Sommessamente si può confessare che lascia perplessi questo concorde sostenere che Luigi De Magistris, una volta sceso in politica, non può più tornare indietro, e terminato l’eventuale mandato parlamentare, riprendere la toga? Si conosce l’obiezione, riassumibile nel “nessuno deve poter sospettare della moglie di Cesare”: nessuno, in sostanza, dovrebbe poter sospettare che l’operato di un magistrato possa essere condizionato dai suoi convincimenti politici. Ma a questo punto, per paradosso, il magistrato non dovrebbe mai aprir bocca, perché parlando esprime opinioni; neppure dovrebbe acquistare un giornale: manifesta un orientamento se acquista l’Unità o il Giornale… No l’equilibrio, la “serenità” del magistrato sono come il manzoniano coraggio: se non ci sono nessuno te li può dare; e se ci sono, lo si vede nei fatti, nei comportamenti concreti, nelle “sentenze”; non sarà perché è stato o non è stato in un determinato periodo parlamentare, che il cittadino avrà o non avrà fiducia nel magistrato con cui avrà a che fare.
Giuseppe Ayala, che con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino fu protagonista del maxi-processo di Palermo contro Cosa Nostra, è sceso in politica; è stato parlamentare per alcune stagioni, poi, prima di collocarsi in pensione, per qualche tempo è tornato a fare il magistrato. Anche il giudice istruttore Cesare Terranova, che il 25 settembre di trent’anni fa venne ucciso dalla mafia assieme al maresciallo di polizia Lenin Mancuso, ebbe un’esperienza parlamentare. In base al “principio De Magistris” non avrebbero dovuto rientrare in magistratura. No davvero: non è questo il modo per garantirsi che il magistrato nell’amministrare la giustizia non faccia politica, e i suoi comportamenti siano condizionati da altro che la legge e la coscienza. La limpidezza di comportamenti non è pregiudicata dall’esser stati per qualche anno parlamentari o no, e si possono fare corposi elenchi di magistrati che pur non essendosi mai candidati ad alcun parlamento, hanno fatto e fanno politica. Altrettanto corposi potrebbero essere gli elenchi di magistrati di cui si ignora l’opinione e l’orientamento politico, e di cui tuttavia non si ha una briciola di fiducia, e giustificherebbero la raccomandazione data da Gaetano Salvemini a chi si vedesse accusato di aver stuprato la Madonnina del Duomo di Milano.
Intanto, tutti presi nel “dibbbattito” su De Magistris sceso in campo, non si trova tempo e voglia di ragionare sulle inchieste di De Magistris, e su quello che da quelle inchieste è emerso (o non è emerso). Non resta che augurarsi che una volta eletto – perché eletto lo sarà certamente – sia possibile riprendere quel discorso e lui per primo ci aiuti a capire, e che dal falso problema si vada al cuore della questione, che forse molti hanno interesse a dimenticare.
Va. Ve.
(da Notizie radicali, 20 marzo 2009)