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Fabiano Alborghetti trova Prisca Agustoni 
Cercando l'oro 23
Prisca Agustoni
Prisca Agustoni  
10 Novembre 2008
 

Questa nuova puntata di Cercando l’oro della poesia è geograficamente in più luoghi. Ci spingiamo infatti verso la Svizzera (il Cantone Ticino, terra dove è nata Prisca Agustoni) e verso il Brasile (terra dove l’autrice vive).

Mia scelta, quella di offrire una scelta di testi bilingue: italiano e portoghese, lingue entrambe importanti per l’autrice (ma anche validissima traduttrice), anche se la composizione dei versi avviene (di norma) in italiano.

 

Ancora una volta e per come accadrà nelle puntate a venire, lo spazio è per la sola voce dell’autrice, messa a nudo senza la mediazione della domanda, autrice lanciata nel vuoto e che arriva a noi per mezzo di una autopresentazione, cui seguirà una scelta di testi e solo in ultimo una breve nota bio-bibliografia.

 

 

AUTOPRESENTAZIONE di Prisca Agustoni

 

La poesia nasce, in me, come atto d’ascolto interiore, o meglio, come risultato di un movimento di “attenzione”, come se questa capacitá scaturisse da un organo nascosto. Si tratta di uno stato d’allerta, nel quale sia la sensibilità che la riflessione partecipano per catturare i minimi dettagli che poi saranno trasfigurati in immagini, silenzi, suoni. Per me, inizialmente, la poesia nasce da una domanda rimasta aperta, come un vettore che circola in aria senza trovare mai riposo. La riflessione interviene appunto per dare parole essenziali e precise a questo vano aperto nella sensibilità.

Forse questa domanda non esisterebbe senza l’inquietudine, la curiosità, lo sconforto, la pienezza e la leggerezza, infine, gli elementi che scaturiscono dal fatto che ci poniamo davanti al mondo essenzialmente come esseri umani, in ciò che meglio ci definisce come esseri umani: il fatto che siamo lucidi e contraddittori, meravigliosi e mostruosi, trascendentali e banali,ossia, esseri di sensibilità e di linguaggio.

 

In termini biografici, l’elemento che mi ha marcato profondamente, e che credo costituisca la spina dorsale del mio lavoro quotidiano con la parola, è la costante “movenza” nelle lingue e nelle rispettive letterature. Mi stimola l’idea che l’infrangersi di una frontiera, sia essa geopolitica, simbolica, culturale, linguistica – nozione questa della frontiera così fragile e polemica, nei nostri tempi di paura e radicalismo ideologico – non avvenga senza una progressiva e irreversibile movenza nel sistema di valori e di riferimenti culturali. Il mondo è vasto e lo spostamento dei suoi orizzonti linguistici-culturali richiama a sé altri spostamenti, affettivi ed estetici. Il mio essere nel mondo non è qualcosa di cristallizzato: dietro alla mia sembianza – il mio corpo, più o meno sempre uguale a se stesso – avvengono continui movimenti e forze contrastanti per mantenermi in vita. Il linguaggio poetico, per me, è uno strumento che cerca di rendere visibile questo lavoro millenare e universale.

 

In termini letterari, in ragione delle mie movenze nelle lingue e nelle rispettive letterature – dal dialetto dell’infanzia all’italiano della scuola, alle successive assunzioni del tedesco, dell’inglese, del francese, dello spagnolo e più recentemente del portoghese-brasiliano – la mia formazione letteraria ha subito diverse filiazioni marcanti, ad iniziare da Montale, primo grande impatto avvenuto nell’adolescenza. Ancora nell’adolescenza sono intervenute le voci della ricca tradizione ispanica, come César Vallejo, Alejandra Pizarnik, Octavio Paz, García Lorca, Luis Cernuda ed altri, per poi scoprire, negli anni universitari, i poeti francesi, inglesi, russi, tedeschi... fino a giungere alle scoperte più recenti della letteratura di lingua portoghese, dove tra Portogallo, Brasile, Angola e Mozambico, c’è da fare un bel banchetto.

