In un altro paese una affermazione come quella fatta dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sarebbe stata accolta – e sepolta – da generale condanna, e qualificata per quella che è: espressione di una concezione autoritaria e antidemocratica che già in altre occasioni si era manifestata. Per esempio, quando, “scherzosamente” si era indicato il Kazachistan come un paese ideale, dove poteva essere piacevole andare in vacanza perché il premier-dittatore è un amico; oppure le mille volte in cui ha espresso invidia per il “caro amico Putin”, e per la sua “libertà” di “governo”.
Dunque per Berlusconi l’azione dell’esecutivo è ostacolato dal Parlamento; tutto sarebbe più semplice e facile se invece di esserci la Camera dei Deputati e il Senato ci fosse una sorta di consiglio di amministrazione, con quattro o cinque azionisti – i capigruppo – che di volta in volta, a nome dei rispettivi “pacchetti azionari” – premono un bottone e decidono. Ora Berlusconi, al solito, lamenterà di essere stato frainteso, la stampa e i mezzi di informazione saranno accusati di aver, al solito, preso fischi per fiaschi; zelanti difensori si sono affrettati a definire “sciocchezze” le obiezioni e le reazioni dell’opposizione.
La situazione è questa: Berlusconi dispone di una maggioranza, alla Camera e al Senato, che non ha precedenti; nonostante ciò, e nonostante i regolamenti parlamentari consentano alla maggioranza di fare quello che crede senza particolari intralci, si procede a colpi di decreti d’urgenza, anche quando non c’è alcuna urgenza e necessità. Ora si sostiene che per snellire i lavori sarebbe opportuno che a votare siano solo i capigruppo…
Perché non abolirlo completamente il Parlamento, e rendere l’Italia un paese “felice” come il Kazachistan, mettersi sullo stesso livello del “caro amico Putin”? Può benissimo essere – come qualcuno sostiene – che questa ennesima boutade berlusconiana sia in realtà un modo per nascondere problemi e difficoltà, incapacità e pasticci quotidiani di un governo in affanno e che sulle questioni cruciali non sa che pesci pigliare; può essere. Tuttavia l’impressione è che non si tratti solo di cortine fumogene. Berlusconi è quello che dice, va preso in parola, e giorno dopo giorno si scopre e rivela. È la sua intima concezione, e “sincero” nel suo dire, e lo si deve prendere in parola. Ha già costruito un partito che non ha statuto, non fa congressi, dove non si vota, ma si acclama. Sogna, auspica e prefigura un paese modellato come la sua organizzazione, lavora per questo; già molto in questo senso è stato fatto: abbiamo parlamentari che già oggi non sono eletti, ma “nominati”. Già oggi il parlamentare è orbato delle sue prerogative costituzionali; e quando non si riconosce nella “volontà prevalente” (si dice così, oggi), può certamente esprimere il suo dissenso: in sessanta secondi! Già ora i tempi per il dibattito in Parlamento è contingentato; a tutto questo si aggiunga – con buona pace delle lamentazioni del presidente del Consiglio – un’informazione che sempre più rinuncia al suo compito fondamentale di informare, e il quadro è completo.
Diventa così “normale” che il presidente del Consiglio dica quello che dice. Così come diventa “normale” che per ben 43 volte in dieci anni l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia dato ragione ai radicali, e riconosciuto la fondatezza delle denunce sulle violazioni degli obblighi di legge, di norme, indirizzi, contratti di servizio della Concessionaria di servizio pubblico. È “normale” lo scempio di informazione e di conoscenza, è “normale” il deliberato e pervicace comportamento – oggettivamente illegale e fuorilegge – che si consuma giorno dopo giorno: sono sospese le garanzie fondamentali di legge e, quel che è più grave, non si coglie alcun segnale che questa grave e patente violazione dei diritti fondamentale del cittadino a conoscere, sia riparata e risarcita.
Sono solo i radicali a denunciare e a mobilitarsi contro questa manifesta, patente, continuata illegalità: “Ci chiediamo: i cittadini non possono davvero fare nulla, non si possono opporre e non possono contrastare questo progetto letteralmente e ‘tecnicamente’ criminale? Come si può interrompere la flagranza e il proseguire di questo gravissimo attentato ai diritti civili e politici dei cittadini?”, è l’interrogativo che da giorni i radicali pongono, inascoltati: “Non sappiamo letteralmente più cosa fare, ma certamente sappiamo che si deve tentare di tutto per superare questa situazione”; e si annuncia che saranno messe in cantiere tutte le iniziative politiche a disposizione per “il ripristino della legalità violata e per la tutela dei nostri indiscutibili diritti di radicali e di cittadini, calpestati”.
La manifestazione con i dirigenti, parlamentari e i militanti radicali incatenati davanti alla Commissione Parlamentare di Vigilanza è “solo” la prima delle iniziative messe in cantiere. Ma la domanda è: ancora una volta, si sarà lasciati soli? Una domanda, infine, a Concita De Gregorio e all’Unità: ma davvero pensano che si debba e sia possa trattare queste questioni come stanno facendo?
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 12 marzo 2009)