Apro questa presentazione del libro di Fabio Barcellandi – Nero, l’inchiostro -, silloge poetica pubblicata dalle Edizioni Montag e vincitrice del premio Solaris 2008, condividendo con i lettori la suggestione di un quadro conservato alla Galleria Nazionale di Berlino. Si tratta dell’autoritratto di Arnold Bocklin (il pittore che qualcuno certamente ricorderà perché autore di un quadro, non particolarmente bello in verità, che ossessionò Hitler). Bocklin si ritrae mentre dipinge, e nell’atto creativo, porge l'orecchio al violino della morte.
Nella sua espressione possiamo cogliere una tensione duplice: da una parte l’attenzione alla nascita di quella sua creatura, che egli destina come suo doppio da lasciare nel mondo, dall’altra, lo sguardo dell’artista, l’occhio lontano, perso ad inseguire un’ ignota melodia, l’orecchio teso ad ascoltare il suono del fatale violino della morte. Perché parlo di questo quadro? Perché la suggestione che suscita riguarda la costante presenza della morte nell’idea creativa. Vive dunque nella contiguità con la morte l’artista? L’immaginario della morte, può risultare abbastanza convenzionale, ma vero è che la musica della morte nell'atto creativo corrisponde alla “visione”, e la visione è la chiave dell’altrove, del luogo eletto dell’arte. Nel lavoro creativo, ancor più riconoscibile nella poesia (essenza, distillato della scrittura) che in altre discipline, il suono di quel violino seduce l’artista e lo conduce a quello “stato secondo” prossimo alla trance, che il quadro di Bocklin efficacemente ci mostra.
Come la morte, scrivere è l'atto più solitario che esista; ed è caso e causa di una certa dissociazione. Una diversità.
d’altro canto
io
La diversità del poeta consiste nel fatto che egli diventa, come i pipistrelli, sensibile agli ultrasuoni; e non teme, come quasi tutti, la parola MORTE. William Burroughs, sostiene che lo scrittore è colui che non vuole niente di meno che assumere il posto della MORTE… Lo scrittore è "socio" della MORTE. E lo è nell'atto dello scrivere, lo è quanto più la creatività fluisce ... cercando di tracciare una via per lo scorrere di un significato nel caos del mondo.
Scrivere e passare, ad ogni frase compiuta, nella morte dello spazio bianco. E qui, nel bianco, fare come fa la MORTE: riempire i vuoti...
Nero, l'inchiostro
che tu chiami parole
cicatrici d’asfalto
catrame fuso
a rimarginare
graffi di verginità
filo per sutura
nero
l’inchiostro
che tu chiami… parole
non senti
il dolore
ché ti tiene in vita
creatura
DR. FRANKENSTEIN
Ecco dunque il Nero, quel nero che Fabio Barcellandi fa diventare inchiostro, segno, liquido fluido conduttore di emozioni, di visioni, di sogni…
Dice Ungaretti: – Ero un uomo che non voleva altro per sé che i rapporti con l’assoluto, l’assoluto che era rappresentato dalla morte. La mia poesia altro non è se non l’appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla quotidiana frequentazione della morte. Viviamo nella contraddizione. –
IO SONO
un fiore
d’esser colto
in attesa di
morir
fra le tue mani
L'arte e la poesia sono allora, nell’anelito della comunicazione, “comunicativa tensione” una sorta di preghiera, non-luogo delle pulsioni pre-simboliche, creazione dal nulla della parola nuova fino alla forma poi, ordine dal caos fino al cosmo, luogo dove la poesia muore perché 'finita'.
Che il concetto della morte sia compagno di ogni artista ce lo conferma anche il grande Mozart in una lettera al padre Leopold datata 4 aprile 1787: “Poiché la morte è la vera fine della nostra vita mi sono da due anni talmente abituato a questa autentica e ottima amica dell’umanità, che l’idea di essa, lungi dall’incutermi terrore, mi pacifica e conforta”. Nella “Musica Funebre Massonica” K 477 (1785), c’è una breve ma intensa riflessione sulla morte, intesa come motivo di affratellamento per tutti gli uomini: una morte severa dunque perché non fa sconti a nessuno, ma non tragica. La morte per Mozart, non è una crudele nemica, ma una compagna che l’uomo porta con sé.
DILUVIO UNIVERSALE
io
deserto
stillo
diluvio
ad annegare il dolore
vostro
universale
Così è anche per molti altri grandi artisti, perché è la poesia, sussurrata dalla musica di quel violino che, ridestando con il suo eterno canto la memoria delle antiche illusioni degli esseri umani, li spinge a vivere, li incita a perpetuare gesta eroiche. Ecco dunque come l’artista risolve il problema della morte: con la poesia, col canto.
mi sono costruito un caldo ed accogliente nido
nell’illusione
di poter vivere nudo sulla dura terra
del disincanto
Il linguaggio di questa silloge è a tratti crudo disilluso e, ad una prima lettura, cinico. Lotta però dentro le parole di Fabio, una forza magmatica, vitale, che altro non chiede che d’erompere, di venire alla luce.
Non rompere
ti prego
l’illusione
di dolore e sofferenza
che mi sono costruito
o capirei di essere in paradiso
e
non potrei sopportare
di sapermi già morto
Dentro questo parlare di morte c’è insomma vita, ri-nascita. Come se l’essere potesse lasciarsi vedere, nella sua essenza, solo a partire dal dileguamento di qualunque suono o voce e dunque o, attraverso il silenzio che sta prima della creazione o, attraverso ciò che ne suggella la decadenza: il momento della sua morte.
Ed è da questo punto di vista che si dipana l’opera di Fabio Barcellandi. La presa di coscienza dell'infelicità dell'essere umano, della sua continua esposizione alla morte, invoca un superamento di questa condizione attraverso l'affermazione di valori più nobili e, soprattutto, la costruzione di una reciproca solidarietà estesa a tutta la comunità umana, Nero l’inchiostro si declina con la cifra di una pungente, a volte quasi cinica, ironia. Nei testi la voce e il silenzio, la vita e la morte coesistono in modo così stretto che nulla potremmo dire sia presente, perché – mentre rompiamo il silenzio– siamo già andati oltre il limite che rende possibile la differenza: abbiamo già messo un piede nel futuro. Abbiamo già fatto un passo verso la morte. L’Origine dunque non sta alle spalle del poeta, ma sempre, in ogni Attimo dell’esistenza, di fronte a lui, oltre la Morte. Il suo non è dunque un cammino verso il nulla ma, attraverso il suo canto, un cammino incontro all'eternità.
Laura Bagarella
Nero, l’inchiostro
raccolta di poesie di Fabio Barcellandi
Montag 2008, pagg. 96, € 10,00