternativa a questa destra e di costruire un grande futuro per il nostro paese.
Verona, 17 agosto2009
Roberto Fasoli
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