Ma quanto ci costerà il cosiddetto federalismo fiscale? Di più di quello che spendiamo ora. Dopo le belle parole della legge delega si dovrà passare ai decreti attuativi, cioè a come redistribuire tributi, funzioni, strumenti di perequazione, costi e fabbisogni standard, ecc. Certamente l'autonomia dovrebbe indurre ad una maggiore efficienza nella spesa locale ma abbiamo serie difficoltà a crederlo. L'esempio della sanità calabrese è indicativo di come l'attuazione del federalismo peserà in misura maggiore sulle tasche del contribuente italiano. Il prefetto Silvana Riccio nella sua relazione sullo stato della sanità calabrese: così scrive «…la metodologia del disservizio risulta essere l'aspetto prevalente del sistema sanitario in Calabria...». Nei 39 ospedali, 36 sono risultati irregolari, nelle 63 strutture sanitarie (guardie mediche, laboratori di analisi, case di cura convenzionate, SerT, poliambulatori) 38 sono risultate irregolari, e le sei case di cura accreditate ed ispezionate sono risultate tutte irregolari. Chi si accollerà le spese per questi “disservizi” quando diminuiranno i flussi finanziari?
La Calabria invocherà la solidarietà nazionale e lo Stato allargherà i cordoni della borsa o gli enti locali dovranno imporre aumenti o nuove tasse. Questo succederà anche per buona parte delle regioni meridionali e insulari.
Dove si prenderanno i soldi? Dalle tasche del contribuente, ovvio. Invece di varare mega provvedimenti, di cui nessuno conosce i costi, meglio sarebbe stato iniziare con processi di razionalizzazione. Insomma è prevalsa la spettacolarizzazione della politica. Ci permettiamo di consigliare al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di avere come punto di riferimento, se proprio vuole, l'imperatore romano Nerva1 piuttosto che Commodo.2
Primo Mastrantoni, segretario Aduc