Ogni cosa è infinita. Il Tutto è di per sé infinito. Leucippo «Conveniva sul fatto che tutte le cose sono infinite [di numero] e si mutano reciprocamente e che il tutto è vuoto e pieno di corpi. Dall’incontrarsi dei corpi nel vuoto e dal loro intrecciarsi reciproco si generano i mondi e dal loro movimento cumulativo si genera la natura degli astri». Opinione di Democrito «Era che siano principi di tutte le realtà gli atomi e il vuoto, mentre le altre cose sono tutte pure credenze. I mondi sono infiniti, generati e corruttibili. Nulla nasce dal Non-Essere e nulla si corrompe nel Non- Essere. Gli atomi sono infinitamente vari per grandezza e infiniti di numero, cono condotti per l’universo da un vortice, generando in tal modo tutti i composti, il fuoco, l’acqua, l’aria, la terra; infatti, anche questi elementi sono complessi atomici di un certo tipo. Gli atomi, invece, sono in sé impassibili e inalterabili a causa della loro solidità. Il Sole e la Luna sono masse composte da atomi lisci e circolari, e similmente l’anima, che è identica all’intelligenza. Il vedere ci viene dalla penetrazione in noi di immagini riflesse. Tutto si genera secondo Necessità, essendo causa il vortice che presiede alla generazione di tutte le realtà e che si denomina “Necessità”». Ed ancora Metrodoro di Chio «Afferma che il tutto è eterno, poiché, se fosse generato lo sarebbe a partire dal Non-Essere; inoltre, asserisce che il Tutto è infinito, in quanto è eterno, giacché non ha un principio da cui derivare ne ha un limite ne ha una fine». E per quanto riguarda Anassarco: «Piangeva Alessandro, ascoltando Anassarco parlare dell’infinità dei cosmi, e agli amici che gli domandavano che cosa lo facesse soffrire rispondeva: “Non è doveroso piangere, se, essendo i mondi infiniti, non ci siamo impadroniti nemmeno di uno di essi?”». Secondo le opinioni e le dottrine degli antichi atomisti (Leucippo, Democrito, Nessa, Anassarco, Metrodoro di Chio, Ecateo di Abdera, Apollodoro, Nausifane, Diotimo, Bione di Abdera e Bolo) Tutto è infinito; non esiste un unico mondo o quest’unica cosa. Non esiste nemmeno l’elemento ultimo che tutto quanto (r)accoglie in se. I principi sono infiniti di numero. E in questo Tutto-infinito la riflessione degli atomisti si sposta quindi sul senso della vita. Ovvero sul perché stiamo al mondo.
Su quale è il fine dell’esistenza; lo scopo di tutte le nostre (tribol)azioni terrene. La domanda degli atomisti antichi a questo punto diventa metafisica.
Nel Tutto-infinito, Democrito asserisce che«Il fine della vita è la buona disposizione di animo, che non si identifica con il piacere, come taluni, errando, pretendono. Invece, vivendo in conformità a tale disposizione interiore, l’anima trascorre la vita nella serenità e nella stabilità, non turbata da alcun timore o superstizione ne da alcuna passione. Democrito denominava la buona disposizione d’animo “felicità” e in molti altri modi».
Il frammento che possediamo dello stesso Democrito recita in questo modo: «Il meglio per l’uomo è trascorrere la vita preservando una buona disposizione d’animo nella maggior parte delle circostanze e infastidendosi il meno possibile. Questa sarebbe la cosa migliore, se non ci si lasciasse allettare da cose mortali e caduche».
Anassarco, del pari, «Sosteneva che il fine della sua condotta di vita era la felicità».
Per Ecateo di Abdera: «L’autosufficienza [è il fine del vivere]».
Apollodoro di Cizico «[scil. Sosteneva che il fine del vivere è il piacere dell’anima o] psicagogia». Per Nausifane «Il fine esistenziale è in noi innato, ossia provare il piacere ed evitare il dolore, ma addirittura <da subito ciascuna> persona è tratta a questo fine e, indipendentemente da questa tendenza, non si pone per alcuno nulla da perseguire e nulla da fuggire né irriflessivamente né con il ragionamento, e neanche gli animali reagiscono in modo diverso».
Per Diotimo, infine, vale quanto segue: «Ancora, oltre a questi (=Democrito, Ecateo, Apollodoro, Nausifane), anche Diotimo affermava consistere in quello che [Democrito] denominava “felicità” la pienezza totale dei beni, che diceva essere il fine per vivere».
Il senso della vita per gli atomisti antichi è dunque quello di non farsi mai turbare dalle circostanze, di mantenere sempre l’autocontrollo, l’autarchia, la felicità, la serenità.
All’interno di una speculazione che comincia interrogandosi sulla fisica delle cose e che giunge alla constatazione del Tutto-infinito, questi filosofi si interrogano adesso sul motivo per cui si vive, sulla ragione che presiede al nostro stesso stare al mondo. Sulla metafisica dell’esistenza per dirla in breve. E ne deducono che questa consiste nella tranquillità dell’animo.
Una tranquillità che si deve esplicitare dentro il vortice dell’illimitato.
Nessuna cosa costituisce mai un limite per nessun altro.
I mondi vivono nello straripamento, nello sconfinamento, nell’incommensurabile, nello sterminato. Unica condotta di vita in questo contesto è la ricerca di quella «buona disposizione d’animo» che, essa sola, rende l’uomo davvero uomo e la vita veramente degna di essere vissuta.
Dalla fisica alla metafisica nel segno dell’infinito che sovrasta tutto quanto.
Gianfranco Cordì