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Il Fantastico nell’epica classica 1
Boeklin: La medusa
Boeklin: La medusa 
02 Marzo 2009
 

Premessa

Questo viaggio in un mondo fantastico offre a tutti, senza pagare pedaggio, la possibilità di vivere con la fantasia e con la forza del pensiero, magie, incantesimi, incubi e paure.  Il Fantastico ha lontane origini in celebri opere letterarie: dall’epopea babilonese di Gilgamesh, alle “Mille e una notte”; dall’Odissea alle Metamorfosi di Ovidio e di Apuleio; dal ciclo della Tavola Rotonda alla leggenda del Santo Graal.

  

La maggior parte dei libri che leggiamo, contengono elementi fantastici, che ci attirano e spesso ci aiutano a immedesimarci nel  protagonista. E’ fantastico tutto ciò che è popolato da personaggi irreali come unicorni o centauri, sirene e ciclopi, tutto ciò che è frutto della nostra immaginazione o che scaturisce dal nostro inconscio.

Il Fantastico è nei miti, nelle leggende, nell’epica. 

 

La parola epica, deriva dal greco èpos, che significa racconti di gesta eroiche. Accanto ai grandi eroi, lottano dei o creature mostruose. I racconti dei poemi epici e le gesta di grandi eroi, sono stati tramandati di generazione in generazione:

   

Il racconto di Esiodo parla della lotta per la conquista del potere, sostenuta dai Titani, mostri con poteri sovrannaturali e gli Olimpi, figli di Crono che trionfarono grazie all’aiuto dei Ciclopi.

Il trionfo di Marduck narra le vicende del dio Marduck che tenta di conquistare le schiere di Tiamat e che, con l’aiuto dei suoi compagni, circonda i nemici, li immobilizza e li precipita negli abissi. Successivamente Marduck lega con le catene gli undici mostri e li calpesta fino a distruggerne le forze e l’orgoglio.

Giasone, il Vello d’oro e il drago racconta che quando Medea si rende conto che l’aiuto che ha dato a Giasone non resterà a lungo nascosto, decide di fuggire con lo straniero. E continua dicendo che raggiunti gli Argonauti,  promette loro che se l’avessero accolta, li avrebbe aiutati a procurarsi il vello d’oro, addormentando il drago. Durante la notte Medea raggiunge il bosco sacro dove risiede il drago, il cui pauroso sibilo è udito anche nei luoghi più remoti, e grazie al suo aiuto, l’impresa ha buon esito. 

Il labirinto cretese. Nel Labirinto, che il re Minosse aveva fatto costruire a Creta dall’architetto Dedalo, era rinchiuso il Minotauro, una bestia metà uomo e metà toro ucciso da Teseo.

      

L’Epica è ricca di creature fantastiche, mostruose e misteriose come: Scilla, Cariddi, Polifemo, Briareo, Caco, Cerbero, Chimera, Gerione, Humbaba e tante altre:

Medusa aveva due sorelle, le Graie, e insieme formavano le Gorgoni, figlie del dio marino, Forco. Medusa era l’unica mortale ma anche la più orribile e pericolosa: aveva dei serpenti al posto dei capelli, lunghi denti e un aspetto che pietrificava chiunque la guardasse.

Circe era una maga dagli enormi poteri. Era figlia del Sole e sorella di Eeta, re della Colchide. Con l’aiuto di un filtro, trasformava in animali coloro che giungevano a Eea, la sua isola. Circe rappresenta l’immagine della donna strega, la personificazione del male e della tentazione. Ulisse riuscì a vincerla e a liberare i suoi compagni.

     

I poemi epici  più conosciuti sono: l’Odissea e l’Iliade di Omero e l’Eneide di Virgilio popolati da figure mostruose e tra queste  i Ciclopi.

I Ciclopi, figli di Urano e di Gea erano mostri giganteschi, con un unico occhio in mezzo alla fronte. Si chiamavano: Sterpe, Brante e Arge. Come i loro fratelli Titani, erano tenuti dal padre incatenati sottoterra. Furono liberati da Zeus al quale diedero poi in dono il fulmine e il tuono.

Polifemo, il più famoso dei Ciclopi, era pastore, imprigionò Ulisse e i suoi compagni e fu da questi accecato.

