«Per la donna, si può capire», dice l'operaio in mensa al collega di lavoro. «Ma la bambina, la bambina proprio no». Siamo a fine febbraio (il 24, per l'esattezza), il luogo è la città in cui io vivo, e l'episodio riguarda gli omicidi di una giovane infermiera e della sua figlioletta di due anni. Le vittime sono state sgozzate dall'ex compagno della donna, che è anche il padre della piccola. Dramma della gelosia, hanno titolato i media, anche se non si capisce bene chi stesse vivendo questo pathos, giacché chi stava per sposare un'altra persona era l'assassino e non la sua ex compagna. Per la donna si può capire, comunque, forse si può persino solidarizzare un po', non più di tanto, eh, perché l'uomo è un marocchino, ma per la bambina è doveroso inorridire. Un vero maschio italiano avrebbe sgozzato solo la madre, cosa che notoriamente ad una figlia fa sempre del gran bene, almeno così impara cosa succede se non si obbedisce a padre/marito/amante.
Qual è il mio problema? Che non credo all'orrore per l'omicidio della bimba. Non credo a chi lo ha manifestato, dai politici sui giornali agli operai in mensa. Si tratta solo dell'ultimo tabù di circostanza, e sta per svanire. Gli italiani che si vantano del loro “amore” per i bambini e le bambine ne stanno abusando a percentuali vertiginose. Uno studio sul mio territorio, relativo alla violenza su minori, fa uscire il dato di un adulto aggressore su tre. Solo in questo mese di marzo 2009 sono saliti ai dubbi onori della cronaca dodici episodi di violenza sessuale su minori: dieci riguardavano bambine e due riguardavano bambini, due stupratori erano stranieri e dieci erano italiani. Di questi ultimi dieci, otto aggressori erano parenti stretti delle vittime, due erano amici di famiglia.
Ehi, bambine e ragazze e donne: davvero avete paura di uscire di casa?
Dovreste aver paura di restarci. Arianna, così si chiamava la bimba uccisa, se fosse vissuta sarebbe diventata una ragazzina, un'adolescente, e poi una donna, e poi ancora un'anziana. In tutti gli stadi della sua vita avrebbe come minimo sperimentato la derisione, la molestia, o qualsiasi altra forma di sessismo, dagli stessi farisei che oggi la compiangono. Sì, vi ritengo responsabili. Non potete seminare gramigna e poi protestare perché nel campo crescono solo erbacce. Così, per la donna “si può capire”? Ma anche Arianna era una donna, una donna in divenire, un germoglio minuscolo di donna, una promessa di donna. E anche sua madre era stata bambina. Voi vedete figurine, e immaginate le donne a due dimensioni, preferibilmente in posizione sdraiata, io vedo persone in carne e ossa e il loro sangue mi scotta addosso. Quando ho letto che la sorella dell'assassino, a cui l'uomo aveva ammesso gli omicidi durante una conversazione telefonica, gli ha consigliato di “negare tutto, negare sempre, negare anche l'evidenza”, dapprima ne sono rimasta sconvolta. Poi ho pensato che forse il consiglio aveva una logica diversa da quella immediatamente percepibile. Perché se una donna ti dice qualcosa, per esempio “No, basta, smettila, lasciami in pace, non ferirmi, non ferire nostra figlia”, tu, da vero uomo, devi fare il contrario. E difatti l'omicida ha confessato.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 23 marzo 2009)