Qualche giorno fa, su queste pagine, Alberto Frizziero ha posto «un piccolo quesito» a quanti sostengono la tesi della soppressione dei BIM.
È vastissima la letteratura in materia, e in essa trova particolare spazio giusto la tesi, da sempre propria anche di Frizziero, che dipinge questi 'consorzi obbligatori' (una sorta di ossimoro, invero) appunto come degli avvocati difensori, patrocinatori massimi e tutori integerrimi, dei Comuni in materia di 'diritti' sulle acque, forse la risorsa primigenia per eccellenza e certamente anteriore al Comune stesso. Orbene, a smontare questo castello in aria basterebbe la constatazione che i consorzi sono uno degli strumenti amministrativi più farraginosi e malfunzionanti che i comuni abbiano mai avuto a disposizione per esercitare la propria azione che è (anche) di governo del territorio. Quelli di cui stiamo parlando, poi, non a caso risalgono ai primi anni della seconda metà del secolo scorso e sono stati 'imposti' dalla legge in lapalissiana contraddizione con la loro stessa natura, fatta di convergenza di interessi e di 'messa in comune' (dal basso, quindi!) di mezzi per il loro conseguimento. L'esperienza storica concreta e specifica di quello del 'bacino dell'Adda' (definizione peraltro impropria e imprecisa, dato che il fiume scorre ben oltre i confini... provinciali) non smentisce – anzi, se mai, ne è emblematica, con assemblee virtuali incapaci per anni di costituirsi (di 'esistere') – questa assoluta farraginosità. Una vera e propria chincaglieria, insomma.
Tralascio il nostalgico leitmotiv che Frizziero ci ha abituati a vedere ficcato in tutti i contesti e in tutte le salse, quello della 'Comunità montana unica' e dei pentimenti di Contini e bla... bla... bla..., perché se in questo caso è vero che l'esempio calza vien comunque da chiedersi: che ci stava a fare la Provincia di allora?
Piuttosto, tornando al 'piccolo quesito'..., ne ho io uno – e forse non così piccolo – da porre a Frizziero. Perché, vi sono forse altri 'diritti', sempre e tutti 'dei Comuni', che i comuni (questi nostri piccoli comuni) sono in grado di tutelare? o, meglio, di esercitare?
Proprio perché, a mio sommesso avviso, non ve n'è alcuno chi pone l'esigenza di chiudere i BIM (e, in ogni caso, non sarà mai troppo presto per farlo) lo fa – almeno su questo giornale – contestualmente richiedendo l'analoga soppressione delle comunità montane e l'aggregazione e fusione dei comuni. Perché il problema è precipuamente quello di mettere i comuni in condizione di esercitare le proprie prerogative. Sulle acque, come su tutto il resto.
Enea Sansi