Goliarda Sapienza
L’arte della gioia
Einaudi, 2008, pagg. 538, € 20,00
Goliarda Sapienza (foto) è l’autrice di un vero caso letterario nel 2008. Il suo romanzo L’arte della gioia, da lei scritto nell’arco di nove anni dal ’67 al ‘76 e la cui pubblicazione le venne più volte e da diverse case editrici negata, è stato stampato dapprima per i tipi di Stampa Alternativa (nel 1998) – passando però sotto silenzio – e in seguito in una ristampa più sostanziosa in termini di numero di copie nel 2003. Anche in questo caso, però, nessun clamore e pochissime recensioni critiche.
È invece fuori dell’Italia, e già nel ’98, che il libro comincia a far parlare di sé, in Germania, in Francia nel 2005/06 fino ad entusiasmare sempre di più la critica e il pubblico. Lo si acclama come roman total, lo si equipara a un nouveau Guépard (un nuovo Gattopardo, niente meno), si considera vera rivelazione, magnifico capolavoro…
Quasi ogni recensione sottolineerà in modo provocatorio l’inadeguatezza italiana nel riconoscere e valorizzare le bellezze letterarie di casa.
È, L’arte della gioia, un romanzo che trascina con l’intelligenza febbricitante di cui è permeato. La storia è quella di una vita, la vita di Modesta, nata il primo gennaio 1900 in terra siciliana e povera, bambina e ragazzina consapevole, capace di affrontare fin da piccola una serie di disavventure e soprusi della sorte che tenteranno di minarne il carattere pervicace e autonomo, l’esemplare finezza intellettuale.
Donna vitale, poi, in grado di costruirsi un destino radioso, aperto alla conoscenza, all’approfondimento di ogni sapere, all’arte del vivere e a quella, fine e preziosa, di continuare a credere nel futuro, non indugiando mai in ciò che è stato e che perciò è finito – sia accadimento bello oppure funesto – ma preferire sempre l’andare avanti, facendo se mai tesoro dell’esperienza.
Amica leale, amante seducente e senza pudori, di uomini e donne, madre in mille modi, generosa mentore di altri più fragili di lei, pronta sempre a sfidare le convenzioni di una cultura ancestrale maschilista e patriarcale, così come quelle borghesi e fasciste, Modesta attraversa la storia del Novecento ed è Goliarda Sapienza a farci amare questo personaggio tanto da fare assumere a Mody la grandezza di una figura simbolica, dal temperamento senza pari e alla narrazione la forma potente di un saggio filosofico, condotto però attraverso il piacere di una narrazione limpida, estrosa, a tratti funambolica, con intervalli temporali, frasi dialettali, sequenze teatrali, passaggi dalla prima alla terza persona in grado di restituire differenti e ammalianti punti di vista.
Interessantissimo per l’ottica proposta dall’autrice sul rapporto uomo/donna, sullo stare insieme di «due pianeti così diversi e così simili, bisognosi l’uno della diversità dell’altro (…) in un’armonia dei contrari», come definì la stessa Goliarda Sapienza.
E Mody anche questo saprà ben condurre nella sua esistenza, questo lasciarsi andare – seppure mai del tutto – tra le braccia di chi la saprà amare veramente, rispettandola come allora si rispettavano solo gli uomini e il loro pensiero e il loro agire, ma facendola al contempo sentire donna, come una donna piena di sensualità e carnalità sa sentirsi.
Considerato romanzo anticlericale per le posizioni politiche affrontate, femminista per le teorie esposte sulla relazione uomo/donna, censurabile in quanto erotico per le vicende narrate e per la libertà della protagonista, un azzardo, insomma, per le pubblicazioni del tempo... L’arte della gioia è uscito quindi solo l’anno scorso per Einaudi (pagg. 538, Euro 20,00).
Dopo tanti anni dalla sua nascita sta circolando tra i lettori di molti Paesi. Sarà grazie al lascito di quella carusa tosta dell’autrice e del talismano interiore tanto importante della sua Mody: quell’arte della gioia che è la consapevolezza di quanto sia basilare nella vita scegliere di essere felici.
Il talismano che l’autrice deve aver inseguito con ardore, nella sua vita intessuta di tanto dolore psicologico, di depressioni ricorrenti e cure pesanti da sostenere.
Goliarda Sapienza nacque nel 1924 a Catania, dalla libera unione fra Giuseppe Sapienza, avvocato antifascista, e Maria Giudice, sindacalista e prima donna dirigente presso la Camera del Lavoro di Torino, che la ebbe già cinquantenne. Cresciuta in un clima di assoluta libertà, con un’educazione atea e anarcoide, non frequentò neppure la scuola, onde le si evitasse di dover essere assoggettata ad imposizioni fasciste. Studiò Arte Drammatica a Roma e fu attrice teatrale e per il cinema. Compagna per diciassette anni del regista Citto Maselli, abbandonò presto la carriera attoriale per dedicarsi alla scrittura, una vera febbre da cui si sentì rapita, ma che le diede parecchie delusioni.
Morì in condizioni economiche e psicologiche molto difficili nel 1996, a Gaeta.
Altre opere di Goliarda Sapienza: Lettera aperta (Sellerio, 1997); Destino coatto (Edizioni Empiria, 2002); Il filo di mezzogiorno (La Tartaruga, 2003); L'Università di Rebibbia (Rizzoli, 2006); Le certezze del dubbio (Pellicanolibri, 1987 - Rizzoli, 2007).
Annagloria Del Piano
(“letture” per 'l Gazetin, maggio 2009)