 

In tal senso, queste esperienze estetiche e personali hanno rafforzato in me un’apertura verso la ricerca di un dettato poetico che potesse dialogare con questi universi e, allo stesso tempo, forgiare una poesia di lingua italiana che potesse trovare un suo spazio nel panorama contemporaneo.

 

 

Da Inventario di Voci / Inventário de Vozes

(Belo Horizonte, Mazza Edições, 2001)

 

FESTA

 

Cada palavra tem seu espaço.

 

Mesmo o silêncio

tem espessura de homem.

 

Os tambores escutam

em surdina

a entrega do corpo.

 

Eis o cenário

onde a palavra se renosa

 

pesando eternidade.

 

 

RETORNO

 

Dessas distâncias

eu falo.

 

Digo céus digo homens

que caçam a origem.

 

Não voltarei

dessa plena distância.

 

Tenho a consistência do silêncio

primeiro.

Pois espero a floração das chegadas.

 

Parti para sempre,

com as histórias

órfãs de todos os invernos.

 

 

VOZES

 

Tempo e espaço

não me limitam.

A procura

me avizinha ao mundo.

 

A moça espera

quem nunca partiu,

depois abraça

o que nunca chegou.

 

Minha palava

é explosão de argila.

FESTA

 

Ogni parola ha il suo spazio.

 

Anche il silenzio

ha spessore d'uomo

 

I tamburi ascoltano

in sordina

la resa del corpo.

 

È lo scenario

dove la parola si rinnova

 

pesando eternità.

 

 

RITORNO

 

Da questa lontananza

io parlo.

 

Parlo cieli parlo uomini

che cacciano l'inizio.

 

Non ritornerò

da questa colma distanza.

 

Ho la consistenza del silenzio

primigenio.

Quindi aspetto la fioritura degli arrivi.

 

Sono partita per sempre,

assieme alle storie

dimentiche di tutti gli inverni.

 

 

VOCI

 

Tempo e spazio

non mi limitano.

Il cercare

mi avvicina al mondo.

 

La ragazza aspetta

chi non è mai partito,

poi abbraccia

colui che non è mai arrivato.

 

La mia parola

è esplosione d'argilla.

 

 

 

Da “Fiar a Voz”, “Réquiem” - In Sorelle di Fieno / Irmãs de Feno
(Traduzione di Edimilson de Almeida Pereira, Belo Horizonte, Mazza Edições, 2002)

 

FIAR A VOZ

 

Elvezia gosta de cantar.

Mas aqui não vale

a prataria lírica:

as papoulas são altas

 

e as persianas

continuam

herméticas

 

 

RÉQUIEM

 

Os botões são a minha paixão.

 

No convento

perfumam ambíguos como as rosas.

Quando posso escondo

alguns

para remendar

uma canção de ninar,

 

ou contar os dias

que faltam

para sair daqui.

FILARE LA VOCE

 

A Elvezia piace cantare.

Ma qui non vale

l'argenteria lirica:

i papaveri sono alti

 

e le persiane

continuano

ermetiche.

 

 

REQUIEM

 

I bottoni sono la mia passione.

 

Nel convento

profumano ambigui come le rose.

Quando posso ne nascondo

alcuni

per rammendare

una ninnananna,

 

o contare i giorni

che rimangono

per uscire da qui.

 

 

 

Da Días emigrantes y otros poemas

(raccolta poetica di testi in spagnolo, prefazione di Martha L. Canfield, Belo Horizonte, Mazza Edições, 2004)

 

LA OTRA YO

 

Crece el musgo sobre tus párpados.

Y se detiene el anochecer

alrededor de tus miedos.

 

No se sabe nada del hogar

ni de tus incansables muertes,

 

mientras caen estrellas

en tu acuario.

 

*

 

Dejadme ser esencial,

sin ojos absolutos.

Vestiré mis labios con velluto

y rezaré junto a los hipocampos

 

igual ola persistente

 

 

COMPAÑÍA

 

la caligrafía desnuda el cuerpo

a pesar de su ausencia

 

antes del regreso

los asaltos constantes

y manos proscritas

al deseo

 

escondrijo donde esperan

los amantes

L'ALTRA IO

 

Cresce il muschio sulle tue palpebre.

