«L’appello che facciamo ai più giovani in questa stagione è di accettare non solo lavori coerenti con il percorso di studio fatto».
Quando la stagione si fece per me matura, era giugno del 1973, lavoravo come commessa, baby sitter, supplente in palestra, assicuratrice, ripetizioni, comparsa… tutto quello che mi poteva dare soldi, in nero, per pagarmi l’università a Lettere, acquistare libri dischi e fare “vacanza” con zaino in spalla e autostop e scrivere poesie, piccole libertà da non vendere a nessuno, accettai un lavoro non coerente con il mio “profilo”.
Mi trovai, l’unica raccomandazione che fece mio padre nella sua vita, a varcare il portone della Banca Commerciale Italiana a Roma, anziché la Redazione del Paese Sera, in cronaca. Al niente ma forse domani, accettai felice il subito di 120.000 lire mai viste prima in un solo mese, sarei rimasta poco mi dissi e furono più di 30 anni.
Ma la passione per l’arte, che fa vivere e non campare e non fa mai male a nessuno, continuò come gli studi sulla e della poesia.
Fu così che nel 1979 dal Recinto delle Grida di Piazza di Pietra a Roma dove andavo a bussare foglietti alle spalle dei procuratori degli Agenti di cambio o telefonavo per passare gli Ordini, approdai in un fine settimana a Castel Porziano per il Festival dei Poeti, recitava Allen Ginsberg, l’Urlo, accompagnato al banjo da Peter Orlowski.
Ero tra ventimila almeno sul litorale romano, sotto ai piedi la sabbia, tra fumi di ogni genere alimentare e di piacere dei sensi, ed io non ero già più una precaria, mi stavo garantendo il futuro ascoltando poesia e odori con cui far campare la mente.
Ginsberg lanciò ad una folla straripante il suo Om e iniziò Howl, come aveva già fatto la prima volta nel 1955 a San Francisco: «Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia…». Avevo già un figlio e con suo padre andammo in trance ad un’altra estate romana nel 1982, Frank Zappa al Mattatoio in Stevie’s Spanking. Lui, il Frank americano, italiano, greco, arabo, francese… Oggi che è morto, c’è la sua compagna di vita che ci fa entrare in cantina, ha aperto la porta del mondo di Frank che non la chiudeva mai, basta provare ad aprirla: qui.
Cominciarono in Italia gli anni da bere, quelli che ce la davano a tutte e tutti la ricchezza e la libertà di fotterci.
I miei figli sono cresciuti in questa Cultura Precaria come i vostri, come quelli di chi non ce l’ha e se li trova attorno e non ci sono grida ma solo recinti dove urlare, li chiamano luoghi di contenzione, di controllo per la nostra messa in sicurezza, intrattenimento ed identificazione del consumo.
Avremmo sentito nel tempo, noi giovani di ieri e quelli di oggi altri mantra e altri Om, primordiali, trasformati in Urla del Nuovo Ordine Mondiale.
Torna l’Incubo ad Aria Condizionata dove “I ciechi guidano i ciechi. Èil sistema democratico” in Crisi energetica al punto da far perdere il significato della propria esistenza e dignità di persona.
E non scordo parlando dell’America, l’Italia.
Il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, in conferenza stampa a palazzo Chigi dice: «Nel curriculum di una persona, di un giovane in particolare, peserà nel dopo crisi anche la sua capacità di essersi messo in gioco, di aver accettato anche un lavoro manuale, umile. Conterà nel suo curriculum se è stato disponibile a svolgere un lavoro anche semplice con il quale ha imparato ad essere responsabile di una mansione, a raggiungere un risultato. Certo se è laureato in scienza della comunicazione non è che abbia molto appeal».
Ha ragione questo “signore”, (Un pentito fra i più miserabile del panorama politico italiano), che non può più offrire garofani socialisti, torniamo ad essere umili e semplici, diciamo Addio Mamma Roma. Pensiamo piuttosto al potere della nostra creatività, qualunque essa sia, per essere fuori da questo Incubo e avere un risultato, uno solo, la riappropriazione della vita e il “lavoro” su noi stessi, per liberarci, per essere belli e coerenti, qualunque sia la nostra stagione ed età e provenienza. Buon lavoro, Buon cammino, Latcho Drom!
Doriana Goracci