4 novembre, non festa ma lutto
4 novembre 1918: fine di una guerra di aggressione italiana con milioni di vittime: 1.880.000 uccisi (36% italiani, compresi i tanti disertori, uccisi dai carabinieri; 64% austro-ungarici); 4.670.000 feriti (23% italiani, 77% austro-ungarici) di cui 3.000.000 mutilati.
L'annessione di Trento e Trieste, “virilmente” conquistate, potevano essere ottenute senza guerra dall'Austria, in cambio della neutralità.
Che cosa possiamo pensare di una tale oscena “inutile strage”, condotta con ostinazione forsennata da macellai incompetenti per motivi futili?
Fu una violenza preparatoria ad altre incalcolabili sofferenze, al fascismo e concausa della follia omicida del 1940-'45. Lezione durissima che ci nauseò fino al ripudio della guerra nella nuova Costituzione repubblicana (art. 11).
Non fu una success story, motivo di orgoglio, trionfo di patriottismo e difesa nazionale, ma militarismo e nazionalismo come risorse, come false soluzioni, che consideravano cooperazione e diplomazia debolezze utopiche.
No alla criminale farneticazione degli ignoranti di allora e di oggi!
L'evidenza rimossa mostra invece: una vergogna, un fatale colpo di mano dell'esecutivo sul parlamento contrario, una automutilazione nazionale, militarismo e nazionalismo problemi cancerosi.
Vogliamo, a 90 anni dal 1918, rispetto per una tragica, istruttiva verità.
Non si ripeta una pericolosa mistificazione. Lutto, non festa del sadomasochismo.