Negli ultimi tre mesi, un gruppo politico che si fa chiamare Sri Ram Sene (l'Esercito del Signore Ram) ha deciso di moralizzare l'India. Questo grande e nobile compito viene perseguito aggredendo le donne che frequentano locali pubblici e che indossano jeans, e le coppie di innamorati che festeggiano S. Valentino (una “minaccia alla cultura indiana”). Dopo l'ultimo incidente accaduto a Mangalore, dove una ragazza è stata schiaffeggiata e insultata su un autobus perché parlava con un coetaneo musulmano, le attiviste indiane hanno lanciato la campagna “Pink Chaddi” (chaddi significa “biancheria intima” in Hindi). Stanno spedendo da tutto il paese, alla sede ufficiale dello Sri Ram Sene, mutande rosa da donna. Fino ad ora, 59.000 persone hanno raccolto l'invito.
«Abbiamo usato tutto quel che abbiamo per condannare le aggressioni», spiega Annie Zaidi, giornalista e membro del Blank Noise Project, un gruppo che contrasta la violenza contro le donne negli spazi pubblici. «Su internet la notizia della nostra campagna si è propagata in modo velocissimo. La chiave è lavorare su un'azione o un gesto che sia semplice, fattibile, e abbia valore simbolico. Gli uomini di questo esercito 'moralizzatore' hanno bisogno di provare vergogna e di chiedere scusa. Vogliamo mostrargli che il resto del paese ride di loro, invece di sostenerli o di averne paura». Annie ha aggiunto che le attiviste sono ben consce del pericolo di una “talebanizzazione dell'India”: «La minaccia è reale per molte donne, soprattutto per quelle che vivono nelle zone rurali o nelle piccole città. Il governo ha praticamente ignorato la questione, ma cosa succederebbe se domani lo Sri Ram Sene decidesse che l'istruzione non è necessaria per le donne, o non è 'cultura indiana'? Chi ha il diritto di decidere per tutti cos'è 'indiano' e cosa no?».
Nisha Susan, altra fondatrice della campagna “Pink Chaddi”, conclude: «Ci opporremo a chiunque metta in questione i diritti umani fondamentali. E per quel che mi riguarda, la nostra cultura indiana è infusa da idee di rispetto e tolleranza».
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 16/04/2009)