Nucleare? Un costosissimo vicolo cieco.
Chiunque lo proponga, da destra o da sinistra, finge di ignorare che:
1. Il nucleare non è sicuro, è a rischio di incidenti catastrofici
Nel 1979 ad Harrisburg (Usa) si è sfiorata la “fusione del nocciolo”, che c'è stata a Cernobyl (Ucraina) il 26 aprile 1986, con decine di migliaia di tumori e leucemie nei 20 anni successivi e più di mille morti per tumore tra i soldati intervenuti; ha contaminato l'acqua di 30 milioni di ucraini; irradiato 9 milioni di persone. Oggi, nelle regioni confinanti, 2/3 degli adulti e metà dei bambini sono ammalati alla tiroide, c'è il raddoppio delle malformazioni.
Nel 2002 nell'Ohio (Usa) si è sfiorato lo stesso disastro; nel 2004 a Sellafield (GB) c'è stata una fuga di 160 kg di velenosissimo plutonio rivelata solo dopo 8 mesi.
Dal 1995 al 2005 c'è stata una serie di incidenti gravi (con 7 morti e centinaia di contaminati gravi) nelle centrali del Giappone: tra cui uno gravissimo a Tokaimura nel 1999 (2 lavoratori morti, 3 gravemente contaminati e 119 esposti a forti dosi di radiazioni) e il più grande impianto nucleare al mondo chiuso il 16 luglio 2007 per i danni da terremoto. Avere il nucleare vicino casa non è assolutamente la stesso che a centinaia di chilometri.
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2. Dopo 50 anni, non si sa ancora dove mettere le scorie radioattive
Ci sono milioni di tonnellate di scorie (di cui ben 250.000 altamente radioattive) senza smaltimento definitivo. Gli Usa hanno speso 8 miliardi di dollari in 20 anni senza trovare una soluzione. In Italia il governo ha dato 674 milioni di euro alla Sogin che, dopo il ridicolo tentativo di Scanzano Jonico (sismico, come gran parte d'Italia), non sa dove mettere le “ecoballe” radioattive: il plutonio resta altamente radioattivo per 200.000 anni. L'uranio 238 per milioni di anni..
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3. Non esiste il nucleare “sicuro e pulito” di quarta generazione
Le centrali “di terza generazione”, che Berlusconi vuole costruire, dovrebbero durare più di quelle in funzione (seconda generazione), senza aver risolto il problema delle scorie né della “sicurezza intrinseca” (spegnimento automatico se c'è un incidente grave). Le chiama “ponte” verso una “quarta generazione” che promette sarà “assolutamente sicura, non proliferante, con poche scorie e meno pericolose”, ecc. Ma i reattori di quarta generazione non esistono. Sono previsti “dopo il 2030”, come se fosse domani; e quanto “dopo”?
Intanto il governo propone un colossale rilancio del nucleare, con reattori che, almeno fino al 2040, aggraverebbero tutti i problemi creati dal nucleare. Infatti l'Enel ha investito quasi 2 miliardi di euro per completare, in Slovacchia, due reattori di vecchia tecnologia sovietica, addirittura privi di involucro esterno, giustificandosi: “la probabilità di un impatto aereo è trascurabile”. In che mani siamo.
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4. È una favola che “solo col nucleare si può fermare il riscaldamento globale”
Per avere una riduzione di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni (35 all'anno) per i prossimi 60 anni. Così, con 2.000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell'energia totale.
C'è qualcuno, sano di mente, che pensa si potrebbe procedere a questo ritmo?
Nessuno dei top manager dell'energia crede che le centrali esaurite nei prossimi anni saranno rimpiazzate per più della metà: il trend mondiale del nucleare è verso il basso: solo per mantenere il numero e la potenza delle 435 centrali attuali (ne sono già state chiuse 117) ce ne vorrebbero 70 di nuove entro il 2015 (una ogni mese e mezzo!) e altre 192 entro il 2025: una ogni 18 giorni! Tutto per continuare a produrre non il 20%, ma solo il 6,5% dell'energia totale...
Duemila scienziati dell'Ipcc (Onu) lo hanno certificato nel 2007: «Il nucleare non potrà fermare la febbre del pianeta».
Inoltre il ciclo completo (estrazione ed “arricchimento” dell'uranio, smaltimento delle scorie, costruzione e smantellamento della centrale) emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile.
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5. L'uranio, come il petrolio, scarseggia e dobbiamo importarlo
L'Italia non ha uranio, dovrebbe importarlo da Russia, Niger, Namibia, Kazakistan, Australia, Canada.
Secondo l'Agenzia per l'energia atomica, l'uranio dovrebbe scarseggiare dal 2030, invece già dal 1991 ha raggiunto il “picco” (se ne consuma più di quanto si estrae): sono le scorte militari che forniscono metà del combustibile. Senza nuovi reattori, la produzione di uranio è già insufficiente, perciò il suo prezzo si è moltiplicato per dieci (da 7 a 75 dollari la libbra) dal 2001 al 2007.
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6. Altro che “bassi costi”: il nucleare è fuori mercato
Le stime Usa per i nuovi impianti danno il nucleare a 6,3 cent/kWh contro 5,5 del gas e 5,6 del carbone. Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush (1,8 cent/kWh, oltre il doppio del differenziale di 0,8 cent), nessuno ci investe più dal 1976. L'unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia: l'azienda privata ci sta perché lo Stato paga (fa pagare ai contribuenti...) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione), e garantisce l'acquisto di tutta l'energia prodotta per 60 anni: un affare senza rischi per il privato! Ma l'entrata in funzione della centrale (ordinata nel 1996) è slittata dal 2009 al 2011: 15 anni. Così il suo costo finale, da 2,5 miliardi di euro è aumentato a 4 miliardi: più di 4 volte il costo di una centrale a metano della stessa potenza (1600 MW). I ritardi nella costruzione sono una costante dell'industria nucleare: negli Usa i costi di 75 reattori, previsti in 45 miliardi di dollari, sono aumentati a 145, tre volte il previsto. In Italia i tempi sarebbero più lunghi e i costi più alti (un km di Tav costa 4 volte che in Francia): chi paga? L'Enel per le 2 centrali slovacche, spende 2.700 euro/kW, mentre una centrale a gas costa meno di 500 euro/kW. Chi paga?