 

"Qui un uomo aveva tana, un mostro

Che greggi pasceva, solo, in disparte,
E con gli altri non si mischiava,
Ma solo viveva, aveva animo ingiusto.
Era un mostro gigante; e non somigliava

a un uomo mangiator di pane,

ma a picco selvoso

d'eccelsi monti, che appare isolato dagli altri. "

(Omero, Odissea, libro IX, vv. 187-192. Traduzione di R. Calzecchi Onesti)

    

Il loro aspetto non è mai specificato e nessun testo antico fa riferimento al fatto che abbiano un solo occhio, tranne nelle descrizioni di Polifemo che troviamo nell'Odissea:

     
"
...Ma Poseidone che scuote la terra inflessibilmente
è irato per il Ciclope, a cui l'occhio accecò,
per Polifemo divino, la cui forza è massima
fra tutti i Ciclopi; lo generò Tòosa, la ninfa
figlia di Forchis
,
signore del mare instancabile,
nei cupi anfratti unita con Poseidone...

(Odissea, I, 68-73)

      

Anche Enea incontra  Polifemo durante il suo viaggio e ne rimane impressionato, vedendolo accompagnare le sue greggi al pascolo, ormai cieco:


"
...ed ecco in su la vetta
Del monte avverso, Polifemo apparve.
Sembrato mi sarebbe un altro monte
A cui la gregge sua pascesse intorno,
Se non che si movea con essa insieme, 
E torreggiando, inverso la marina
Per l'usato sentier se ne calava;
Mostro orrendo, difforme e smisurato,
Che avea come una grotta oscura in fronte
Invece d'occhio, e per bastone un pino
Onde i passi fermava.

(Eneide, III, 1031-1041)

  

L’Odissea di Omero  presenta altre figure mostruose come le sirene: Scilla e Cariddi.  Raffigurate come uccelli con grandi artigli, testa umana e mammelle, nel Medioevo le sirene venivano rappresentate come donne con la parte inferiore del corpo a forma di pesce.

E la maga Circe così parla a Odisseo:

    

Or quello ascolta,
Ch'io vo' manifestarti, e che al bisogno
Ti torneranno nella mente i numi.
Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascìnan chïunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca.
Chïunque i lidi incautamente afferra
Delle Sirene, e n'ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
Cera de' tuoi così l'orecchio tura,
Che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
Te della nave all'albero i compagni
Leghino, e i piedi stringanti, e le mani;
Perché il diletto di sentir la voce
Delle Sirene tu non perda. E dove
Pregassi o comandassi a' tuoi di sciorti,
Le ritorte raddoppino ed i lacci.
Poiché trascorso tu sarai, due vie
Ti s'apriranno innanzi;….

  

(Odissea Libro XII Traduzione di Ippolito Pindemonte)

         

Le sirene seducevano i marinai con l’armonia del loro canto e chi si fermava presso di loro non ritornava più in patria.

Scilla era una bellissima ninfa di cui si era innamorato Glauco che per lei aveva respinto l’amore di Circe. Circe per gelosia la trasformò in mostro: nella parte inferiore del suo corpo comparvero sei feroci cani con denti appuntiti, da cui uscivano lunghi serpenti che divoravano coloro che passavano.

Scilla divorò alcuni buoi di Eracle e l’eroe la uccise, ma si narra che il dio Forco, padre di Scilla, la richiamasse in vita con un incantesimo.

Cariddi era la personificazione di un vortice formato dalle acque dello stretto di Messina.

Ninfa mitologica greca, figlia di Poseidone e di Gea, era tormentata da una grande voracità.

Quando Eracle passò per lo stretto di Messina con l’armento di Gerione (mostro con tre teste e tre corpi), Cariddi gli rubò alcuni buoi e li mangiò. Giove, per punirla, la precipitò in mare e la trasformò in mostro. Omero racconta che il mostro ingoiava tre volte al giorno un’enorme quantità di acqua e poi vomitava, trattenendo tutti gli esseri viventi che vi trovava.

 

 

      

A cura di Anna Lanzetta

e degli studenti del biennio superiore ITIS "A. Meucci" di Firenze.

Anno scolastico 2001-02

   

 

 

IMMAGINI

Johann Heinrich Füssli, Ulisse tra Scilla e Cariddi; olio su tela, cm

126x101, 1794-1796. Aarau, Museo Cantonale d’Arte.

Arnold Böcklin, Medusa (1878 circa)

Annibale Carracci, Polifemo, 1597

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Foto allegate

Carracci: Polifemo
Fussli: Ulisse tra Scilla e Cariddi
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