E si trattiene il rabbuiarsi

attorno alle tue paure.

 

Non si sa nulla della casa

e nemmeno delle tue instancabili morti,

 

mentre cadono le stelle

nel tuo acquario.

 

*

 

Lasciatemi che sia essenziale,

senza occhi assoluti.

Vestirò le mie labbra con velluto

e pregherò assieme agli ippocampi,

 

come onda persistente

 

 

COMPAGNIA

 

la calligrafia desnuda il corpo

nonostante la sua assenza

 

prima del ritorno

i ripetuti assalti

e mani proscritte

al desiderio

 

nascondiglio dove aspettano

gli amanti

 

 

 

da La morsa (Lugano Viganello, Alla Chiara Fonte, 2007)


Ostaggi

 

Nella morsa

dove nessuno mi cercava

ho filato le vertebre.

 

Da allora porto con me

queste ossa

nell’incavo del verbo,

e cosi facendo

la voce si spiega

come un planisfero aperto.

 

 

 

*

La porta doveva restare aperta

e la luce filtrare come una corda

stesa lungo la camera, alla quale

fossero appese ad essiccare

le parole

 

 

 

*

Se, come dici tu,

nessuno è più fiore di me,

perché i miei petali

sono sillabe

che diventano parole

ulcere tra le mani

invece di imitare

il silenzio aprirsi

di una rosa?

 

 

 

*

Sono assidua spettatrice

del mio espatrio,

 

tra il filo spinato

e la laguna delle tartarughe

nelle cui sponde

di terre mobili

resto impigliata

 

 

 

*

Un piccolo guanto di lana

giace sul fondo della strada.

 

Questa nuova presenza

è un’intrusione quasi violenta

nel giorno appena nato

 

e provoca sgomento

 

per la mano orfana

in questo perfido inverno

che non si placa.

 

 

 

Prisca Agustoni è nata nel 1975 a Lugano, ha vissuto dal 1994 al 2002 a Ginevra, dove, otre ad ottenere una laurea in Lettere ispaniche e Filosofia e un master in Lettere e Genero, ha preso parte a diverse attività culturali, quali l’organizzazione di incontri con scrittori latinoamericani, e la messa in scena di diverse pièces teatrali italiane assieme alla compagnia teatrale Il Ghiribizzo. Dal 2002 vive in Brasile, trascorrendo lunghi periodi in Svizzera.

In Brasile, ha ottenuto un dottorato in Letteratura Comparata, con enfasi in poetiche diasporiche, lavorando con la produzione poetica brasiliana e africana contemporanea. Attualmente è docente universitaria presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Juiz de Fora (www.ufjf.br), nella città in cui risiede.

Collabora con numerose riviste letterarie italiane, brasiliane, svizzere e portoghesi, principalmente divulgando traduzioni di poesia italiana e brasiliana contemporanea, ma anche pubblicando testi critici che riguardano la produzione poetica.

Possiede un blog letterario: www.prisca.agustoni.zip.net

Nel 2005 ha ricevuto il sostegno della ProHelvetia per tradurre in portoghese l’opera del poeta svizzero-romando Julien Burri. In Brasile, ha ricevuto diversi premi e sostegni per iniziative culturali di traduzione o di produzione letteraria. Sempre in Brasile, è attiva anche nel campo della letteratura per la gioventù. Scrive infatti racconti per i bambini, utilizzati nelle scuole e asili per il primo passo nel processo dell’alfabetizzazione.

Ha pubblicato: Traduzioni (poesia, Belo Horizonte, Mazza Edições, 1999); Inventario di voci (poesia, bilingue italiano-portoghese, Belo Horizonte, Mazza Edições, 2001); Sorelle di fieno (poesia, bilingue italiano-portoghese, Belo Horizonte, Mazza Edições, 2002); Días emigrantes y otros poemas (poesia, in spagnolo, Belo Horizonte, Mazza Edições, 2004); A neve ilícita (racconti, in portoghese, Juiz de Fora, Funalfa Edições, 2006); La morsa (poesia, Lugano Viganello, Alla Chiara fonte Editore, 2007); La morsa (rieditata in Brasile nel 2008).


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