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7. Il nucleare è in crisi: nel mondo solo 9 stati ci investono
L'Austria, col referendum del 1978, ha deciso di non mettere in funzione la centrale già costruita sul Danubio. L'Italia è uscita dalla follia nucleare col referendum del 1987.
La Germania, nel 2000, ha deciso di non investire più sul nucleare e sostituirlo col risparmio e l'aumento del 2,5% annuo di energie rinnovabili.
La Svezia col referendum del 1980 ha fatto la stessa scelta. La Spagna, con un referendum nel 1983, ha deciso di uscire dal nucleare e raggiungere l'autonomia energetica entro il 2050, investendo moltissimo nel solare.
Negli Usa non si costruiscono più centrali nucleari dal 1976.
In Europa nel 1976 c'erano 177 centrali, oggi sono 146, 31 in meno; nei prossimi venti anni un centinaio di esse chiudono; non saranno sostituite in Belgio, Germania, Olanda, Spagna e Svezia, che hanno deciso di non costruirne più. In Europa non hanno centrali nucleari, oltre all'Italia: Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda (il movimento di opposizione ha bloccato il programma nucleare), Norvegia e Polonia, che ha interrotto la costruzione dell'unica centrale. Nel mondo: Australia, Nuova Zelanda, l'America Latina (esclusi il Messico e l'Argentina), l'Africa (escluso il Sud Africa) e l'Asia (esclusi Giappone, India, Pakistan, Cina e - in futuro? - Iran). Solo 9 stati in tutto il mondo investono nel nucleare: India, Cina, Russia, Ucraina, Giappone (fino al prossimo terremoto?), Iran, Argentina, Romania e Finlandia.
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8. Centrali e bombe nucleari sono sorelle gemelle
Le centrali nucleari americane nascono per sfruttare il calore di scarto della produzione delle bombe costruite nel 1940-'45 e “sperimentate” in agosto 1945 (a guerra già vinta!) a Hiroshima e Nagasaki con centinaia di migliaia di civili assassinati. Poi arrivano le centrali sovietiche. Ci sono anche centinaia di reattori militari per le 130.000 bombe atomiche e i sommergibili nucleari. Poi le centrali francesi, per la Force de frappe, terza potenza nucleare, con esplosioni in nord Africa e Pacifico (le ultime a Mururoa nel 1996).
Producono le centrali e le bombe nucleari le stesse industrie (prime General Electric e Westinghouse): senza gli enormi finanziamenti militari, l'industria nucleare non reggerebbe.
All'Onu, nel 1980, il presidente Usa Carter afferma: «Qualsiasi ciclo di combustibile nucleare è intrinsecamente proliferante», crea materia prima per bombe atomiche. Così si dividono gli Stati “buoni”, che possono avere il nucleare, da quelli “canaglie” (Iraq, Iran, Corea del Nord) che non possono. Chi sono i “buoni”? Lo decidono i buoni stessi (Usa in testa).
Dal 1950 al '90 sono esplose a fini “sperimentali” 2.000 bombe nucleari, con enormi dosi di radioattività senza protezione per la popolazione. Oggi gli effetti: negli Usa un'epidemia di malattie da radiazioni: mortalità infantile, cancri, leucemie, autismo, Parkinson, asma, ipotiroidismo in neonati, danni al sistema immunitario. L'esposizione a radiazioni ha causato, tra il 1945 e il 1996 negli Usa, un milione di morti infantili.
Fino al 1963 sono state 530 le esplosioni nucleari in atmosfera, molte nel deserto del Nevada. Un esempio degli effetti: delle 220 persone che nel 1954 hanno partecipato alle riprese del film Il conquistatore 47 sono morte di cancro e altre 44 ammalate di tumore: totale 91 su 220. Fra i morti, gli attori John Wayne, Susan Hayward. Il film fu girato nello Utah. Undici mesi prima, dopo alcune esplosioni atomiche “sperimentali” nel Nevada (a 300 Km di distanza), gli allevatori trovarono molte pecore morte, con ustioni da radiazioni beta, causate dalle esplosioni. Negli anni '70 e '80, nello Utah c'e' stato un numero eccezionalmente alto di cancri e leucemie.
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9. Industriali & politici amici temono la democrazia, anche energetica
Il nucleare, come il termoelettrico a carbone, gas e olio combustibile, è centralizzato, controllato dai vertici economici e politici, con enormi investimenti economici e politico-militari.
Invece le energie rinnovabili (solare termico e fotovoltaico, mini-idroelettrico ed eolico, biomasse locali) sono distribuite, controllate da ogni comunità che produce l'energia di cui ha bisogno.
Basterebbe coprire di pannelli solari fotovoltaici solo lo 0,4% delle superfici costruite o cementificate in Italia (che sono il 10% del territorio) per soddisfare l'intero fabbisogno nazionale di energia elettrica.
I politici di vecchio stampo (anche se si dicono “federalisti”) preferiscono un mondo in cui l'energia (come l'economia e l'informazione) è controllata dal potere centrale.
Michele Boato
(da Notizie minime della nonviolenza n cammino, 16 luglio 2008)